Voto: 
7.2 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Morten Veland - voce, chitarra
- Monika Pedersen - voce
- Jonathan A Perez - batteria
- Björn Landa - chitarra

Tracklist: 

1. The Last Call
2. My Mind's Eye
3. One By One   
4. Sundown
5. Absent Without Leave
6. The Other Side
7. Seven Keys and Nine Doors
8. Downfall
9. Glades of Summer

Sirenia

Nine Destinies And A Downfall

Con l’ultima fatica di Morten Veland, ex Tristania, si fa ormai palese l’evoluzione del metallo gotico europeo verso le contaminazioni di acts che di gothic (a volte anche di metal) hanno poco, dando così modo alle vecchie glorie del genere di muoversi verso versioni più edulcorate del proprio stile, allineandosi a realtà molto più melodiche. Così dunque in questo terzo Nine Destinies And A Downfall tutto si fa più orecchiabile e disteso, con la nuova cantante scelta da Veland, la bionda e danese Monica Pedersen, che tesse melodie delicate ma non sottili sopra chitarre che risultano sempre presenti e decise, pur non avendo lo stesso spazio che possedevano nei brani di At Sixes And Sevens e An Elisir For Existence.

I tratti tipici dei Sirenia, e cioè dell’inarrestabile Morten, che come è sua abitudine non lascia spazio a nessun’altro quando si tratta di song-writing, non vengono a mancare: i cori latini in stile gregoriano, che già caratterizzavano i suoi vecchi Tristania nel loro primo periodo, arricchiscono ancora, pur in modo marginale le composizioni, e così pure lo stile inconfondibile del chitarrista norvegese nel riffing.
Ma il tutto, come ha dichiarato lo stesso Veland senza problemi, risente dell’influenza che su di lui hanno avuto e stanno avendo, band prettamente melodiche, come Nightwish, Within Temptation e compagnia bella. Basta rilevare quanto poco il frontman si cimenti nel suo inconfondibile growl, lasciando spazio a disegni vocali quasi esclusivamente femminili e molto simili a quelli disegnati delle cantanti di gruppi come gli odierni Theatre Of Tragedy e i Midnattsol, tralasciando cioè lo stile lirico per un cantato meno formale e privo di quell’aura decadente che ha determinato le prime voci femminili nella musica estrema.

Il singolo My Minds’ Eye richiama in effetti più agli Evanescence d’oltreoceano che ai trascorsi dei Sirenia, anche se non manca un bridge col tipico coro, che non solo in questo pezzo aiuta a spezzare il ritmo di brani che potrebbero risultare banali di fronte ai pezzi da sei/sette minuti sontuosi e complessi che hanno caratterizzato gli altri lavori.

Situazioni più mosse, che al posto della moderata e costante linea ritmica della maggior parte dei pezzi oppongono la felice dicotomia tra parti lente e sognanti e accelerazioni in cui gli strumenti avvampano trascinati dal ringhio di Morten, aiutano a rendere l’album più eterogeneo, e a non fargli condividere il destino di mediocrità che è già toccato a gruppi come Tristania e Theatre Of Tragedy. In pratica, nonostante la sterzata melodica possa comprensibilmente schifare i vecchi gotici incalliti, è innegabile che questa volta il passaggio attraverso lo zuccherificio è avvenuto in modo intelligente, senza una totale liquidazione dei vecchi stilemi e rende in definitiva il tutto discreto e piacevole, soprattutto per gran bei pezzi del calibro di Sundown e Seven Keys And Nine Doors.

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