- Ilmari Issakainen - Batteria, Piano, Basso
- Tyko Saarikko - Voce
- Janina Lehto - Voce
- Tuuka Tolvanen - Cori
1. Saapuminen (Emerging)
2. Seitsensarvi (Grey Shine Of June)
3. Lävitseni Kaikkeen (Thru Me And Into Everything)
4. Luopumisen Laulu (Eloign)
5. Kuvajainen (Apparition)
6. Oikea Sointi (Lay Down A Tune)
7. Kahluu (Fury Revived)
8. Hiensynty (Burning)
9. Läheltä (A Brief Passing Moment)
Airut:Aamujen
Affatto paghi dall’aver pubblicato in Febbraio uno dei migliori dischi di questo 2006, ovvero il profondissimo e ispirato “Maaäet” , i finlandesi Tenhi tornano sulle scene in Ottobre con questo “Airut:Aamujen”.
Questo capitolo del gruppo è tuttavia un disco particolarmente anomalo, che presenta caratteristiche uniche nella discografia del gruppo e il cui concepimento merita una trattazione approfondita, per permettere al lettore una migliore comprensione del prodotto che ci viene presentato.
Innanzi tutto bisogna dire che questo non è un disco dei Tenhi. O, meglio, non lo era fino a pochi mesi fa, quando la band ha deciso di “adottarlo” e pubblicarlo sotto il proprio moniker; in origine, infatti, questo “Airut:Aamujen” era stato composto per un side-project di due membri dei Tenhi, Tyko Saarikko e Ilmari Issakainen, tali Harmaa (in finnico, “grigio”): la pubblicazione di questo disco avvenne nel 2004, ad opera dell’etichetta gestita dai due musicisti nordici, la UTU Studio.
Ma non finisce qui: l’idea di base degli Harmaa era quella di sviluppare le idee che i Tenhi avevano abbozzato durante la composizione di una canzone dell’epoca di “Kauan” , la meravigliosa e triste “Kielo”, particolarmente legata a temi pianistici di grande efficacia: su quello stile i Tenhi nel 2000 pubblicarono un MCD intitolato “Airut:Ciwi”, incentrato appunto sul pianoforte e su un approccio più vicino ad ambientazioni sciamaniche e rituali.
La saga degli 'Airut', dunque, vide in questo "Airut:Aamujen" il proprio secondo episodio, e si decise di continuarla a nome Harmaa; il gruppo finnico ha cambiato idea in questo 2006, anno in cui ha deciso di riportare tutta quanta la saga sotto lo stesso nome, e ripubblicare quindi Airut:Aamujen come full-lenght dei Tenhi, sotto Prophecy Productions.
Rispetto agli altri dischi ‘ordinari’ dei Tenhi, vale a dire “Kauan”, “Väre” e “Maaäet”, però, le differenze sono notevoli. La prima, e più importante, è l’assenza della chitarra acustica: le sei corde di Tyko Saarikko e Ilkka Salminen (il terzo membro dei Tenhi, non presente su questo disco) spadroneggiavano su "Kauan", ma hanno progressivamente ridotto il proprio ruolo con l’andare degli anni, rimanendo comunque un elemento importante del suono Tenhi: invece “Airut:Aamujen” abolisce addirittura completamente la componente chitarristica.
Identica sorte tocca a tutti quegli strumenti Folk o classici che sono da sempre trademark del gruppo, e che hanno assunto particolare importanza negli ultimi due dischi della band finlandese: su “Airut:Aamujen” non v’è spazio alcuno per violini, viole, violoncelli, munnharpe, didgeridoo, flauti e tutto lo svariato campionario percussivo e strumentale che ha accompagnato le evoluzioni musicali del gruppo dal 2000 in poi.
Su questo episodio 'snaturato' (almeno parzialmente) nella forma, come avrete capito, la strumentazione è essenziale: voce, basso, batteria e, naturalmente, pianoforte, il vero mattatore di questo disco, la chiave di lettura per queste composizioni, il mezzo principale scelto dai Tenhi per le proprie melodie e le proprie emozioni. Emozioni che, a differenza di quanto accade nei tre dischi primari, sono meno legate alla natura e ai paesaggi esterni, e si concentrano invece sulla meditazione del singolo, sulla riflessione solitaria, sull’interiorità degli scenari rappresentati, più ipnotici e introspettivi.
I nove brani (per la cronaca, otto più un’introduzione) disegnano quindi melodie che ondeggiano tra echi Progressive, derive Classiche (la quinta “Kuvajainen”, una strumentale elaborata e in continua evoluzione) e situazioni Ambient/Folk molto dilatate e raffinate, che si movimentano raramente ma che mantengono una certa presa sull’ascoltatore grazie alle dinamiche Rock di batteria e basso; ulteriore pregio è conferito dall’interessante esperimento della doppia voce, con il profondo timbro di Tyko Saarikko ad alternarsi o duettare con il canto aggraziato di Janina Lehto, come accade nel quarto capitolo, “Luopumisen Laulu”, mentre in altri episodi (ad esempio la settima, lunga, “Kahluu”), a sostenere Tyko troviamo i lontani cori maschili di Tuuka Tolvanen.
Praticamente tutti i brani seguono queste coordinate stilistiche, ed ognuno è dotato di melodie o passaggi che meriterebbero citazione e lode, ma queste poche righe non sarebbero sufficienti e sarei quindi costretto a dilungarmi in approfondimenti poco interessanti per chi non possiede il disco: tengo comunque a menzionare, fra i momenti più particolari, la sesta “Oikea Sointi”, il brano che più da vicino richiama i suoni del finale di “Kauan” (con sonorità accostabili a quelle di “Soutu” o “Taival”, o della stessa “Kielo”), l’ottava “Hiensynty”, la cui ossessività è pronta a sciogliersi in momenti di pianoforte di grande dolcezza, o la seconda “Seitsensarvi”, con cupi motivi di grande tristezza che si rivelano in tutta la loro infinita poesia.
Per capire ed assimilare “Airut:Aamujen” ci si mette più del previsto, data la sua ‘stranezza’ congenita: probabilmente l’accetterete meglio se, al posto di considerarlo il ‘quarto disco’ del gruppo, lo prenderete semplicemente per quello che è, ovvero un episodio ‘parallelo’, che mostra un lato nascosto dei Tenhi e che prosegue la serie degli Airut, destinata in futuro a fregiarsi di un terzo racconto, “Airut:Savoie”, già composto e che sarà presumibilmente pubblicato tra un paio d’anni.
Un disco ameno quindi, questo “Airut:Aamujen”, che mi sento di consigliare caldamente ai fans del gruppo, nonostante la differenza di sound; questo cd contiene intatta in sé tutta la maestria del gruppo nord-europeo, e non mancherà di soddisfare gli esigenti palati dei Tenhi-fans. Per chi invece non conosce la band, il consiglio è di procurarsi uno dei tre dischi “principali” finora pubblicati, partendo magari dal recentissimo, superbo, “Maaäet”, per capire meglio lo stile abituale del gruppo: ma chi adora la divagazioni pianistiche e un suono più scarno e scevro degli orpelli tipicamente Folk può accostarsi senza timore direttamente a questo “Airut:Aamujen”.