- Katsuhiko Maeda - Tutti gli strumenti
1. The Divine Comedy Reverse
2. Les Enfants du Paradise
3. Teen Age Ziggy
4. Decalogue Minus 8
5. Ulysses Gazer
6. Helter Skelter Cha-Cha-Cha
7. Galaxy Kid 666
8. Bohemian Purgatory Pt. 1
9. Bohemian Purgatory Pt. 2
10. Bohemian Purgatory Pt. 3
11. Der Spiegel Im Spiegel Im Spiegel
12. The Offering Inferno
13. Unfinished Finale Shed
Seven Idiots
Seven Idiots segna il ritorno sulle scene di World's End Girlfriend, monicker con cui il giovane chitarrista giapponese Katsuhiko Maeda è noto tra gli ascoltatori più emancipati e di nicchia, su cui ha saputo far colpo grazie alla sua interessante commistione di elementi sinfonici e classici, con tessuti synth-pop ed elettronici, rivelandosi come uno dei progetti più particolari degli ultimi anni.
Quest'ultimo capitolo non tradisce le aspettative e si conferma come un lavoro eclettico e stimolante, come si può ben osservare già dal singolo di lancio Les Enfants du Paradise: Katsuhiko Maeda si diletta nell'unire i generi più disparati, senza però risultare eccessivamente massimalista o forzato; i vari elementi (le orchestrazioni sinfoniche e gli arrangiamenti opulenti classici, i duri riff metal di chitarra, le melodie pop e orecchiabili, le sfuriate elettroniche quasi electro-industrial) sono inseriti sapientemente, senza ridursi ad un'accozzaglia di frammenti di brani diversi, ma diventando una rielaborata sovrapposizione dei vari segmenti, in modo da comporre un tessuto molto più personale, condito a sua volta dal tocco tipico della j-music degli ultimi anni.
Che sia in magniloquenti collage elettronici (come nella breve intro al disco The Divine Comedy Reverse) o in più esuberanti ed orecchiabili pezzi visual kei conditi di synth e assoli metal (Teen Age Ziggy), la capacità di Seven Idiots di affascinare l'ascoltatore con sound sempre diversi ma egualmente accattivanti è indiscutibile: Maeda riesce infatti ad unire ritmi percussivi EBM e giocose melodie jazz/prog di sassofono à la Gong a melodrammatiche tastiere classiche (Decalogue Minus 8) in maniera naturale e divertente, facendo apparire uno studiato e complesso processo di composizione - che come modus operandi sfiora anche il free-jazz in vari momenti - come un semplice gioco, grazie anche alle melodie catchy di tradizione j-pop che permeano gran parte della musica dell'album.
Talvolta l'operazione di cross-over risulta nevrotica da far pensare anche ad influenze math rock (Ulysses Gazer) e, in alcuni momenti, raggiunge vette di giocosità tanto da ricordare l'opera dei Battles in Mirrored (Galaxy Kid 666), anche se non mancano gli episodi con una certa austerità e serietà d'esecuzione, in cui la formazione classica viene alla ribalta più apertamente: è il caso della suite in tre movimenti di Bohemian Purgatory, un vero e proprio aggiornamento delle sinfonie classiche nell'era della musica elettronica e rock, contaminate da fiati jazz, percussioni EBM e distorsioni cacofoniche di chitarra oppure semplicemente riproposte in uno stile molto vicino a quello tradizionale. Poste alla chiusura del disco si trovano Der Spiegel Im Spiegel Im Spiegel, con fiati alla Anthony Braxton ed un song-writing à la Pop Group, e The Offering Inferno, 8 minuti di rumori e distorsioni elettriche; infine, chiude Unfinished Finale Shed, dove si fanno vive le influenze post-rock.
La croce e delizia del disco stanno proprio in questa spasmodica ricerca della sperimentazione e del cross-over: se da un lato gli ascoltatori amanti delle sonorità ultra-contaminate possono facilmente apprezzare questo lavoro, dall'altro chi non è abituato a simili composizioni può invece rimanere spiazzato dall'eccessiva varietà dell'album, contando anche il minutaggio del disco che potrebbe renderlo difficilmente digeribile. Ciononostante non si può certamente negare la grande creatività e il coraggio che permea tutto Seven Idiots, che rimane un disco decisamente interessante fra quelli usciti finora quest'anno.