- Lord Of Pesilence - voce e
chitarra
- Saligia - chitarra
- Nurthur - basso e voce
secondaria
- Count Decameron - percussioni
- Nicola Pannofino - tastiere
studio
1. 1347 - Prelude
2. Macabre Triumph
3. Livor Mortis
4. Speculum Verae Penitentiae
5. Pogrom
6. Speculum Mortis
7. Vado Mori
8. San Leonardo Fossamala
9. 1350 - Outro
1348
1348, oltre ad essere l’album d’esordio per gli Speculum Mortis, è un concept riguardante i lugubri anni della pestilenza più ricordata, e si presenta come un disco di tetro pagan black metal, nel quale è l’alternanza fra musica estrema a folk d’ispirazione medievale la caratteristica predominante e più evidente fin da un primo ascolto. Di sicuro c’è che non ci si trova ad ascoltare niente d’originale, e nemmeno di realizzato particolarmente bene: non sono poi così pochi i momenti che stonano, o che viene istintivo giudicare come banali; la prestazione - a livello strettamente tecnico - strumentale, così come la qualità sonora, è abbastanza scarsa (sebbene non si arrivi ad oltrepassare certi “limiti di decenza”), e la voce di Lord Of Pestilence non emerge certo per una grande espressività. Ma tutte queste - tranne l’ultima, relativa alla parte vocale - sono peculiarità appartenenti ad una moltitudine di prodotti black metal, e, per quanto improbabile sembri, si può riuscire a creare qualcosa d’interessante anche con così tante imperfezioni. Se ancora interessati alla proposta musicale di questo gruppo, probabilmente ci si chiederà se gli Speculum Mortis ci siano riusciti. La risposta è: in parte. In parte perché certe cose non sono male, specialmente nelle situazioni in cui la band si dedica al black metal, del quale ne elabora una concezione melodica, a volte lenta, quasi epica; sempre in parte, però, anche per quanto detto prima: la prestazione vocale è a tratti addirittura fastidiosa, in una sorta di richiamo allo screaming di Varg Vikernes (Burzum), privandolo però della sua particolare asprezza e del suo effetto lancinante, opprimente. Le parti in cui il gruppo si inoltra nel folk, o comunque nel non-black metal, poi, non sono sempre efficaci. Nell’introduzione, per esempio, non si riesce quasi per niente a creare quell’atmosfera epica e allo stesso tempo macabra che ci si sarebbe aspettati - considerando anche i temi affrontati -, ma si rasenta invece la banalità.
Ascoltando gli altri brani, gli Speculum Mortis appaiono solitamente più validi quando adottano dei ritmi lenti, cadenzati. In certi casi, però, il gruppo si esprime discretamente anche con velocità tipicamente black metal; ne è un buon esempio la gradevole quarta traccia, dal titolo Speculum Verae Penitentiae, dove sono realizzate bene sia le parti lente che non.
Fra gli altri capitoli da citare figura quello collocato in sesta posizione, chiamato come la band, Speculum Mortis, e l’immediato successivo, Vado Mori. Il primo costituisce il miglior episodio black metal dell’album, costruito su ottimi riffs e su ritmi variabili. Non male anche la voce, in questo brano, mentre lo stacco acustico finale non è un granché. Ancora folk-ambient nell’altra canzone nominata, Vado Mori, ma in questo caso è l’unica caratteristica, vista la totale assenza di black metal. Anche nel cantato, che ricorda molto quello degli Storm (il famoso progetto folk di Fenriz e Satyr, del quale esiste solo un full-length, Nordavind). Come base ci sono delle tastiere non particolarmente belle da sentire, ma che non stonano troppo nel contesto.
Per il finale del disco è stato scelto un outro acustico; similmente all’introduzione, questa traccia è realizzata in un modo non troppo distante dalla mediocrità, e appare quindi piuttosto piatta, scontata.
In sostanza, 1348 lo si può prendere come un debutto tutto sommato positivo, sicuramente sufficiente. Ma non va oltre. È pertanto ovvio che va tenuto in considerazione solo se proprio appassionati al genere, perché in questo caso potrebbe anche lasciare pienamente soddisfatti.