- Gorgoth - voce
- Vladr - basso
- Satygh - chitarra
- Aamoth - chitarra
- Groal - batteria
1. The First Key (01:59)
2. Sanguine Craving (04:17)
3. Forkastelse Av Jesu Tro (03:41)
4. My Darkest Hate (04:22)
5. Diaboli Iubeo (04:30)
6. Para Vindicta (03:08)
7. Open The Gates (04:22)
8. Death Upon Death (03:44)
9. En Mardrom, En Strid, Ett Helvete (04:10)
10. Prince Mephisto (03:51)
11. A New Satanic Era (06:56)
Vredskapta Morkersagor
L’anima Black Metal scandinava, fondata sull’ideale dell’opposizione alla società moderna e alle sue credenze, sembra non essersi assopita anche dopo più di un decennio dagli storici classici del genere. La nuova scuola di acts come gli svedesi Vanmakt non si allontana dai canoni dei predecessori che hanno permesso una commistione tra lo stile crudo norvegese e il Death originario di parecchi connazionali: Vredskapta Morkersagor, album di debutto di questo quintetto originario di Karlskrona, rappresenta un tributo a quei Dissection tanto cari al panorama estremo svedese, a tal punto che parecchi intermezzi sembrano fuoriuscire dallo storico Storm Of The Light’s Bane per la loro epicità e l’odio che riescono a trasmettere.
Introdotto da una copertina di matrice medievale nordica, Vredskapta Morkersagor è un disco spesso troppo votato a ripercorrere i cliché tipici del Black Metal, diventati ormai abbastanza ripetitivi e noiosi: le lande ghiacciate dell’artwork si adattano bene ad un’introduzione, The First Key, in cui protagonista è il vento nordico, rotto solo dall’intervento di una melodia di pianoforte che ricorda i temi dei Satyricon di Dark Medieval Times.
Sanguine Craving è una canzone furiosa e ben strutturata, una cavalcata in onore dei Dimmu Borgir meno votati alla sinfonia o dei sopra citati Dissection: l’aggressività che viene trasferita dai riffs di chitarra si lega con efficacia ad uno screaming sporco e non troppo acuto, che raffigura uno dei punti di forza dei Vanmakt.
Non convincono invece gli stacchi mid-tempo, che appaiono costantemente vuoti e privi di un elemento distintivo, come i preziosismi di chitarra clean di Storm Of The Light’s Bane o le tastiere di Satyricon e Dimmu Borgir: in questo contesto più povero, il five-piece svedese fatica a garantire una certa varietà, come dimostra My Darkest Hate, già ordinaria nel banale titolo.
Quando la voce si tramuta da screaming a lamento parlato gutturale la qualità dell’interpretazione si riduce ulteriormente, perché tracce come Open The Gates conservano il cantato come aspetto centrale, dando meno rilevanza alla sezione strumentale.
I rari fraseggi di chitarra clean sono confusionari e la melodia che traspare è ininfluente, a tal punto da far sembrare le canzoni una la copia delle altre. Pertanto, nonostante i Vanmakt cerchino di attenersi il più possibile alle radici del genere, un minimo di elaborazione nelle ritmiche e nelle architetture musicali avrebbe giovato parecchio a Vredskapta Morkersagor, permettendo alla band di sapersi distinguere tra le innumerevoli realtà che popolano una scena scandinava ancora ricca e florida. Tuttavia il quintetto, formatosi solo nel 2006, è ancora giovane e ha davanti buone prospettive per le prossime realizzazioni, che dovranno distaccarsi dal passato per volgersi alle nuove evoluzioni del genere maligno per eccellenza del nord-Europa.