- Greg Anderson – Chitarra, Basso
- Stephen O’Malley – Chitarra, Basso
- Wrest – voce su “It Took the Night to Believe”
- Malefic – chitarra e tastiere su “Cry for the Weeper”, voce su “Cursed Realms...”, “Candlegoat” e “Bathory Erszebet”
- Oren Ambarchi – Tutti gli strumenti su “Sin Nanna”, percussioni su “Orthodox Caveman”, Chitarre ed effettistica su “Cry for the Weeper” e “Bathory Erszebet”
- John Wiese – elettronica, tastiere
1. Sin Nanna (02:19)
2. It Took The Night To Believe (05:56)
3. Cursed Realms Of The Winterdemons [Immortal Cover] (10:10)
4. Orthodox Caveman (10:02)
5. Candlegoat (08:01)
6. Cry For The Weeper (11:38)
7. Bathory Erzsebet (16:00)
Black One
“...For here you’re unwelcome, un-alive and incarcerated in the place where the murdered stones bleed onto the tongue of damnation.”
Sunn O))), 2005
Gli americani Sunn O))) giungono con questo quinto studio full-lenght a turbare nuovamente le nostre notti. Per chi non conoscesse il gruppo, menti del progetto sono Greg Anderson (membro di Teeth of Lions Rule the Divine e altri) e Stephen O’Malley (chitarrista anche dei grandissimi Khanate, fra i tanti altri progetti), che si fanno come al solito accompagnare da un nutrito stuolo di guests, i quali sono sempre di grande spessore artistico.
Se nel passato a coadiuvarli c’erano state figure come Attila Csihar, cantante dei Mayhem, o il giapponese Masami Akita (meglio conosciuto come Merzbow, il “re” della musica Noise, attivo fin dall’inizio degli anni ‘80 in quel campo), ora ad accompagnare i due abbiamo due vocalists come Wrest dei Leviathan e Malefic degli Xasthur, ovvero le menti/voci di due dei più apprezzati e rispettati acts Black Metal statunitensi. Altri ospiti sono l’australiano Oren Ambarchi, un chitarrista che spesso e volentieri manipola i suoni del suo strumento per ottenere un suono minimale a metà fra free jazz e noise/ambient, e John Wiese dei Bastard Noise, che si occupa dell’elettronica e dei sintetizzatori.
Black One è il vagare, senza speranza, per i meandri bui e senza luce di un abisso tenebroso, pericoloso, infestato da presenze soprannaturali ed infernali. Disturbante, allucinato, malato ed ipnotico, il lentissimo Black/Drone del gruppo vive sulle vibrazioni e le onde sonore delle chitarre, dei bassi e dei sintetizzatori, non v’è alcuna traccia di ritmo o di batteria, e solo gli urli (ricolmi d’eco e d’effetti) di Malefic e Wrest s’ergono a contrastare la potenza dei riffs, delle distorsioni e dei feedbacks delle chitarre. Non c’è più solo il puro Drone di 00Void, i Sunn hanno tentato stavolta un approccio più oscuro, malvagio e Black Metal-oriented, come confermano gli ospiti coinvolti, che con le loro voci danno una nuova chiave di lettura alla musica del gruppo.
Sin Nanna, la traccia introduttiva che prende il nome dal dio mesopotamico della luna, ci mostra la capacità di Oren Ambarchi di creare atmosfere al limite del surreale: dopo averci angosciato per due minuti, Ambarchi viene raggiunto dagli altri membri per mettere in musica l’eccellente secondo capitolo, It Took the Night to Believe. Forse il pezzo più “black metal” del gruppo, con uno splendido ‘tremolo riff’ degno di qualche band norvegese di inizio anni ’90, che ci ossessiona mentre la gutturale voce di Wrest crea paesaggi cimiteriali e terrorizzanti.
A seguire vi è una riproposizione personalissima –sfido chiunque a riconoscere l’origine del pezzo, senza conoscerne il titolo– del classico degli Immortal, Cursed Realms of the Winterdemons, sesta traccia di Battles in the North.
Fondamentale qui l’apporto dei samples campionati, con un vento freddo e avvolgente che aiuta le chitarre a creare il mood dark e glaciale, marchio di fabbrica del pezzo originario.
Il percorso propostoci da Anderson e O’Malley ci porta ad attraversare altri tre monolitici pezzi, privi di un qualsiasi barlume di luce o sanità mentale, tra cui spicca l’ottima Cry for the Weeper, prima di arrivare al capolavoro finale, Bathory Erszébet.
Sedici minuti aperti dal rintocco di una campana, una campana così angosciante da far sembrare dei suoni 'giocosi e divertenti' quelli che c’inquietavano in “Black Sabbath” del mitico gruppo di Ozzy e Iommi, “The Oath” dei Mercyful Fate, o in “The March and the Stream” dei seminali Skepticism, maestri del Funeral Doom.
La traccia gode di un climax agghiacciante, con Malefic a tormentarci con singulti, parole annaspanti, urla al di là dell’umano; come le urla che, secondo la leggenda, all’inizio del 1600 provenivano dalle camere segrete del castello di Csejthe, dove Lady Bathory rinchiudeva le sue vittime...
Riconosco che da ‘studio’ la proposta deve essere “vissuta”, e la volontà d’immedesimazione dell’ascoltatore è fondamentale, e che in sede live (li ho potuti apprezzare a Febbraio insieme agli Earth) la proposta del gruppo è assolutamente sconvolgente e superiore.
Non è musica per tutti, inutile nasconderlo, quindi prendete questo votone con le pinze.
Ma coloro i quali pensano di poter sopportare una simile esperienza sonora, gli appassionati del funeral doom più estremo, o del black più atmosferico e depressive, nonché chi apprezza i “padri ispiratori” Earth… Fate un tentativo: forse Black One è il disco per voi.
Per chi invece già conosce la musica dei Sunn, non esito a consigliarlo caldamente, specialmente se si apprezza anche il Black Metal: questo disco è l’ennesimo centro di Anderson e O’Malley.
Sessantasette minuti d’agonia.