- Max Cavalera - voce, chitarra
- Joe Nunez - batteria
- Marc Rizzo - chitarra
- Bobby Burns - basso
Guests:
- David Vincent - voce su Blood Fire War Hate
- Dave Peters - voce su Unleash
- Fedayi Pacha - strumenti su Touching the Void
1. Blood Fire War Hate
2. Unleash
3. Paranoia
4. Warmageddon
5. Enemy Ghost
6. Rough
7. Fall of the Cycophants
8. Doom
9. For Those About to Rot
10. Touching the Void
11. Soulfly VI
Conquer
Cosa succede quando la tua musica, invece di rinnovarsi e trovare nuovi spunti da approfondire, fa un balzo indietro nel tempo di decenni ristagnando in stilemi tipicamente old-school, contro ogni previsione?
Breve riassunto (se conoscete già a grandi linee la storia del gruppo saltatelo pure).
C'erano una volta i Sepultura: gruppo thrash/death brasiliano, guidato dai fratelli Igor e Max Cavalera (rispettivamente batteria e voce), che si è guadagnato nel corso degli anni una certa stima nell'ambiente metal grazie a dischi potenti ed influenti come Beneath the Remains, Arise o Chaos A.D., diventando uno dei gruppi estremi più significativi di sempre. La svolta particolare avvenne nel 1996 con Roots, disco dove emergevano forti contaminazioni dall'emergente (in quegli anni) nu metal e dai gruppi groovy thrash melodico più popolari del periodo. Pur riscontrando ancora un certo debito nel particolare riffing verso gruppi come i Korn, il disco però aveva strutture, atmosfere e soprattutto arrangiamenti assolutamente unici e personali, gli ultimi grazie anche (ma non solo) agli spunti tribali e sudamericano-folkloristici che il gruppo carioca aveva introdotto nei propri brani, davvero una novità interessante e che colpì molti (qualcuno l'avrebbe inseguito chiamato "tribal metal").
Sfortunatamente beghe interne causarono l'abbandono del gruppo di Max Cavalera che così formò i Soulfly, band in cui lui avrebbe convogliato tutti i suoi interessi musicali e in cui avrebbero militato numerosissimi musicisti con l'intento di fare del gruppo una "grande famiglia" (seppur sempre per forza di cose orbitante attorno a Max) e non solo un nuovo progetto. Così mentre la band madre andava per la sua strada (riscontrando però anche pareri negativi fra critica e fan), i neonati Soulfly catalizzarono l'attenzione del pubblico con dei dischi di nu metal sporcato di thrash/groove ricchi di hit micidiali e che approfondivano e rifinivano ulteriormente il discorso dei Sepultura pre-split. Tuttavia, dopo la "morte" della corrente nu metal che possiamo porre nel 2003 il gruppo di Max sembrò quasi come allontanarsi vistosamente da questo genere ormai "tramontato". Fu così che il gruppo si riavvicinò sempre più al thrash, ma anche un disco come l'ultimo Dark Ages (2005) riusciva a riproporlo in una veste rinvigorita e corposa, capace di suonare varia e vitale. Nel frattempo si andava profilando l'ipotesi di un riavvicinamento ai Sepultura e soprattutto al fratello Igor, ma una reunion con i Sepultura sarebbe sembrata un incoerente mossa per acchialappare il consenso dei nostalgici, oltretutto si sarebbe dovuto cacciare il loro nuovo cantante Derrick Green e in ciò Max sarebbe andato contro i principi che intendeva portare con i Soulfly - a meno di scioglierli, ma allora quale sarebbe stato il loro senso?
Fortunatamente un compromesso sembrò esser stato trovato nei Cavalera's Conspiracy, nuovo progetto in cui i due fratelli hanno potuto finalmente tornare insieme per la gioia di tutti i fan senza complicare le cose. Il disco era dichiaratamente rivolto al passato, pura esplosione thrash potentissima e violenta, con sguardi sia agli anni '80 che al sottogenere groove degli anni '90 ma soprattutto a certe tendenze più estremiste dei primi Sepultura ed in generale di quel periodo. Nonostante l'impatto del disco, però, i brani suonavano stantii e derivativi, come un riciclo di stilemi fine a sè stesso. Il pubblico così si divise fra chi apprezzò la nuova porzione della stessa pietanza e chi la trovò invece, ormai, insipida e incolore.
Torniamo ai Soulfly. Se con i Cavalera's Conspiracy sembrava allora che Max avrebbe da lì in poi sfogato il suo lato più estremo, pesante e violento, c'era quindi da aspettarsi che con il progetto principale il frontman brasiliano, sempre rimanendo in territori metallici, si sarebbe invece concentrato sull'elemento più tribale e atmosferico, riducendo gli elementi metal per elevare al quadrato quelli acustici, etnici, eventualmente magari espandendo il supporto tastieristico finalizzandolo a cercare tonalità ad hoc per le atmosfere che potevano accompagnare il marchio di fabbrica Soulfly.
Sembrerebbe ovvio: con un gruppo andiamo di riffacci macinatori e doppia cassa, con l'altro facciamo qualcosa maggiormente "soffuso", acustico, atmosferico.
E invece no.
Conquer, sesto album studio della formazione verde-oro, esce pochi mesi dopo Inflikted dei CC ed è ancora più marcatamente ottantiano. Thrash d'annata, ruvido, martellante, granitico, ancora più ripulito dagli elementi groove metal che potevano dargli un'apparente modernità, sempre più sporcato di quell'attitudine death-oriented che molti (troppi) gruppi hanno diffuso nel metal estremo, in minor presenza l'hardcore moderno che tingeva con irruenza istintiva il precedente lavoro per orientarsi maggiormente verso i decenni precedenti. Rispetto a Dark Ages questo è un album molto più statico e unidirezionale, ne perde la visceralità e la freschezza e non ne eredita la spontaneità nella rabbia (che ora sembra invece molto più di maniera). Conquer è anche molto più schematico e prevedibile negli arrangiamenti, nelle sonorità, nei pochi cambi di ritmo - risultando così un passo indietro.
Per contro è molto più incalzante e dinamico di Inflikted come songwriting, risultando meno piatto e ripetitivo, più concreto ed ispirato - volendo, potremmo porre Conquer a metà strada fra i due come qualità finale.
Lo stesso Max in un'intervista ha affermato di esser stato parecchio influenzato da Bolt Thrower, Napalm Death e Slayer mentre scriveva quest'album, che lui giudica tale che a confronto "Dark Ages suonerebbe come un disco pop".
Fosse uscito nell'89, sarebbe un concentrato memorabile di potenza e micidialità. Probabilmente anche più efficace di certe pietre miliari, visto il maggior bagaglio d'esperienza da cui i musicisti hanno attinto nel comporre questo disco - per contro non ci sarebbe la spontaneità di chi era ancora a inizio carriera. Ma siamo nel 2008 e queste sonorità non sono (più) tanto uniche e personali da poter essere ridettate di continuo.
Nell'iniziale Blood Fire War Hate la sensazione è di trovarsi proprio nel periodo d'oro del thrash d'oltre oceano, i riferimenti a gruppi come Metallica, Testament, Slayer e soprattutto i Sepultura stessi non si sprecano, come se stessimo assistendo ad un revival di quegli anni, e il contributo vocale di David Vincent dei Morbid Angel non fa che confermarlo.
Certo, in ogni caso i Soulfly ci mettono del loro per rendere l'ascolto davvero movimentato, d'altronde il genere nonostante i molti anni passati non è a loro sconosciuto e sanno tirarvi fuori gli elementi più schiacciasassi e adrenalinici. Ogni tanto permane qualche passaggio più soft, come in Unleash (dove è ospite Dave Peters dei Throwdown) che all'inizio alterna riff piattini e ripetitivi, poi dopo un refrain allucinogeno cambia nettamente binari per un breve intervallo; questi però risultano dei semplici inserti sporadici che a volte danno più la sensazione di essere esercizi di stile che altro. Rimangono però piacevoli da ascoltare e spezzano i momenti in cui inizia a salire la monotonia, per via di un po' di ripetitivà in qualche fraseggio.
Così ancora Paranoia prosegue su di un sentiero sparato a mille, vicinissimo al death per intensità durante l'assolo tecnicissimo, e si conclude con una breve outro acustica che però risulta davvero irrilevante: non è questo ciò a cui puntano i Soulfly in quest'album.
Warmageddon invece rimane puramente metal in tutto e per tutto, senza concedere spazio a qualche piccolo intermezzo; inizia in maniera caustica e cadenzata ricordando in parte il thrash della Bay Area, per poi esplodere e sembrare una riregistrazione con la produzione odierna di qualche pezzo inedito di Beneath the Remains.
Il death macchiato di hardcore della successiva Enemy Ghost non aggiunge molto al discorso, ha qualche riff allucinogeno niente male ma ben poche variazioni, e si prosegue nella stessa direzione con Rough che però si conclude con un'inquietante intreccio di batteria filtrata elettronicamente e arpeggi spettrali. Sono potenti, ma trite.
Ad ogni modo le atmosfere man mano che l'album prosegue iniziano a farsi sempre più oscure, a tratti anche macabre. Ciò rende più mesmerizzante l'ascolto e ha il suo primo culmine nel momento in cui giunge l'assolo di Fall of the Cycophants, tetro grazie anche alle nascoste tastiere atmosferiche di sottofondo. Anche alla fine di questa bomba thrash c'è una piccola escursione che varia i toni, una registrazione di quella che sembra un'esibizione popolare; e anche la piccola escursione di questo pezzo è ben poca cosa e risulta superflua per l'equilibrio dell'album.
Doom invece dedica l'intera seconda parte della traccia ad una morbida esecuzione latino-americaneggiante, ma sembra più un prolungamento delle altre conclusioni. Passiamo ora ad un thrash accativantissimo con For Those About to Rot (il titolo è con tutta probabilità una citazione di For Those About to Rock), in cui la parentesi acustica ultra-breve ora è piazzata non molto tempo dopo l'inizio, il risultato però non cambia: appare piazzata in maniera anonima tanto per mettercela, senza nessuna incisione sull'orientamento della canzone. Fortunatamente in odor di termine il brano diventa un'oscura e claustrofobica marcia che rimodula tutto, sfociando poi in una chiusura ethno-ambient. Qualche variazione in più non guasta.
Touching the Void è forse il pezzo migliore di tutti, nonché il più imprevisto: inizia come un lento e macabro doom metal di stampo anglo-sassone e intriso della rabbia di Max, per poi mutare improvvisamente in un nu metal decadente ma atmosferico, rientrare in ambienti doom - l'accordatura ribassata rende il repentino passaggio scorrevole senza forzature - ed infine lasciare le redini del brano ad una prova acustica intensa e scossa.
Chiusura del disco affidata all'ennesima strumentale della serie Soulfly, una piacevole power-ballad che richiama certo rock melodico d'altri tempi, certo non grida al miracolo come originalità ma si lascia ascoltare con piena godibilità (anche se forse questa volta può stonare con il resto dell'album dato che esso è piuttosto monotòno).
Da un lato il ritorno al passato, derivativo, di maniera, come se fatto apposta per accontentare chi lo voleva; dall'altro la potenza e la violenza micidiali di quest'album, che non mancheranno di scalzare dalla sedia molti ascoltatori e di animare magari qualche concerto o festival (Evolution o Gods of Metal che sia).
Questo disco sicuramente farà anch'esso discutere, ci saranno gli amanti di determinate sonorità che ne vogliono la riproposizione eterna (spinti dal naturale e comprensibile desiderio di avere sempre nuove porzioni del piatto preferito) e lo eleggeranno disco dell'anno; e ci sarà chi rimarrà fortemente deluso per la direzione intrapresa dai Soulfly e la considererà invece una minestra riscaldata che aveva già detto quel che aveva da dire molto tempo fa, e parleranno invece di delusione dell'anno.
Per questo il voto finale tenta di essere una mediazione fra due punti di vista differenti (ma anche una via di mezzo fra i voti di Inflikted e Dark Ages) che però probabilmente purtroppo scontenterà ambo le parti, soprattutto il pubblico metal che ha già osannato il disco. Magari perfavore, prima di criticarlo come "voto folle! questo è un disco esaltante, fra i migliori di sempre di Max" se siete fan della musica metal aggiungete mentalmente 20 punti al voto - oppure al contrario rimuoveteli, se siete parte dell'altro punto di vista e biasimate la troppa indulgenza dimostrata in esso.
Per il resto rimangono perplessità su quale sia lo scopo ormai dei Soulfly viste le poche differenze con i Cavalera's Conspiracy e addirittura gli stessi Sepultura, fermo restando comunque che qualunque compositore e artista è liberissimo di scegliere la strada che preferisce in ogni caso. Si spera inoltre che non si concretizzi realmente una reunion dei fratelli Cavalera nei Sepultura, nonostante la scontata felicità dei fan-duri-a-morire per una tale mossa; sarebbe però una caduta di stile davvero incoerente per Max e Igor (o Iggor come da qualche tempo si fa chiamare): sarebbe davvero un pessimo fan service, ma se dopo che il nu metal è "passato di moda" i Soulfly sono tornati verso ambiti thrash/death, seguendo la scia di numerosi gruppi rievocatori e le speranze da accontentare dei fan, forse non è un'eventualità troppo lontana.
Disco metal dell'anno? Per alcuni aspetti sì, per altri invece no. Ribadisco: se siete fra gli appassionati comuni di metal è quasi sicuro che questo disco vi entusiasmerà tantissimo, e ve lo straconsigliamo. Ma attenzione: se certate qualcosa di nuovo, di molto più originale, che non sembri un "disco per i fan dell'86/87/88", probabilmente quest'album avrà davvero ben poco da dirvi, sembrandovi l'ennesima, solita pubblicazione in ambito extreme metal.