- Jónsi Birgisson - voce, chitarra
- Georg Holm - basso
- Ágúst - batteria
- Kjartan Sveinsson - tastiera
1. Intro (01:36)
2. Svefn-G-Englar (10:04)
3. Starálfur (06:46)
4. Flugufrelsarinn (07:48)
5. Ný Batterí (08:10)
6. Hjartaõ Hamast (Bamm Bamm Bamm) (07:10)
7. Viõrar Vel Til Loftárasa (10:17)
8. Olsen Olsen (08:03)
9. Ágaetis Byrjun (07:55)
10. Avalon (04:02)
Ágætis Byrjun
Introdotto da un bizzarro artwork rappresentante un feto alieno sospeso in un’atmosfera di quiete e di delicato torpore, Ágætis Byrjun costituisce un onirico viaggio verso la dimensione umana più intima e meditativa, proiettando il timbro dei Sigur Rós verso il terzo millennio.
Opera complessa e densa di contenuti introspettivi che ben ritraggono il cromatismo del gelido paesaggio islandese, Ágætis Byrjun si materializza come un inedito esperimento musicale, maturato attraverso una travagliata genesi prolungatasi per due anni per via dell’assestamento finale della line-up.
Assimilando le divagazioni Post-Rock dei Godspeed You Black Emperor! e fondendole con il gusto minimalista che permea l’anima nordica, i quattro folletti di Reykjavìk plasmano un suono opaco e soffuso, distanziandosi fortemente dai timidi vagiti di Von.
L’eterea venatura a cavallo tra Ambient e Dream Pop che traspare in ampie sezioni del platter si pone come il trademark di una formazione in grado di accostare esistenzialismo e speranza, nostalgia e tensione verso il sublime.
Il tono di Jónsi Birgisson appare fin dall’episodio di apertura, Svefn-G-Englar, come lo strumento portante dello spirito Sigur Rós, traghettando l’ascoltatore verso un soffice e posato gelo dei sensi.
Neppure la celeste esplosione di Starálfur risulta priva della componente elegiaca che domina la poetica della band poiché il toccante intreccio di archi e pianoforte raffigura il substrato su cui va a condensarsi la fievole nebbia nordica tessuta dai sintetizzatori; i Sigur Rós giocano il ruolo di sperimentatori anche a livello di ritmo, poiché la quasi totale assenza degli accompagnamenti non snatura lo spontaneo andamento di un brano costruito su intricate architetture armoniche.
E se Flugufrelsarinn appare come una più marcata presa di coscienza da parte del gruppo, per via della crescente sicurezza assunta a livello timbrico, Ný Batterí si evolve come un meraviglioso capitolo di matrice Post-Rock, in cui i protagonisti divengono i monologhi di fiati ed i sonori patterns di batteria.
Folli reinterpretazioni di trascorse tradizioni musicali trovano spazio in Hjartað Hamast, prima di giacere sepolte dai magici silenzi di Viðrar Vel Til Loftárása, ballata minimalista scalfita da commoventi temi di pianoforte, che dipingono un’atmosfera di dolce drammaticità con tavolozze timbriche sconosciute al panorama alternativo europeo.
Anche la più canonica ed oscura Olsen Olsen si presenta come percorso concettuale carico di elementi visuali, in equilibrio tra reminescenze folcloristiche e derive cosmiche.
La title-track Ágætis Byrjun e la vacua Avalon riassumono infine gli elementi costitutivi il rinnovato vortice Sigur Rós, descrivendo i contrasti di luci ed ombre ed i conflitti tra sapore etereo e aura noir: il contesto monumentale che un album come Ágætis Byrjun esplora nella sua complessa struttura è una peculiarità assai rara da rilevare nelle opere contemporanee, poiché solo nelle scene musicali libere dalla logica del mercato la qualità del prodotto può raggiungere livelli eccelsi.
Pubblicato in Islanda nel 1999 sotto la Bad Taste Records, il disco vide la possibilità di espandersi verso il pubblico estero solo l’anno successivo, dando avvio alla magica favola dei quattro folletti islandesi che hanno gradualmente trasformato gli stilemi del panorama d’avanguardia, conciliando esperienze musicali di simile derivazione, quali Post-Rock, Dream Pop, Ambient attraverso una cerebrale ma naturale ricerca sonora, ricca di eleganza e di predilezione per le sezioni sinfoniche.