- Jon Oliva - voce, tastiera
- Criss Oliva - chitarra
- Keith Collins - basso
- Steve Wacholz - batteria
1. The Dungeons are Calling
2. By the Grace of the Witch
3. Visions
4. Midas Knight
5. City beneath the Surface
6. The Whip
The Dungeons Are Calling
Sull’onda del crescente successo dopo il debutto Sirens, i Savatage pubblicano ad un solo anno di distanza il loro secondo disco, The Dungeons are Calling, in cui fra l’altro ci sono i brani dell’EP d’esordio City beneath the Surface (tranne Sirens) rifiniti e ri-registrati.
L’album è ovviamente sulle stesse sonorità di Sirens, e quindi abbiamo una grezza scarica di durezza e di graniticità, ogni canzone è rude, decisa, diretta e accattivante. Ci sono differenze in un concept lirico oscuro e sinistro che privilegia un fantasy più malvagio, quello dagli eroi più selvaggi e i mostri più spietati. In più alcuni interventi di sintetizzatore a supporto delle tematiche fantastiche, a cominciare dalla titletrack iniziale.
Partendo con questa canzone, dura ma anche particolare per via delle tastiere e degli arpeggi acustici, si passa poi alla memorabile By the Grace of the Witch, hit di lunga data per i Savatage, con il suo favoloso e accattivante riff. Visions è una cavalcata veloce e impetuosa mentre Midas Knight è, anche per via dei suoi arpeggi clean, più atmosferica, anche se non manca di sfoderare riff potenti e marcati. La tanto famosa City beneath the Surface si apre con dei giri di sintetizzatore che riempiono lo scenario totalmente, per poi cedere il posto alle distorsioni brucianti di Criss e agli acuti di Jon Oliva. Steve “Dr. Killdrums” Wacholz fa la parte da leone più che mai con il suo pesante impianto ritmico, Il brano rimase una delle hit più titolate dei Savatage per molti anni.
L’ultima The Whip è ancora più energica ma non dice troppo di diverso rispetto agli altri brani, in compenso è, per via del suo testo sadomaso, abbastanza divertente, soprattutto quando Jon esclama “the whip is gonna get you” che lascia presumere facilmente cosa intenda...
Dopo soli vent'otto minuti c’è un’aria fitta di energia e un immaginario costituito da sterminate prigioni sotterranee cariche di malignità: cosa fare per sopperire alla prematura interruzione della scarica sonora? Non si può che far ripartire il disco da capo e immergersi nuovamente nei dungeons dei Savatage, oppure reperire una delle innumerevoli riedizioni con le bonus track che proseguono l’intera strada percorsa dai fratelli Oliva in quest’album. Fra le varie ristampe si gustano chicche come la grandiosa Metalhead e le storiche Before I Hang e Stranger in the Dark (Silver edition); oppure le ottime Living on the Edge of Time o Target (queste invece nella Silver edition di Sirens). Le aggiunte valgono eccome.
In conclusione, anche se la qualità c’è tutta questo disco si posiziona qualche gradino al di sotto rispetto al debutto sia per la troppa brevità (meno di trenta minuti, anche se ti tirano su) sia perché, sintetizzatori a parte, ne è ancora troppo simile e quindi non è immune al confronto.
Si tratta in ogni caso dell’ennesima conferma per i Savatage che iniziano a farsi conoscere in più di un ambiente, fino a quando, dopo la pubblicazione dell’album, un agente contatta la band proponendo loro di firmare un contratto con la Atlantic Records, prima vera major dei Savatage. Sarebbe stato l’inizio di una collaborazione proficua almeno inizialmente, con la pubblicazione di Power of the Night che avrebbe riscosso il solito successo, ma che avrebbe visto anche momenti più difficili con l’imposizione da parte della casa discografica del sound da adottare in Fight for the Rock.
Ultimo aneddoto: ancora una volta, con The Dungeons are Calling, compare quel misterioso bollino del parental advisory, di cui il motivo per l’assegnazione rimane tutt’ora ignoto. Se chiedeste a Jon il perché di quell’etichetta vi risponderebbe, ridendo, che probabilmente non lo sa neanche chi ce l’ha messo su.