Voto: 
8.4 / 10
Autore: 
Paolo Cazzola
Etichetta: 
Ipecac Recordings
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Mike Patton - voce, tastiere, campionamenti
- Duane Denison - chitarra
- Kevin Rutmanis - basso
- John Stainer - batteria, percussioni


Tracklist: 

1. Birdsong
2. Rape This Day
3. You Can't Win
4. Mayday
5. Rotgut
6. Capt. Midnight
7. Desastre Natural
8. When The Stars Begin To Fall
9. Harelip
10. Harlem Clowns
11. Aktion 13F14

Tomahawk

Mit Gas

Un personaggio così eclettico e ispirato come Mike Patton non ha certo bisogno di una presentazione d’obbligo. Il talento di Mike ha avuto sua massima espressione nei seminali Faith No More, band nata e morta nel giro di una decina d’anni, ma influente come non mai per tutto il rock a venire. Patton ha saputo creare, nel corso degli anni successivi, formazioni a dir poco impensabili fino al giorno prima, gruppi entrati nella storia dell’alternative moderno, regalandoci dischi sempre più sperimentali ma pur sempre d’impatto. Ma veniamo alla storia: il cantante americano, una volta messo da parte il progetto Mr. Bungle, recluta al suo fianco validi musicisti quali Kevin Rutmanis (ex-bassista dei Melvins), il batterista John Stanier (ex-Helmet, tuttora militante nei Battles) e il chitarrista Duane Denison dei Jesus Lizard per dar vita ad un altro progetto: i Tomahawk.

La band parte decisamente bene. Il primo disco, omonimo uscito nel 2001, viene accolto bene dalla critica, mostrando al grande pubblico un supergruppo colmo di idee, di voglia di fare e di buon gusto per la sperimentazione. Tuttavia i fan trepidanti alla notizia di una band di tale portata, all’epoca, dopo la pubblicazione, etichettarono il disco in questione come prima e ultima pubblicazione dei Tomahawk, gruppo destinato a sciogliersi. Ma Mike Patton aveva altri programmi.

Se il primo disco aveva dimostrato le grandissime capacità del gruppo, rimaneva tuttavia un buon prodotto ma non completamente maturo. Passano due anni e si ricomincia a sentir parlare di Tomahawk. La band ritorna sulle scene con un nuovo disco, chiamato Mit Gas. Il prodotto risulta essere il compimento di quel percorso artistico probabilmente voluto da Mike Patton: i quattro acquistano più capacità dei propri mezzi, organizzano e compongono un disco di indubbio valore, un bel passo in avanti rispetto al predecessore.

L’apertura del disco è affidata alla sottile psichedelica di Birdsong, canzone caratterizzata da sezioni vagamente dark e decadenti, nella quale l’istrionica voce di Patton sputa una sentenza dietro l’altra, ora sussurrate ora urlate direttamente nell’orecchio dell’ascoltatore. Si passa quindi alla violenza sonora e psicologica di Rape This Day. La band schiaccia l’acceleratore in maniera impressionante, mostrandoci uno dei tasselli più importanti di questo puzzle chiamato Mit Gas: la voce filtrata si amalgama perfettamente con i riff confezionati da Denison, costituendo la base portate del pezzo tutto, breve ma maledettamente intenso. L’incipit così anomalo e sregolato di You Can’t Win non tradisce le aspettative dell’ascoltatore. I minuti successivi, colmi di effettistica e di ispirazione, ci mostrano uno scenario trasognato e schizofrenico, costellato di vocalizzi al limite della follia e del rumorismo. Le sperimentazioni proseguono con Mayday, incentrata sul connubio voce/chitarra, che sembrano diventare a volte uno strumento solo, e con Rotgut, a sua volta dominata dagli incastri tra basso e batteria, particolarmente in evidenza in questo frangente. Capt. Midnight risulta invece particolarmente intrisa di elettronica e campionamenti, facendo trasparire un andazzo più regolare rispetto alla media, finché non giunge il ritornello, che con la sua potenza riporta alla vita quel ciclone dettato dagli strumenti Tomahawk. Desastre Natural è una traccia particolarissima: è basata su un monologo in spagnolo di Patton accompagnato dagli altri strumentisti. When The Stars Begin To Fall è la classica (come se si potesse usare questo termine …) traccia Tomahawk, dai suoni schizzati e irrequieti, con la solita grande prova di Patton dietro il microfono, mentre Harelip colpisce per i suoi toni acidi e allucinati, in continuo alternarsi tra sfuriate alternative e sezioni più psichedeliche. Harlem Clowns è una traccia ambient, quasi di transizione, che ci porta a Aktion 13F14, ultima traccia del disco. Un pattern dai sapori tribali apre la canzone, accompagnata da una chitarra acustica e dalla voce ora cupa e tenebrosa ora limpida di Patton: una vera e propria esplosione noise a metà del secondo minuto rende il pezzo un piccolo gioiellino, e sicuramente una tra le canzoni più sperimentali di questo Mit Gas. Una conclusione in clean chiude degnamente il disco.

Mit Gas, come accennato sopra, lascia trasparire la crescita artistica della band e una maturazione non da poco. Mike Patton e compagni sono riusciti a superarsi, creando dal niente un disco veramente buono, sperimentale, allucinato, irrequieto come un pazzo avvolto nella sua camicia di forza. La creatura Tomahawk non delude quindi nemmeno al secondo capitolo della sua saga, tornando sulle scene ancora più volenterosa e affamata di sperimentazione. Da una personalità del calibro di Patton non c’è mai da fidarsi, perché sarà sempre pronto a stupirvi ad ogni uscita discografica.

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