- Jónsi Birgission - voce, chitarra
- Kjartan Sveinsson - tastiera, pianoforte elettronico
- Georg Hólm - basso
- Orri Páll Dýrason - batteria
1. Gobbledigook (03:05)
2. Inní Mér Syngur Vitleysingur (04:05)
3. Góðan Daginn (05:15)
4. Við Spilum Endalaust (03:33)
5. Festival (09:24)
6. Með Suð í Eyrum (04:56)
7. Ára Bátur (08:57)
8. Illgresi (04:13)
9. Fljótavík (03:49)
10. Straumnes (02:01)
11. All Alright (06:21)
12. Heima (Japan, iTunes Bonus Track) (03:59)
Með Suð í Eyrum Við Spilum Endalaust
Attraverso il delicato minimalismo di ( ) e il gusto etereo di Takk…, i Sigur Rós hanno plasmato un suono in costante evoluzione, capace di unire tradizione nordica, rivisitazioni Dream Pop del periodo Ottanta-Novanta ed una sensibilità alternativa particolarmente rara ed inusuale per il panorama contemporaneo.
Giunti al loro quinto album di studio, Með Suð í Eyrum Við Spilum Endalaust (“Con Un Ronzio Nelle Orecchie Suoniamo Senza Fine”), dopo la pubblicazione della valida compilation Hvarf-Heim, i quattro islandesi capitanati dalla personalità del cantante Jónsi Birgisson non rimangono ancorati alle realizzazioni del passato, ma cercano nuovi percorsi musicali elaborati ed eleganti.
L’abbandono quasi completo dei maestosi ed armoniosi archi dei capitoli discografici precedenti è equilibrato dalla riscoperta del ruolo della chitarra, che disegna fraseggi memori della tradizione Folk nordica.
Registrato a Londra agli storici Abbay Road Studios della EMI e prodotto da Flood dei Nine Inch Nails, il disco ha visto la partecipazione di un coro di ragazzi e di un’orchestra di ben 67 strumenti, che garantiscono quel sapore Dream Pop di cui è intrisa ogni opera dei Sigur Rós.
Il singolo Gobbledigook rappresenta il biglietto da visita dei rinnovati Sigur Rós con il suo ritmo incalzante e la sua consueta direzione vocale, ricercata e composta: tra battiti di mani, cori infantili ed un approccio squisitamente folcloristico, si sviluppa una delle canzoni più gradevoli mai tessute dai quattro musicisti di Reykjavík, seguita da vicino dalla seconda Inní Mér Syngur Vitleysingur (più debitrice della vena Dream Pop).
Non mancano inoltre episodi più intimi e soffici come Góðan Daginn, meravigliosa nella sua dimensione acustica e a cavallo tra la nostalgia di ( ) e la speranza di Takk…, o brani più canonici come la lunga e meditativa Festival.
E se Með Suð í Eyrum appare come la perfetta colonna sonora per un viaggio introspettivo attraverso le lande del Nord, scandito da un tema di pianoforte onirico e malinconico, Illgresi rappresenta uno spiraglio Folk interamente delineato dalla chitarra classica e dagli archi.
Anche il successivo binomio Fljótavík-Straumnes permetterà all’ascoltatore di lasciar scorrere lontano la propria mente, raggiungendo i paesaggi islandesi rammentati nei titoli: è questa la sezione dell’album dove riemerge l’anima di ( ), dove il minimalismo dà vita ad atmosfere soffuse e riflessive.
In definitiva, sebbene Með Suð í Eyrum Við Spilum Endalaust non riesca ad eguagliare la soave sinfonia di Takk…, i Sigur Rós si rivelano ancora una volta band al di sopra dei semplici schemi musicali del mercato commerciale, con la loro tensione verso il Dream Pop e il loro alone spirituale. Questo quinto sigillo nella discografia della formazione si presenta come un’opera di svolta, come testimoniato anche dall’inserimento della prima canzone in Inglese (All Alright) nella storia di Jónsi Birgisson e compagni.
Pertanto ci si auspica che questo sogno chiamato Sigur Rós possa durare ancora a lungo nella sua autenticità e finezza, senza che l’influenza esterna della logica del mercato possa pervadere la quiete di una realtà islandese rimasta finora pura e spontanea.