Jeff Keith - voce
Tommy Skeoch - chitarra
Frank Hannon - chitarra
Brian Wheat - basso
Troy Luccketta – batteria
1. Easy Come Easy Go
2. Cumin' Atcha Live
3. Gettin' Better
4. Too Late For Love
5. Rock Me To The Top
6. We're No Good Together
7. Modern Day Cowboy
8. Changes
9. Little Suzi
10. Love Me
11. Cover Queen
12. Before My Eyes
Mechanical Resonance
Mechanical Resonance è l’album d’esordio dei Tesla, rock band californiana nata a Sacramento ed il cui nome deriva dall’inventore Nicolas Tesla, colui che inventò la radio. Jeff Keith, voce e figura carismatica del gruppo, è in possesso di una voce che ricorda a tratti quella del leader degli Aerosmith Steve Tyler, ed anche il sound proposto dalla sua band non si discosta granchè da quell’Hard fortemente intriso di Blues, anche se con qualche limitato sconfinamento nel country, proprio del primo periodo di vita in particolare del più famoso combo di Boston.
L’opener Easy Come Easy Go, il cui inizio fuorviante spiazza l’ascoltatore, è un continuo susseguirsi di “stop and go” prima di arrivare a quel ritornello rabbioso dove la graffiante interpretazione di Keith contribuisce a dare la giusta ruvidità al pezzo, ma a ciò un contributo importante arriva anche dalle buone schitarrate della coppia Skeoch-Hannon, sono loro infatti ad aprire in maniera pirotecnica la successiva Cumin' Atcha Live, pezzo di buon Blues grezzo e spigoloso, e si arriva poi all’inizio lento e melodico della bellissima Gettin’ Better, che nel primo minuto sembrerebbe una ballad ma poi sfocia in un Rock n’ Roll irrefrenabile forte anche del suo bel refrain. Ottima anche la sezione ritmica, grazie alla prova fornita da Wheat al basso e Luccketta alla batteria, principali protagonisti, insieme al singer, della successiva e bellissima Too Late For Love, altro bel brano rock-oriented come anche la successiva Rock Me To The Top, in possesso di un riff incisivo e di un chorus esplosivo, due songs che per certi versi sembrano provenire da un lavoro degli australiani AC/DC. Ad abbassare un po’ i ritmi arriva la struggente We're No Good Together, di cui non è difficile apprezzare la graffiante e appassionata interpretazione di un grande Jeff Keith in un pezzo capace di mettere i brividi addosso fino ad arrivare ad un pirotecnico finale dominato dalle due chitarre e dalle gesta del singer che mostra acuti ed un’estensione vocale che portano alla mente il miglior Tyler, ed a seguire Modern Day Cowboy, magnifico esempio di Street/Hard tirato ed in possesso anche di un esplosico chorus e di un grande assolo, che rappresentò anche il brano di maggior successo commerciale, molto bella anche Changes, caratterizzata da strofe lente e refrains rabbiosi. Un bellissimo e melodico arpeggio acustico introduce la bellissima Little Suzy, brano dalle venature Country. Il finale risulta un po’ sottotono rispetto al resto dell’album, infatti Love Me, anch’essa poggia su una solida base country, e Cover Queen non convincono più di tanto, mentre un po’ meglio la closer Before My Eyes, una ballad riuscita solo in parte.
Questo full-lenght mette già in mostra le alte potenzialità di una band che per la prima volta si affacciava sul mercato discografico riuscendo subito a riscuotere ampi consensi, nonostante un song-writing non ancora definitivo e maturo, che comunque già nel prossimo The Great Radio Controversy avrebbe raggiunto i suoi più alti livelli qualitativi.