- Elliott Smith – voce, chitarra acustica
- Kid Tulsa – percussioni
1. Roman Candle (03:37)
2. Condor Ave (03:35)
3. No Name #1 (03:01)
4. No Name #2 (03:34)
5. No Name #3 (03:10)
6. Drive All Over Town (02:37)
7. No Name #4 (02:26)
8. Last Call (04:38)
9. Kiwi Maddock 20/20 (03:34)
Roman Candle
Agosto 1969: “Elliott” Smith (il suo vero nome è Steven Paul) nasce ad Omaha, nel Nebraska. Nello stesso anno compare sul mercato il rivoluzionario Abbey Road di quei Beatles che iniziavano a spopolare nella generazione beat di allora, e compare sulla scena la chitarra acustica di un non meglio conosciuto Nick Drake.
Saranno i due poli fondamentali dell’ispirazione musicale del piccolo e fragile Elliott Smith, scomparso nell’ottobre del 2003, quando gli furono fatali due coltellate dopo una lite con la fidanzata. Omicidio o suicidio? Il caso è ancora aperto e senza una spiegazione.
Piccolo e fragile, dicevamo. Con aggettivi del genere ci riferiamo naturalmente alla sua personalità, non alla musica, a tratti immensa, che ha saputo comporre ed ha contagiato un po’ tutti. Scomodando paragoni talvolta azzardati (con il Signore della chitarra acustica Bob Dylan, suo grande ispiratore, ad esempio), ma sempre con la consapevolezza però di avere visto in Smith uno dei tanti geni che il destino si è portato via con un colpo di spugna.
Elliott Smith inizia a suonare giovanissimo, il pianoforte e la chitarra acustica soprattutto. Stanco di riprodurre in serie vecchi pezzi blues, appena adolescente si decide a comporre i primi pezzi. Scrive, suona, prova, cancella, riprova. E' un fiume in piena, che abbatte ogni diga e che si scontra con le problematiche tipiche della sua adolescenza che è un po’ quella di tutti. Ci sono i nuovi amici del liceo, nuovi orizzonti da esplorare, c’è il primo contatto diretto con la droga. Ci sono gli Heatmister, prima significativa esperienza musicale al fianco dell’amico Nel Gust, con i quali Smith esplora i territori del primordiale Indie Rock per esplodere nella tempesta tipicamente Grunge che soprattutto con i Nirvana di Kurt Cobain era tanto in voga all’epoca.
Ben presto, però, emergono l’insoddisfazione ed uno stato di grande insofferenza. Smith è un pesce nell’acquario sbagliato: le sonorità dei suoi Heatmister creano un connubio quasi perfetto con l’animo sensibile e travagliato del cantautore, ma ciò non basta. C'è la necessità di esprimere le proprie emozioni, quasi a volersene liberare; presto Smith inizierà a farlo in una chiave acustica che per molto, troppo tempo è rimasta imprigionata nel suo 4tracce.
Sono le pressioni della fidanzata di allora a convincerlo che tutto quel materiale inascoltato e polveroso andava ripreso e pubblicato. La Cavity Search Records se ne accorge e nel 1994 fa uscire il primo full-lenght marchiato Elliott Smith. E’ Roman Candle, della durata di mezz’ora appena, nel quale emerge il lato più malinconico e profondo del giovane cantautore, in cui l’angoscia ed il suo senso di inadeguatezza si scontrano frontalmente con la semplicità delle melodie create dalla sua chitarra acustica. Con un risultato riassumibile in un’altalena di emozioni, aggiungiamo.
Elliott Smith in Roman Candle è questo: ci sono alcune tra le sue canzoni più belle di sempre. La title track ad esempio, posta in apertura; oppure la struggente Condor Ave, che la storia vuole sia stata scritta dal cantautore alla “tenera” età di 17 anni.
E poi ancora, No Name #1, dall’arrangiamento unplugged nel quale si nota anche la presenza di basso e spazzole. Smith dimostra di saperci fare: con la chitarra, nella fase compositiva, nella lirica soprattutto. Leave alone 'cos you know you don't belong / You don't belong here / And when I go / Don't you follow / Leave alone / Leave alone 'cos you know you don't belong sono tra i versi più belli che la mente del cantautore ha gettato sul foglio con spontanietà. E’ un continuo aggrovigliarsi di sussulti. Emozioni che nella mente di Elliott Smith diventano musica, si trasformano in poesia; diventano uno specchio nel quale riflettere le proprie paure e le proprie perplessità.
I wanted her to tell me that she would never wake me
I'm lying here waiting for sleep to over take me.
Con queste parole, emblematiche del senso di irrequietezza del cantautore, finisce la tempesta emotiva che distingue questo lavoro, prima dell’ultima traccia totalmente strumentale, dal titolo Kiwi Maddock 20/20.
La storia di Elliott Smith può essere raccontata soltanto dalle sue canzoni. Con la sua voce timida, impaurita, quasi timorosa di mostrarsi in tutta la sua essenza, unita al suono soffuso ed ovattato della sua chitarra rigorosamente acustica, siamo certi che con il suo Roman Candle d’esordio, Smith abbia scritto la prima pagina del suo romanzo. Perché, alla fin fine, di un racconto di sé e di tutto ciò che gli sta attorno si tratta. E’ praticamente impossibile non lasciarsi trasportare da questo; che forse, un po’ appartiene anche a noi.