- Tom Araya - Voce e basso
- Kerry King - Chitarra
- Jeff Hanneman - Chitarra
- Dave Lombardo - Batteria
1. Flesh Storm
2. Catalyst
3. Skeleton Christ
4. Eyes of the Insane
5. Jihad
6. Consfearacy
7. Black Serenade
8. Catatonic
9. Cult
10. Supremist
Christ Illusion
Li avevamo lasciati ben cinque anni fa con un disco discusso e discutibile, denso di hard-core, estremizzato nella ricerca sonora che aveva segnato gli ultimi album dopo lo split con Lombardo. Ora, rispolverata la line-up originale, quella indimenticata ed insuperata, quella di Reign In Blood, gli Slayer sono tornati. Già questo sarebbe abbastanza, ma visto che i nostri ci hanno abituato sempre al meglio, sono tornati più incazzati di prima.
E' difficile avvicinarsi ad un nuovo album di una band così seminale, così storica e così assolutamente mastodontica. Difficile rimanere obbiettivi: si rischia di esagerare con elogi inveritieri oppure di essere troppo critici perchè delusi da una prova che non si ritiene all'altezza. In parte è quello che è successo al combo californiano dal 1990 a questa parte.
Non a caso tutti quanti ricordano con insistenza quella data: si tratta dell'anno di uscita sia dell'ennesimo capolavoro Season In The Abyss che, allo stesso tempo, del mostruoso Dave Lombardo dalla band. Da quel momento, luci ed ombre (soprattutto le seconde) dopo un carriera sempre e solamente splendente. Una band finita, schiacciata dalla mancanza di idee e da una necessità di rinnovamento del sound che sembrava un'ossessione. A niente era servita la chiamata tra le fila di un autentico genio thrash come l'ex Forbidden Paul Bostaph.
Tutto questo sembravano essere diventati gli Slayer. Anche in sede live, da sempre vero e proprio caposaldo della band, si incominciavano a vedere i primi cedimenti, soprattutto nella voce di Araya. Ma una grande band è capace di risorgere dalle proprie ceneri come un'araba fenice. Ci sono voluti cinque anni, un susseguirsi di illazioni, anticipazioni, smetite e ritardi. Un nuovo disco che era diventato miraggio per i milioni di fan sparsi per il mondo. Ma ecco che finalmente gli Slayer sono ritornati a fare ciò che gli viene meglio: Thrash metal nudo e crudo, senza fronzoli, senza cedimenti, suonato velocemente e violentemente, ignorante negli assoli e distruttivo nei riff.
Come prima e più di prima non è possibile negare la palese verità: l'equazione Slayer più Lombardo non può essere evitata, non può esserci l'uno senza l'altro. Sono entrambi parte di un tutt'unico. Separarli significa cadere in abissi compositivi e lacune sonore assolutamente evitabili. Con questo non vuol dire che il lavoro di Bostaph (più di dieci anni passati nelle file dell'Uccisore) sia stato penoso; anzi tutt'altro. Soltanto che non esprimeva al massimo il vero spirito di King e soci.
Christ Illusion è un salto nel passato. Un ritorno al suono di fine anni ottanta arricchito dalle esperienze che il gruppo ha potuto fare con i tre album precedenti. Un salto talmente ampio che a tratti sembra di avere nel proprio lettore Season In The Abyss. Perchè infatti sembra essere questo il vero degno successore di quell'indimenticabile disco di quindici anni fa. La produzione più brillante, i riff al vetriolo, i rallentamenti con passagi pseudo-melodici. Tutto ci ricorda il passato. Con in più l'elemento groove e catchy visto in Diabolus In Musica o God Hates Us All.
Davvero pochissime le canzoni al di sotto della media: le prime tre tracce (Flesh Storm, Catalyst e Skeleton Christ), pur assomiliandosi, ci fanno subito capire cosa ci aspetta durante l'ascolto, con riff tipicamente in quattro quarti, batteria dove la doppia cassa fa da padrone e la voce di Araya sparata a folle velocità, proprio come ci aveva abituato il singer di origine cilena. Ma è la seconda parte del disco che veramente si eleva di un gradino sopra tutto il resto: Catatonic, con le sue soluzioni a cavallo tra Hell Awaits e South Of Heaven, Black Serenade, forse la più moderna ma pur sempre sparatissima, Cult, canzone usata come sample negli scorsi mesi che si presenta come una delle meglio costruite alternando pesantezza e velocità, ed infine la migliore in assoluto del lotto, ovvero Supremist, veloce, velocissima, perfettamente strutturata, a tratti innovativa, di particolare presa nell'ascoltatore, sicuramente sarà una delle più spaccaossa dal vivo.
Era così che (ri)volevamo gli Slayer: qualche puntatina in altri lidi musicali va bene, ma senza toglierci gli assoli sporchissimi di King & Hanneman, la voce urlata di Araya e il drumming schizzato di Lombardo. Senza farci mancare quel Thrash annichilente e senza compromessi capace di smuovere migliaia di persone negli stadi di tutto il mondo. Senza toglierci quella sana e manicale violenza che trasale con le prime note di Angel Of Death. Non sappiamo esattamente nei minimi dettagli quanto abbia influito nel song writing, ma quello che ci si chiede dopo aver ascoltato Christ Illusion è: caro Dave, ma dove diavolo eri finito?!