Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Metal Blade
Anno: 
1984
Line-Up: 

Dave Lombardo - Drums

Kerry King - Guitars

Jeff Hanneman - Guitars

Tom Araya - Vocals, bass

Tracklist: 

1. Chemical Warfare

2. Captor of Sin

3. Haunting the Chapel

4. Aggressive Perfector

Slayer

Haunting the Chapel

L’anno 1983 ha segnato la storia del metal. Un nuovo genere stava crescendo ed esso si alimentava dell’allora forte NWOBHM e dell’irruenza del punk/hardcore. Il nuovo pargolo era chiamato thrash metal. Se i padrini del genere diedero alle stampe i loro seminali lavori proprio in quell’anno cardine, la vera affermazione del genere avvenne durante i lustri successivi. Una decade d’oro quella degli anni 80, che ha conosciuto anche piccoli ma seminali lavori come questo Haunting the Chapel da parte del feroce quartetto californiano dal nome Slayer. Il debutto Show No Mercy ce li aveva presentati, giusto un anno prima,  come una band fortemente ispirata al classico heavy metal dei Judas Priests/Iron Maiden ma dalla ferocia d’esecuzione inaudita. Una brutalità che gettò le basi per centinaia di band a venire e che con il passare del tempo si stava facendo sempre più personale e slegata dalle influenze adolescenziali. L’EP infatti, mostrava meno influenze NWOBHM per puntare maggiormente sull’irruenza sonora che ha sempre caratterizzato e in qualche modo distaccato gli Slayer dagli altri rappresentanti della prima ondata thrash metal Bay Area.

L’incipit è di quanto più sconvolgente si potesse immaginare allora: la cavalcata chitarristica di Chemical Warfare é lì per paralizzare l’ascoltatore ed entrare meritatamente nella storia del genere. Questa traccia si snoda attraverso sei minuti di velocità inaudita per il periodo, tra uptempo che sembrano non finire mai e stacchi di veloce doppia cassa. La voce di Tom si è fatta più greve e roca rispetto al recente passato e per questo anche maggiormente adatta ad una canzone di tale portata. Il testo apocalittico è sempre a cura del duo Hanneman/King, il quale si distacca parzialmente dalle tematiche sataniche per gettarsi a capofitto nel ricreare sconvolgenti scenari post-nucleari. King, in particolare mette la firma su uno dei più evocativi assoli chitarristici della band, mentre il macellaio Lombardo sembra aver appreso ottimamente l’uso della doppia cassa (ricordiamo che sul debut-album il batterista si è avvalso di una sola cassa). Un aneddoto divertente narra di un giovane Gene Hoglan (tecnico in studio) a reggere la batteria mentre questo pezzo veniva registrato; esperienza fondamentale per lui giacché fonte di ispirazione per cambiare radicalmente il sound dei Dark Angel in occasione della sua entrata nella band a registrare Darkness Descends.

Per poter realmente capire (come se ce ne fosse bisogno) l’importanza che gli Slayer rivestirono per la nascita dell’allora death metal, si prenda in considerazione l’inizio a base di speed metal sporcato di grezzo thrash offertoci dalla terremotante Captor Of Sin: esso, stilisticamente, ci può riportare alla mente Lord of All Fever and Plague contenuta nel debutto ufficiale dei Morbid Angel che uscirà di lì a cinque anni. La doppia cassa viaggia veloce per quasi tutta la durata della canzone, ove le atmosfere tetre la fanno da padrone con un Tom in stato di grazia. Assoli strazianti si inseguono in continuazione in un crescendo di brutalità che raggiunge l’ultima composizione di questo lavoro, ovvero Haunting The Chapel, song che ancora una volta lascia la scena ad un mostruoso Dave Lombardo, il quale massacra il suo drum-kit con perizia. Una doppia cassa che viaggia in continuazione su velocità folli crea una sorta di terremoto permanente in sottofondo, giacché una produzione grezza non ne lascia trasparire il suono pulito. Lo stacco a base di voraci uptempo a metà composizione non fa altro che accrescere la sensazione claustrofobica di una canzone brutale anche liricamente, a scagliarsi violentemente contro la Chiesa.

Originariamente l’EP fu concepito per finire a questo punto. La ristampa del 1993 tuttavia conteneva un’altra composizione importantissima per capire le radici della band, quella Aggressive Perfector concepita nel 1983 per la compilation Metal Massacre III che mostrava ancora una band fortemente ispirata agli originatori dell’heavy metal quali i succitati Iron Maiden/Judas Priest. Tutto condito con la velocità e l’irruenza del punk al fine di creare la perfetta canzone speed metal (come veniva chiamato allora il thrash metal). I ritmi veloci, i riffs maggiormente orecchiabili ma sempre brutali per il periodo ed un Tom che più volte arriva a picchi in falsetto sono le caratteristiche principali di questa traccia che si trova in posizione perfetta per chiudere questa piccola ma importantissima opera.

In un periodo dove il metal si stava trasformando, questo lavoro getta la pietra oltre i limiti allora conosciuti. In quello stesso anno gruppi come Death, Possessed, Sodom, Destruction, Bathory, Hellhammer, Vulcano e pochi altri sconvolgeranno la scena mondiale, imbastardendo il loro thrash metal, rendendolo molto più diretto e brutale di quello generato dai blasonati capostipiti del genere. La rivoluzione stava iniziando.

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