Cronos - Vocals, Bass
Rage - Guitars
Danté - Drums
1. Hammerhead 04:59
2. Nemasis 03:07
3. Pedal to the Metal 03:43
4. Laps of the Gods 05:09
5. Damnation of Souls 04:29
6. Beggarman 04:28
7. Hail Satanas 04:33
8. Sin 05:33
9. Punk's not Dead 04:11
10. Deathy be Thy Name 03:09
11. Lest we Forget 02:14
12. Valley of the Kings 04:52
13. Fallen Angels 07:06
Fallen Angels
Che la band di Cronos in passato sia stata importantissima per il nascente panorama estremo è innegabile. Il loro album Black Metal datato 1982 è un pezzo di storia in continua discussione per l’immaginario che fornì alla futura generazione di musicisti metal che, anche grazie ad esso, ribattezzarono un genere e ne attinsero anche l’iconografia satanica e disturbante. La musica dei Venom, trent’anni fa, si distaccava dalla ricercatezza sonora di altri conterranei - capiscuola del genere per gettarsi in qualcosa di ruvido e in qualche modo rivoluzionario. Tutti meriti che la band si è guadagnata nonostante una risaputa carenza tecnica, ma si sa che si fa di necessità virtù. Tuttavia, ora, la band come appare? Lasciamo che sia l’analisi di questo nuovo lavoro dal titolo Fallen Angels a farcelo scoprire.
Con una line-up di recente modifica che vede il frontman Cronos affiancato da Rage, chitarrista nella band dal 2007 e Danté alle pelli dal 2009, il disco debutta grazie al pezzo Hammerhead. Le iniziali rullate di batteria presto accompagnano riffs old style, che rimandano allo stile anni 80 della band ma con quel tocco groove caratteristico dei giorni nostri. La voce roca di Cronos è sempre ben distinguibile e svetta grazie anche a volumi che giocano a suo favore. Un buon inizio che cattura grazie anche al suo ritornello e alle sue strofe ben strutturate nella loro semplicità. La successiva Nemesis inaugura la carrellata di canzoni dallo stile più diretto e veloce, dal chiaro richiamo speed metal. Purtroppo, i volumi non ottimali delle chitarre non riescono ad aggiungere molto ad un prodotto che comunque è fatto per essere semplice. Proseguendo nell’ascolto, tra le altre canzoni che si assestano su questo stile diretto, citiamo a dovere Pedal to the Metal, Punk's not Dead e Death by the Name.
Le strutture sono ridotte ai minimi, i riffs odorano vintage lontano un miglio ma a parte qualche ritornello ben piazzato e alcune leggere melodie tipiche di uno stile che sembra più appropriato agli Exciter c’è poco da segnalare. Tutto scorre come da copione. Tra le quindici canzoni che compaiono su disco, potremmo ancora citare Laps of the Gods, dove influenze tipiche dell’hard rock vanno a scontrarsi con i tipici riffs lugubri a sostenere una canzone che non stupisce ma prende e si lascia ascoltare. Hail Satanas riprende i vecchi cliché del genere che i Venom stessi contribuirono a forgiare ma senza sorprese, per non citare la pesante (da digerire) accoppiata Damnation of Souls –Beggar Man. La noia comincia a farsi sentire in maniera insistente e bisogna essere oggettivi anche nei casi in cui la recensione riguardi una realtà storica del genere. Man mano del il disco scorre, troviamo sempre meno punti di forza per un gruppo che pare stanco e a secco di idee.
Neppure la title-track con la sua introduzione che vuol essere forzatamente lugubre attraverso canti femminili, rintocchi di campane ed il basso distorto di Cronos riesce a smuovermi come dovrebbe. Sorvolando sul resto dell’ascolto che altro non è che un copia-incolla di note risentite migliaia di volte (pure nel disco stesso), giungo alla conclusione della mia personale analisi. Mi dispiace bocciare un disco dei Venom ma sinceramente non capisco tutto questo fervore in occasione di questa uscita discografica. Si sente che la band si limita a fare il suo compitino per tenere a bada i fan più devoti e sinceramente spero che pochi ci caschino.