- Peter Hammil - Voce
- Hugh Benton
- Tastiera e Organo
- David Jackson - Sassofono
- Guy Evans - Batteria
1. Lemmings
2. Theme One
3. Man Erg
4.
A Plague Of Lighthouse Keepers
Pawn Hearts
Come ben sappiamo, il Progressive Rock è stato uno dei generi fondamentali per la crescita in generale di tutta la musica moderna, è ciò è accaduto anche grazie alle suddivisioni interne del genere stesso. Infatti il prog rock ci ha da sempre presentato moltissime sue facce, a partire da quella psichedelica dei Pink Floyd a quella più sperimentale e folle di Frank Zappa, da quella classica di King Crimson e Yes, fino a quella più particolare e indescrivibile dei Van Der Graaf Generator, band seminale nell'ambito del rock anni '70, ma che in qualche modo è stata gettata ingiustamente nel dimenticatoio, nonostante questa band abbia dato tantissimo a tutto il rock in generale, grazie alla sua perfetta capacità di intrecciare gli strumenti tra loro, innalzando pareti sonori afrodisiache, rese ancora più belle dall'utilizzo del sassofono (suonato dal mitico David Jackson) elemento totalmente inusuale per le band progressive di quegli anni, tutto ciò rinunciando all'utilizzo della chitarra (se non si considera qualche piccola parte con la chitarra acustica), cosa ancora più assurda e inaspettata.
Una delle opere sicuramente più rappresentative di questa band è indubbiamente il capolavoro del 1971 Pawn Hearts, un incredibile esempio di cosa possa sfornare ancora la musica rock. Questo immenso lavoro si apre con Lemmings, canzone dall'elevatissimo contenuto espressivo e significativo: strumenti a fiato, batteria e tastiera si miscelano in maniera eccellente regalandoci un susseguirsi di riff che passano da una buona e veloce Psidechelia ben sostenuta da una ritmica sbalzata, fino ad arrivare a un eloquente silenzio strumentale, incredibilmente piacevole, che poi si riapre in parti totalemente schizofreniche ma estremamente interessanti. Dopodichè si arriva al capolavoro della band, una di quelle canzoni da brivido indimenticabili nella propria bellezza; si sta parlando dell'immensa Theme One che ci ripresenta per quasi tutto l'arco della canzone, lo stesso riff guardato da lati diversi, ogni volta infatti si aggiunge qualche strumento al fine di arricchire armonicamente la composizione, incredibilmente affascinante nella sua struttura scritta, e estremamente emozionante nella sua particolarità e nella sua espressività che fa di questa canzone una delle più giustamente conosciute della band. Nuove sonorità vengono invece riprese con la terza Man Erg, commovente e malinconica nella sua apertura di pianoforte, che poi si scioglie in un refrain quasi epico nella sua bellezza che continua fino a metà della canzone, dove la composizione si stoppa e riparte con sonorità molto più taciturne, ai limiti del jazz, perfettamente sostenute ritmicamente dal geniale batterista Guy Evans, che durante tutto il disco arricchisce la base ritmica con assoli e parti soliste davvero incredibili. Dopodichè si arriva alla conclusione di questo grandissimo capitolo di musica con A Plague Of Lighthouse Keepers, quasi psichedelica e ipnotizzante nel suo riff iniziale, cantato genialmente dalla voce del mitico Peter Hammil che abbina un songwriting curatissimo ad ogni tipo di riff, regalandoci emozioni indimenticabili durante tutto l'arco di questa canzone lunghissima, infatti veniamo catturati per tutti i 23 minuti di questa song attraverso sonorità mai sentite e atmosfere prima d'ora mai assagiate, uniche nella loro particolarità e nella loro follia, infatti si passa da parti molto calme e molto curate anche dal punto di vista melodico, ad altre totalmente cacofoniche ma che comunque si abbinano in maniera eccellente al resto della struttura compositiva della canzone.
Così termina uno dei più bei lavori della band capitanata dal grande Peter Hammil, uno dei compositori più geniali di tutto il secolo passato, capace di amalgamare con tranquillità tutte le varie sorgenti del rock, creando ogni volta composizioni dall'elevatissimo contenuto espressivo, e tutto questo anche grazie all'aiuto di musicisti eccezionali come i già citati David Jackson al Sax e Guy Evans alla batteria, senza poi contare il grandissimo Hugh Benton che con la sua tastiera e con il suo organo crea ogni volta sottofondi magnifici che rendono ogni canzone sempre più particolare. Un lavoro sicuramente da avere per scoprire uno dei volti più folli e schizoidi del Progressive Rock, che deve indubbiamente tantissimo ad una band seminale come i Van Der Graaf Generator.