- Billy Corgan - voce, chitarra, produzione
- D'arcy Wretzky - basso, voce, artwork
- James Iha - chitarra, voce
- Jimmy Chamberlin - batteria
1. I Am One (04:07)
2. Siva (04:20)
3. Rhinoceros (06:32)
4. Bury Me (04:48)
5. Crush (03:35)
6. Suffer (05:11)
7. Snail (05:11)
8. Tristessa (03:33)
9. Window Paine (05:51)
10. Daydream (03:08)
Gish
Nati nel 1988 a Chicago, gli Smashing Pumpkins iniziano a farsi conoscere nei primi ’90 proponendo nei locali più di nicchia della metropoli americana una musica innovativa e all’avanguardia per il periodo: lo stile del quartetto riunisce la potenza del Metal del decennio precedente con la rabbia sociale del neonato Grunge, senza tralasciare una certa goticità che traspare dalle liriche tormentate stese dal cantante/chitarrista Billy Corgan e una speciale attitudine al Noise ottantiano statunitense.
Gish, datato 1991, è il primissimo capitolo discografico della formazione, un album certamente immaturo sotto molti aspetti, ma in grado di trasmettere sensazioni inusuali per l’epoca, legate soprattutto al filone malinconico che accompagnerà la produzione di Corgan sino al presente.
Corgan riveste, oltre al ruolo di front-man sul palco, anche quello di song-writer attento alle proprie scelte compositive e sempre pronto ad intervenire con soluzioni inaspettate, che suscitano buone impressioni da parte degli ascoltatori; I Am One si colloca completamente nella nuova sfera Grunge sviluppatasi nella non lontanissima Seattle, grazie ad un ritmo che, seppur figlio dell’Hard Rock americano, vede una batteria pronta a coprire l’intera traccia a colpi di charleston.
Diverso invece l’approccio della seconda Siva, Sabbathiana nella parvenza sia musicale che vocale: i riff si susseguono a cavallo tra Metal e Hard Rock più classico, mentre Corgan assume un tono a tratti sommesso e a tratti impetuoso.
Splendide le alternanze di sezioni più violente e serrate ad altre distese e psichedeliche, che fanno scoprire il lato più nascosto degli ambiti musicali a cui la band di Chicago si è ispirata per plasmare Gish. La goticità di cui sopra si è detto affiora in tristi capitoli come Rhinoceros, ballad che tanto deve alla New Wave inglese (The Cure su tutti) e che, raccogliendo tutta la tradizione alternativa del decennio, riesce a creare atmosfere riflessive e per nulla scontate.
Si ritorna a sonorità più forti e ritmate con Bury Me, episodio sicuramente precursore del moderno Alternative per la proposizione di riff coinvolgenti e totalmente nuovi al panorama americano, ma leggermente insipido e alla lunga noioso. Se Crush è diametralmente opposto a Bury Me nel suo incedere mesto ed acustico, Suffer rappresenta un’altra delle tante sfaccettature di Gish: chitarre lievemente scordate dall’alone Noise ripercorrono, lente, temi struggenti su cui Corgan cerca di dare il meglio di sé.
E tutto il finale dell’album è una costante contrapposizione tra canzoni veloci, inscritte alla scena Post Punk che ha visto nascere le nuove correnti negli States ed in Inghilterra, e brani più progressivo-psichedelici, dall’alone cupo e desolato e dalla forte carica emotiva. Sono questi ultimi i pezzi che incidono nel profondo la mente degli ascoltatori, scavandosi un piccolo ma significativo spazio vicino alla totalità della musica alternativa presentata dagli Smashing Pumpkins: la disperata Day Dream, cantata dalla bassista D’arcy Wertzky costituisce sì il brano più semplice del lotto dal punto di vista compositivo, ma anche quello di maggiore impatto sui sensi di un pubblico maturo ed attento. La voce si erge come un lamento tormentato che chiude Gish e che si disperde nell’infinito, come se dovesse cercare un seguito: tale successore giungerà dopo due anni e si chiamerà Siamese Dream, nome scelto forse per ricollegarsi sia all’atmosfera onirica di Day Dream, sia al meditativo “I’m going crazy” della Wertzky.
Il bagaglio stilistico in possesso di Corgan fa comprendere che gli Smashing Pumpkins non sono una band comune già dal debut album che, pur essendo ancora acerbo, tanto ha dato ai moderni Alternative, Post Grunge e Dream Pop. Spesso Gish viene quasi dimenticato all’interno di una discografia così ben provvista di ottimi lavori; tuttavia, non c’è da sottovalutare l’enorme lavoro svolto da Corgan agli inizi della sua carriera, per uscire dall’underground di Chicago ed aprirsi al grande pubblico, desideroso di cambiamenti radicali nell’ambito del Rock dei nuovi anni ’90.