- Dino Brentali - voce
- Francesca Badalini - chitarra
- Andrea Grumelli - basso
- Federica Badalini - piano
- Jari Pilati - violino
- Mauro De Brasi - batteria
1. Heaven’s Pillars
2. Icon
3. Belied
4. Staring Eyes
5. The Chasm
6. Thin Walls
7. The Silent Empire
8. My Subjective Shell
9. Floating
10. Chasing Clouds
11. Another World
Flies In A Jar
I meneghini Soul Takers nascono nel 1998 dall’unione di due sorelle pianiste, Francesca e Federica Badalini, che si interessano al metal come evoluzione della musica classica; la line up si rafforza con l’ingresso di batterista, bassista, violinista e cantante, mentre Francesca passa alle chitarre, e nel 2002 vede la luce il primo demo Through The Silence Of Words, che consente alla band di ottenere un contratto con la Northwind Records, con cui verrà prodotto nel 2004 il primo full lenght Tides.
Passati alla Dragonheart, i Soul Takers registrano Flies In A Jar, secondo album di studio; il disco propone una sottospecie di power/gothic metal, che purtroppo è però quasi completamente svuotato dalla componente metal: riff appena accennati e mai dirompenti, pianoforte in primo piano, ritmica quasi inesistente e cadenza parecchio lenta.
L’idea non sarebbe male in sè, e la band tenta infatti di giocare sulle atmosfere, ma anche in questo caso sembra che l’obiettivo sia completamente mancato: i vocalizzi del singer Dino Brentali sono spesso forzati al limite delle sue, comunque buone, potenzialità vocali, e si rivelano spesso monotoni ed emotivamente distaccati, così come il piano che ripete continuamente giri poco vari.
Il risultato è una serie di semi-ballad tutte simili tra loro, piatte e per niente coinvolgenti, fondate appunto principalmente sul binomio voce-pianoforte, e talvolta troppo lunghe e ripetitive; va un po’ meglio con brani come The Chasm, dove una ritmica decente, l’ingresso del violino e un semplice assolo di chitarra riescono a spezzare la monotonia e a svegliare l’ascoltatore dal sonno che lo stava attanagliando, o The Silent Empire, movimentata da una velocità sostenuta e dal cambio di voce.
Piuttosto riuscita invece l’accoppiata formata dai giri frizzanti di Floating e soprattutto da Chasing Clouds, che si distingue dal resto del disco per un’interpretazione più sentita ed emotiva, e vede una buona alternanza di riff distorti e accenni di piano. Buona anche la conclusiva Another World, dolce melodia creata da un intreccio di voce, pianoforte, e violino.
E’ stato davvero difficile arrivare in fondo a questo Flies In A Jar: poche idee ripetute eccessivamente in un disco monotono e piatto, che si risolleva solo verso il finale. Ci vuole più varietà, per adesso non ci siamo proprio.