Anthony "Wolf" Rezhawk - Vocals
Katina Culture - Guitars
Pete "Commando" Sandoval - Drums
David Vincent - Bass
1. Intro 01:52
2. Hordes of Zombies 03:28
3. Ignorance and Apathy 02:10
4. Subterfuge 01:59
5. Evolving Era 03:24
6. Radiation Syndrome 02:07
7. Flesh to Dust 02:19
8. Generation Chaos 02:09
9. Broken Mirrors 03:08
10. Prospect of Oblivion 03:25
11. Malevolent Ghosts 03:00
12. Forward to Annihilation 02:01
13. State of Mind 03:18
14. A Dying Breed 03:47
Hordes of Zombies
Sei anni sono passati da quel Darker Days Ahead che marcava il ritorno sulle scene di una delle più importanti ed influenzali band grindcore della storia ed ecco che i Terrorizer dalla California si rifanno vivi con un nuovo lavoro. Se il 2006 ce li presentò come un gruppo fortemente influenzato dal death metal, Hordes of Zombies mostra un approccio decisamente più old-school con strutture indiscutibilmente snellite, accorciate e dirette. Altra importante novità risiede nella nuova line-up che vede il ritorno di David Vincent al basso ad accompagnare il solito, indistruttibile Pete Sandoval dietro le pelli, l’ormai rodato Anthony "Wolf" Rezhawk al microfono e la nuova entrata alla chitarra, una donzella che risponde al nome di Katina Culture che sostituisce il compianto Jesse Pintado (R.I.P. 2006). Proprio costei, già chitarrista del gruppo crust/punk Resistant Culture, è l’autrice di importanti novità nel suono delle band ed ora andremo ad analizzare il perché.
Tutti gli appassionati di crust/grind sanno quanto Pintado sia stato importante per il genere. Il suo stile inconfondibile ha influenzato una miriade di musicisti e proprio qui, in questo elemento, Hordes of Zombies perde leggermente in qualità a mio parere. Lo stile di Katina risulta essere molto meno personale e se da un lato esso può essere apprezzato perché evita di scimmiottare quello di Pintado, dall’altro mostra inevitabilmente segni di conformità a tanti altri stili molto più comuni. Nelle sue note possiamo riscontrare molte influenze death/thrash e persino sprazzi di black grazie al tremolo che viene usato per la maggior del disco. Oltre a ciò, ci si mette anche una produzione troppo impastata che non rende giustizia al drumming furioso ma troppo “plastificato” dell’indistruttibile Pete ed il growl abbastanza anonimo di Anthony.
Certo, le canzoni hanno riacquistato una forte impronta grind grazie a durate minori ed ad una velocità maggiore ma le sorprese sono poche ed il gruppo sembra perdersi in un bicchier d’acqua, sforzandosi di creare un impatto a tutti i costi. Tra gli elementi migliori che possiamo trovare su dico citerei il riffing dissonante di Subterfuge (fortemente debitore ai Morbid Angel), il ritornello di facile presa in un riuscita ed a tratti doom Evolving Era (dal chiaro stampo accessibile in alcune parti del guitar work) oppure la violenza più bieca e thrash di Flesh to Dust. A sorpresa, Generation Chaos fa spuntare un assolo melodico rimandante agli Avulsed in una struttura decisamente diretta ma a parte ciò, il disco scorre senza pretese. Da lodare è la ferocia d’esecuzione del gruppo ma diciamo che a livello di idee elettrizzanti c’è poca sostanza.
In fin dei conti non ci troviamo al cospetto di un album brutto, assolutamente, ma neanche speciale. Certo, anche se Hordes of Zombies ha un impatto decisamente più grind, non si po’ neanche paragonare a World Downfall perché il lavoro datato 1989 non conosce eguali. Insomma, i Terrorizer si sono presentati con un lavoro onesto, diretto ma non entusiasmante.