- Julian Laur De Manos - voce
- Danny Pavicic - chitarra
- Kevin Scharf - basso
- Philipp Wulf - batteria
1. The Dead In Disguise (01:23)
2. Stone And Glass (02.04)
3. If There's A Hell We Are All Going Down (01:38)
4. Wolves (02:11)
5. The Escape (01:50)
6. Actress, Little Actress (02:00)
7. One Foot In The Grave (02:58)
8. Anchor (02:00)
Wolves
Da tempo la scena Hardcore tedesca è in fermento e numerosissime sono ormai le band che nascono dal folto sottobosco teutonico. I Ritual, ad esempio, provengono da Recklinghausen, dove si formano nell’estate di due anni fa. In breve tempo i quattro ragazzi incidono i primi pezzi, che finiscono su One Foot In The Grave, sette pollici pubblicato dalla Drastic Actions Records nel dicembre 2005. In seguito i Ritual si dedicano all’attività live, offrendo agli appassionati tedeschi molti intensi show dal vivo. Nel giugno 2006 vede luce il primo full lenght targato Ritual: Precious Time (Blacktop Records - Fields Of Hope Records), seguito, qualche mese più tardi, dal sette pollici Wolves. E’ proprio quest’ultimo lavoro che la Still Life Records ha deciso di ristampare, su CD, con l’aggiunta di un pezzo inedito e di tutte le tracce incluse su One Foot In The Grave.
L’EP, la cui durata complessiva si aggira intorno ai diciotto minuti, si suddivide appunto in due parti: le prime quattro tracce risalgono infatti al 2006, mentre le restanti (esclusa l’ultima) al 2005. L’Hardcore dei Ritual, non senza evidenti influenze Metal, imprime il giusto ritmo fin dall’iniziale The Dead In Disguise: l’incedere non è tiratissimo, ma le chitarre hanno un suono lacerante e Julian, dietro al microfono, sputa in faccia all’ascoltatore tutta la sua rabbia. Sebbene il connubio fra Hardcore e Metal sia spesso oggetti di critica da parte dei puristi, qui non c’è traccia di quei tipici elementi tanto in voga attualmente, anche perché si tratta pur sempre di Hardcore Newschool e non di Metalcore.
Nel corso degli anni i Ritual si sono guadagnati la stima della scena Hardcore germanica anche grazie alla propria attitudine Straight Edge ed all’attivismo in materia di diritti animali. Questo non può che rendere Wolves un lavoro ancor più stuzzicante per tutti gli appassionati. L’aspetto musicale non tradisce le aspettative nemmeno nella seconda parte dell’EP, dove i suoni si fanno più grezzi e la violenza, se possibile, ancora maggiore. Il sound di The Escape, Actress, Little Actress e One Foot In The Grave si avvicina moltissimo a quello delle prime quattro track, a dimostrare che l’evoluzione non è di casa nell’Hardcore. Ultimo capitolo di Wolves è Anchor, registrata nel febbraio 2007 proprio in vista di questo lavoro. Si tratta di una cover dei Chokehold, storica Straight Edge - Vegan band canadese. Anchor è il pezzo più lungo dell’EP e permette ai Ritual di mostrare tutto il proprio potenziale. L’effetto è a dir poco devastante, specie nella frazione conclusiva.
Come al solito la Still Life Records ci consegna un prodotto ottimamente realizzato, sia per quanto concerne l’aspetto musicale che per quello tecnico (da menzionare il libretto, di grande impatto). Se Wolves è soltanto un assaggio di quelli che sono realmente i Ritual, allora possiamo davvero sperare per il futuro di questa giovane band tedesca. Le premesse ci sono tutte.