tyko saarikko: lead vocals, guitar, harmonium
ilmari issakainen: guitar, bass, drums, piano, vocals
tuukka tolvanen: vocals
jaakko hilppö: vocals
jussi lehtinen: vocals
janina lehto: flute
elisa ollikainen: cello
paula lehtomäki: viola
heikki hannikainen: contrabass
1. Saivon Kimallus
2. Pojan Kiiski
3. Uloin
4. Pienet Purot
5. Sateen Soutu
6. Haaksi
7. Surunuotta
8. Savoie
9. Vuoksi
10. Paluu Joelle
11. Sees
12. Siniset Runot
Saivo
Dopo la solita lunghissima ed estenuante lavorazione, arriva alla pubblicazione il nuovo full-length dei finnici Tenhi, uno dei gruppi Dark Folk più apprezzati dello scorso decennio.
“Maaäet” fu un album generosamente incensato dalla critica, ma col passare degli anni è finito per sembrare più la chiusura di un'era che l'apertura di un nuovo ciclo: dalla sua uscita (Febbraio 2006) il gruppo non ha registrato più nulla, ha subito l'abbandono del co-fondatore Ilkka Salminen (ad inizio 2008) e si è per anni (apparentemente) limitato a ripescare 'chicche' dal proprio passato, pubblicando un paio di compilation (“Folk Aesthetic” e “The Collected Works”) e ristampando a proprio nome un disco originariamente pubblicato come side-project (“Airut: Aamujen”).
“Saivo”, venuto alla luce dopo un'incubazione superiore ai quattro anni, in realtà riprende da dove “Maaäet” aveva lasciato, rinfrescando il nobile ed elegante Folk dei finnici con un piglio leggermente diverso nei dettagli, ma immediatamente riconoscibile nei tratti fondamentali.
Il nuovo album è sicuramente più atmosferico e dilatatato rispetto ai suoi predecessori, soluzione che ben si adatta ai toni cupi e inerti evocati da un concept legato all'oltretomba ('saivo' è per i Sámi uno dei mondi ultraterreni). Il pianoforte, mettendo a frutto la lezione di “Airut Aamujen” (di cui era principale interprete), è ora amalgamato al resto della strumentazione in maniera splendidamente organica, e va ad ingentilire l'ossatura dei pezzi costituita dalle sempre presenti chitarre, su cui è stato svolto un lavoro di certosina bellezza (“Pojan Kiski” è da applausi, così come “Pienet Purot”).
Oltre alle chitarre, altro elemento di continuità sono gli archi (viola e violoncello, con la novità del contrabbasso, anche pizzicato) e i flauti: fattori imprescindibili nel suono Tenhi, al pari dell'austera e grave voce di Tyko Saarikko.
Due sono invece i più grossi cambiamenti – un'aggiunta e una defezione.
L'aggiunta è rappresentato da un utilizzo più massiccio dei cori: ben tre “seconde voci” (Tolvanen, Hilppö, Lehtinen) supportano Saarikko e Issakainen, divenendo addirittura protagonisti in una manciata di occasioni (le sacrali “Sees” e “Sateen Soutu”, l'atipica ballata “Savoie”). La maggiore sensazione di spiritualità del lavoro è legata fortemente all'utilizzo di queste voci, verosimilmente rappresentanti coloro che abitano i mondi occulti descritti dalla band.
La defezione, se così la si vuol chiamare, è quella dell'elemento ritmico e tribale – basso, percussioni e batteria. Essi vedono grandemente ridotto il loro ruolo, una scelta a mio parere evidentemente legata all'impostazione tematica del disco: laddove album come “Väre” o “Maaäet” dipingevano la vita, le tradizioni, la natura, e necessitavano quindi di forti elementi di tensione e vigore, questo “Saivo” può fare a meno di tutto ciò, nella sua ricerca di un mood più contemplativo e meno vibrante.
“Vuoksi”, l'unica traccia in cui fa capolino un basso teso e palpitante, vede questo elemento tenuto rigidamente a bada dal mixing e dagli altri strumenti – la differenza con quel che succedeva ad esempio in un pezzo come “Sutoi” è piuttosto evidente.
I brani sono generalmente di qualità alta, tuttavia l'impostazione soffusa e statica di “Saivo” richiede qualche ascolto in più rispetto al passato per far penetrare sotto pelle le melodie del duo finlandese – una scelta, quindi, che potrebbe non soddisfare gli ascoltatori legati alla parte più 'memorizzabile', dinamica e vivace della musica dei Tenhi.
“Saivo” è un disco in cui bisogna giocoforza addentrarsi lentamente, al passo quieto e paziente che ci suggeriscono (impongono) gli ideatori dell'opera. Un disco da cui farsi sommergere gradualmente, spingendosi pian piano sempre più al largo nel misterioso lago circondato dalla fitta nebbia che viene rappresentato nel videoclip di “Siniset Runot”, forse la porta d'accesso per quel mondo sovrannaturale attorno a cui è imperniato il (solito, grande) nuovo disco dei Tenhi.