- Simone Bigliani - voce
- Fabio Serra - chitarre e cori
- Massimiliano Biglieri - tastiere
- Bruno Borello - basso
- Simone Villati - batteria
1. Intro/Irraggiungibilmente liberi
2. Vai
3. Parole mai dette
4. Gli occhi di un'altra lei
5. Giubbotto in pelle nera
6. Volo libero
7. Vetrine
8. In mezzo al niente
9. Ritratto di te
10. La dolce età
11. L'aquilone
Parole Mai Dette
Il chitarrista Fabio Serra ed il bassista Bruno Borello rappresentano lo zoccolo duro dei Roccaforte, band piemontese, nata nel 1992 tra le province di Asti ed Alessandria, che insieme al batterista Simone Villati, ancora presente in formazione, Massimo Biglieri alle tastiere e Simone Bigliani alla voce, entrambi non più del gruppo, hanno dato alle stampe nel 2006 il loro primo album, Parole Mai Dette.
Si denota subito una certa professionalità su un lavoro che a tratti sa essere piacevole, ma che mostra ancora un song-writing da affinare e perfezionare, e soprattutto la band piemontese dà come l'impressione di essere ancora indecisa su quale deve essere la strada da percorrere. Infatti, se la prova strumentale è ineccepibile, ottima in particolare la performance di Serra alla chitarra, specie quando si aumentano i ritmi si cimenta in veloci e convincenti soli, e la sezione ritmica della coppia Borello-Villati, un po' meno convince nel contesto l'interpretazione morbida e talvolta fin troppo leggera di Bigliani, che al contrario mostra di trovarsi maggiormente a suo agio con linee vocali più soft, creando così una sorta di conflitto nel sound della band piemontese, conflitto amplificato dal mixaggio che tende a metter troppo in risalto la parte vocale a discapito della sezione ritmica.
Invece la fase compositiva sembra risentire di una certa indecisione o confusione, come se i Roccaforte fossero sospesi nel dubbio di cercare la strada che più facilmente potrebbe condurre a quel successo più volubile e di breve durata della classica canzone leggera "sanremese" all'italiana o tentare invece qualcosa di più ricercato e complesso che permetta loro di lasciare il segno nella storia del rock italico.
Naturalmente la nostra speranza è che i Roccaforte scelgano questa seconda via, in fondo oltre alla buona prova strumentale, a far ben sperare in tal senso sono le piacevoli contaminazioni progressive ed alcune accelerazioni in stile hard rock, peraltro magnificamente resi dal guitar-work di Serra e dalla sezione ritmica, presenti in questo loro primo album. In tal senso promettono bene pezzi come Vai, costruito su una buona melodia dal forte sapore retrò favorito anche dall'interpretazione del singer, una song a metà tra Matia Bazar e Nomadi, Giubbotto in pelle nera, dove il chitarrista si lancia in virtuosismi davvero notevoli, e soprattutto il progressive, con quel finale veloce e quasi sfrenato, della strumentale Volo libero o il prog settantiano di In mezzo al niente, brano malinconico e solenne, mentre chiare sono le contaminazione progressive anche in La dolce età, non a caso un altro tra i brani migliori del lotto.
Purtroppo però altre canzoni come ad esempio l'opener Irraggiungibilmente liberi, Gli occhi di un'altra lei o la ballata Vetrine, pur risultando più immediate ed orecchiabili rendono l'intero lavoro un po' floscio e poco rock, e sembrano appunto virare verso sonorità troppo leggere e scontate.
Ricercare un sound più roccioso ed insistere maggiormente sul loro lato più progressive potrebbe essere la giusta cura per la band piemontese, inoltre la sostituzione del pur bravo cantante, che nonostante la sua bella voce e l'estensione vocale sembra più adatto ad altri generi, potrebbe giovare, infatti la sua interpretazione leggera e dal gusto retrò poco si addice alla causa rock.