- Jon Oliva - voce e piano
- Criss Oliva - chitarra
- Steve “Dog” Wacholz - batteria
- Johnny Lee Middleton - basso
- Chris Caffery - chitarra, tastiera
1. Of Rage and War
2. Gutter Ballet
3. Temptation Revelation
4. When the Crowds are Gone
5. Silk and Steel
6. She’s in Love
7. Hounds
8. The Unholy
9. Mentally Yours
10. Summer’s Rain
11. Thorazine Shuffle
12. Hounds [live] (bonus track dell’edizione SPV)
13. Temptation Revelation/When the crowds are gone [live] (bonus track dell’edizione SPV)
Gutter Ballet
Accadde successivamente all’uscita di Hall of the Mountain King nel 1988: dopo aver reclutato come spalla nei concerti il chitarrista Chris Caffery (che sarebbe rimasto anche nelle registrazioni in studio), nel tour americano di Ronnie James Dio, a far compagnia ai fratelli Oliva & compagni c’erano i Megadeth di Dave Mustaine. E i Savatage non si sentivano delle semplici band di supporto, soprattutto Jon che non risparmiava tempo nel raccontare di come da giovane era cresciuto leggendo a proposito di Ozzy Osbourne, dei Motorhead e di “tutte quelle pazze band che vivono lo stile di vita del Rock and Roll ogni giorno”. Jon Oliva sentiva dal vivo tutto ciò, e imbracciò definitivamente la “via del Rock and Roll” proprio in quel tour. Leggenda (testimonianze scritte del fidato produttore O’Neill con reports di Dan Campbell, tecnico del suono di Criss Oliva per otto anni) vuole che Jon stesse osservando i Megadeth rilassarsi davanti ad una puntata dei Jetsons, mentre Dio era appartato in tranquillità: “Non voglio essere così. Voglio conoscere persone; voglio suonare; voglio respirare l’aria; non ho intenzione di essere una rockstar di carta”, fu la sua famosa frase. Tuttavia gli eccessi portano sempre male, e insieme a Mustaine iniziò una gara a chi combinava più casini. Il risultato fu un ricovero per overdose, tempestivo per fortuna, che diede modo alla sregolata voce di ripensare a tutto ciò che aveva passato. Incontrò anche personalità come Eric Clapton e l’attore Ben Vereen, e incontri come questi si impressero a fondo in lui. Fu a questo punto che iniziò la lunga e prolifica serie di canzoni che affrontano appunto il problema della droga, tastando l’argomento con una personalità poetica che pochi hanno; quelle che riuscì a scrivere nell’occasione erano già un primo abbozzo che sarebbe rimasto nella storia della band.
Insieme alle altre traccie che avevano preparato, l’album risultante venne chiamato Temptation Revelation, ma era un nome temporaneo: un bel dì il fidato produttore Paul O’Neill offrì a Jon e a Wacholz dei biglietti per un musical di Broadway sul Fantasma dell’Opera. Al ritorno dallo spettacolo, Jon era completamente rapito ed estasiato, e ottenne un’altra ventata d’ispirazione che lo portò a comporre l’introduzione di pianoforte di Gutter Ballet (per poi completare l’arrangiamento con il lato hard & heavy insieme a Criss), il brano che rinominò l’album; di seguito, il pianoforte venne incluso anche in altri brani. Questo è il preludio alla famosa “rock opera” per cui i Savatage sono rimasti impressi nella storia dell’Hard & Heavy, nonché la stesura finale di quello che molti reputano una delle migliori testimonianze musicali di sempre della formazione di Tampa. Il disco è stato come al solito scritto interamente dai fratelli Oliva, con Jon e la sua acida e personale voce che al contempo diverse volte duetta al pianoforte con i riff e gli assoli di Criss, che evolve la sua direzione musicale diventando più elegante e classicheggiante anche quando è completamente preso dalla rabbia Heavy. Gutter Ballet è strettamente connesso al precedente album, ma in qualche modo è pure diverso. Ma soprattutto è l’unione di parti opposte: una tempesta di classe, di melodia, ma anche di feeling ed energia, di assoli acuti e di riff ustionanti; un ballo maestoso ed incalzante che si apre il largo fra fogne e marciapiedi decadenti che nascondono cose che ci riguardano direttamente ma di cui abbiamo timore a pensare; una danza poetica nel fango; un balletto di strada; una carezza di seta che nasconde un’anima d’acciaio. I riff di Criss si susseguono ora veloci e graffianti, ora in perfetta simbiosi con la pura eleganza del pianoforte di Jon. È la ruvida poesia dei testi, scritti in collaborazione con O’Neill, il tocco finale che completa l’album. La meravigliosa cover di Gary Smith sembra suggerire molto di questo: un salotto imponente e estremamente lussuoso, con un pianoforte in primo piano. Ma in questo salotto si avvicendano le scie di alcuni spettri, in evidenzia fra tutti quello di una ballerina che balla e quello di un musicista che regge una chitarra. E osservando attentamente si possono scorgere che le varie statue e rilievi nei muri sono tutti di creature spaventose.
L’inizio dell’album è affidato a Of Rage and War, brano ancora molto vicino ad Hall of the Mountain King con un occhiolino che strizzato alle ritmiche dei Metallica più melodici, crudo e bruciante attacco lirico che non si risparmia anche quelle che erano le prime ed uniche parole esplicite dei Savatage, in un testo ancora oggi potremmo dire molto attuale. Subito dopo è la titletrack Gutter Ballet e qui comincia il vero vivo dell’album. Jon e Criss duellano con enorme classe con i rispettivi strumenti, ma facendo trasparire la fondamentale simbiosi musicale fra i due strumentisti. Il terzo brano è l’ex-titletrack, Temptation Revelation, strumentale classicheggiante dove i due fratelli con grande eleganza dominano l’intera scena immergendo l’ascolto in un ambiente sognante, epico, ma anche nostalgico. La famosa ballad hard rock When the Crowds are Gone è il passo successivo: una delle canzoni più ricordate dei Savatage, malinconica ed evocativa, testimonianza anche di come la chitarra distorta di Criss possa ugualmente creare sonorità più dolci ed emotive. Famosissimo è il passo del testo che recita:
“I never wanted to know, never wanted to see, I wasted my time till time wasted me, never wanted to go, always wanted to stay, ‘cause the persons I am are the parts that I play, so I plot and I plan, hope and I scheme, to the lure of a night, filled with unfinished dreams, I’m holding on tight to a world gone astray, as they charge me for years, I can no longer pay.”
Sarebbe stato anche riutilizzato in seguito in altre canzoni dei Savatage, ma questa è un’altra storia.
Breve intermezzo con Silk and Steel, una rara testimonianza acustica di Criss (scritta con la collaborazione di Paul Silver): note leggere e vellutate come la seta per l’appunto, ma su arpeggi taglienti come l’acciaio. Ora tocca a She’s in love, quasi Power Metal, veloce ed abrasivo e da un testo provocante dalle forti allusioni erotiche. Viene ora l’oscuro arpeggio clean di Hounds, il brano più dark dei Savatage, che in non molto tempo lascia il posto a riff ispirati dal proto-doom dei Black Sabbath e a due assoli velocissimi e affilati come rasoi. The Unholy è un altro brano che per la velocità e la potenza si avvicina al power, ma che a differenza di She’s in love è più celestiale e, grazie anche alla novità dei cori di “unholy monks” (come li chiama O’Neill) nei refrain e nella chiusura, epica. Questi cori particolari erano un dubbio per Jon e Criss, visto che erano particolarmente abusati dalle band hair metal degli anni ’80, ma decisero di mantenerli perché quando messi al posto giusto erano molto suggestivi e, in questo caso, erano proprio stati messi al posto giusto. Mentally Yours parte con un dolce giro di pianoforte (originariamente pensato per chitarra acustica) che inganna facendo pensare ad una ballad, ma presto il brano si mostra con i suoi riff corrosivi, la voce rude di Jon e l’assolo maideniano. È una canzone che porta in sé la storia di un amico di Wacholz, chiamato Tim, il classico “weirdo” che finì tragicamente la sua vita sotto un albero d’arancio per overdose. La nostalgica Summer’s Rain è veramente una ballad, dello stesso stampo di When the crowds are gone e senza nulla da invidiarle. Ed è probabilmente il picco più emozionante dell’album, soprattutto quando compaiono per breve tempo dei violini di sottofondo. Thorazine Shuffle è oscura quasi quanto Hounds ma è anche più diabolica. Parla di alcune esperienze di Jon in Minnesota, e si concentra su aspetti più mentali e introspettivi.
Non c’è molto altro da aggiungere su Gutter Ballet, se non che ogni appassionato dell’hard & heavy propriamente detto è obbligato ad espandere le proprie conoscenze incontrando anche il lato raffinato persino nelle schitarrate più brucianti dei Savatage.
Qualche lato negativo? Diciamo la voce di Jon, incapace di sostenere gli acuti, e per questo spesso fin troppo rauca e strozzata, togliendo molto ai brani, soprattutto nei concerti come era sua stessa ammissione. Forse ad alcuni il lato più melodico dei Savatage può apparire troppo barocco e smielato, ed è un peccato: si perdono dei monumenti della musica rock non solo americana, ma mondiale.