- Francesco Zane - voce, basso
- Andrea Bon - chitarra
- Enrico “Pox” Allegretto - batteria
- Marco Noè - chitarra, cori
1. Broken Into Shards
2. Horizon
3. Things I’ve Lived
4. Die Dirty Bitch
Free To Choose
Si intitola Free To Choose questo Demo dei veneti TMO, gruppo inizialmente nato nel 2001 come tribute band di Jimi Hendrix per decidere in seguito di concentrarsi unicamente sulla composizione di pezzi propri.
Ciò che questi musicisti propongono non è altro che un tranquillissimo e melodicissimo Rock debitore di tutto il periodo compreso tra gli ultimi anni ’60 e i primi anni ‘80, confezionato in 4 canzoni di durata radiofonica e costruite attorno a strutture talmente canoniche e collaudate da risultare prevedibili anche da chi ascolta esclusivamente musica Franco-Fiamminga del XV secolo.
E’ veramente difficile descrivere in modo “interessato” il contenuto di questo cd: ogni più insignificante elemento componente una canzone qualsiasi delle quattro, dall’assolo di chitarra alla breve rullata che introduce ogni ritornello, si rivela talmente impersonale, spento, privo di un qualsivoglia desiderio di attirare l’attenzione dell’ ascoltatore, da chiedersi se questi ragazzi credono veramente in ciò che fanno.
Le melodie sono piacevoli ma inconsistenti, incapaci di brillare, di rendere almeno interessanti i pezzi, prive di mordente e carisma nel modo più totale.
Il cantante gode di una bella voce ma la utilizza in modo scontato e scolastico, incapace di imprimere anche la più pallida delle personalità.
Per gli strumenti, stesso discorso: sembra che tutti suonino appesantiti da metaforiche catene che impediscano loro ogni slancio musicale, ogni accelerazione, ogni esternazione emotiva di qualunque sorta.
Si sentono le influenze Blues e Hard rock, ma è come se fossero state prosciugate del loro spirito selvaggio e liberatorio, lobotomizzate e snaturate.
Il problema è che non si può assolutamente dire che le canzoni siano brutte.
Ma nemmeno che siano belle.
Il problema sta proprio nel fatto che non esistono né pregi né difetti particolari da attribuire a questa band.
È semplicemente vuota.
I loro brani mescolano melodie che ricordano principalmente Bryan Adams e, in modo molto vago, i Bon Jovi , ma il tutto suonato in chiave Hard-rock “settantiano” molto soft, con un aggressività che i Creedence Clearwater Revival superano di alcune lunghezze.
Ci sono le chitarre distorte ad introdurre il riff portante, gli arpeggi che inaugurano le strofe, una breve rullata che lancia un debole ritornello, assolo, palm muting, fraseggi, e si ricomincia.
Rientra tutto negli standard, tutto suonato alla stessa velocità, nel più scarno dei 4/4, con tecnica discreta e con suoni morbidi ma freddi, sempre uguali in ogni pezzo.
Solo Things I’ve Lived sembra risultare adatta all’impostazione del gruppo, grazie ai suoi arpeggi lenti e inclini al Pop anni ’80 più zuccheroso e romantico, nel quale non è necessario “spingere” troppo per risultare convincenti.
Ripeto, non c’è nulla che non vada in questo cd.
Ma la sua mancanza di forza e personalità è esasperante, senza mezzi termini.
E’ vero che oggi è sempre più difficile inventare qualcosa di nuovo, e questo non viene assolutamente preteso, ma almeno suonare con un minimo di convinzione e sentimento qualcosa di anche già interpretato da migliaia di band diverse nel corso dei decenni passati, direi che è richiedibile da un qualsiasi musicista.