- Aaron Lewis - voce, chitarra
- Mike Mushok - chitarra
- Jon Wysocki - batteria
- Johnny April - basso
1. Open Your Eyes (03:52)
2. Pressure (03:22)
3. Fade (04:03)
4. It's Been Awhile (04:25)
5. Change (03:36)
6. Can't Believe (02:48)
7. Epiphany (04:17)
8. Suffer (03:59)
9. Safe Place (04:35)
10. For You (03:25)
11. Outside (04:52)
12. Waste (03:56)
13. Take It (03:37)
- It's Been Awhile (Acoustic) (04:30) / Outside (Live & Acoustic) (05:41) (bonus tracks)
Break the Cycle
Dopo un esordio abbastanza promettente, gli Staind segnano il loro ritorno con lo svendersi al mainstream.
Break the Cycle è un lavoro iper-melodico rispetto al precedente, e presenta una serie di pezzi costruiti chiaramente attorno ad un nucleo chitarra-voce, a cui gli altri strumenti si aggiungono solamente per quella che sembra una pura formalità.
Tutte le tracce sono funzionali al chorus, e il chorus è funzionale alla melodia vocale di Lewis; melodia che, se a volte convince, spesso invece stanca e suona ridondante e vacua.
I punti forti del lavoro, ovvero quelli che lo salvano dall'insufficienza, sono la violenza pienamente grunge di Pressure, le spruzzate punk su Change, l'inquieta e matura Waste (dedicata ad un fan suicida), gli arpeggi che sostengono le due orecchiabilissime ma avvolgenti ballate It's Been Awhile e Outside (seppur dalle ritmiche un po' troppo forzatamente downtempo), il groove di For You (rovinato solamente dagli innesti "korniani" forzati per renderlo una hit), la soffusa Epiphany con il suo battito elettronico (unico problema: suona come un pezzo degli Oasis).
Su alcune versioni si trova anche una quattordicesima traccia: la versione acustica di It's Been Awhile se la release è americana, e quella live e acustica di Outside (con Fred Durst alla seconda voce) se la release è australiana o europea. Due bonus track comunque convincenti, che riportano il suono ad una dimensione unplugged più riflessiva.
Ma, nonostante ciò, il loro post-grunge (prima oscuro, ispirato, e contrastante con la scena post-grunge da classifica) ha prodotto una grossa delusione: gli Staind sono diventati proprio il genere di gruppo che la loro musica sembrava rifiutare.
La band riesce addirittura a superare in vendite quasi tutti i gruppi post-grunge che nel periodo infestano le classifiche (Creed, Foo Fighters, Nickelback), vendendo cifre esorbitanti (più di 7 milioni di copie). Questo boom commerciale è frutto più di un'operazione pensata a tavolino che di una semplice ispirazione artistica più melodica; la cosa è più palese andando a controllare le liriche: Lewis, tenendo a mente i successi di Nirvana e Korn, sembra aver imparato che le frustrazioni adolescenziali vendono, e quindi sfrutta la cosa; la sua proposta però, al contrario delle due band sopraccitate, non suona sincera bensì ruffiana, innocua e forzata (chi può mai credere ad un trentenne che canta di avere problemi da quindicenne?). Pochi testi sono convincenti, su tutti quelli di Outside e Waste, mentre alcuni sfiorano il ridicolo nel loro commercializzare le inquietudini dei Korn per una platea di ascoltatori ragazzini (For You, Fade), seguendo lo schema dei Linkin Park.
Se riproporre un aggiornato mood grunge nell'età del nu-metal (cosa fatta con il precedente Dysfunction) può essere una proposta valida, non lo è certo diluirlo e renderlo innocuo per poterlo propinare ad un pubblico giovanissimo che soffre di normali crisi adolescenziali (cosa fatta con questo Break the Cycle).
L'album non è convincente: troppo poco ispirato, pensato per la classifica, e soprattutto diluito in tonnellate di suoni, soluzioni e melodie innocue e già sentite. E non basta avere un cantante come Lewis, dalla voce sicuramente memorabile e dotato di una personalità propria molto forte, a cambiare le cose.