Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
EMI/Capitol
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Thom Yorke - voce, chitarre, tastiere
- Colin Greenwood - basso
- Jonny Greenwood - chitarre, tastiere
- Ed O'Brien - chitarre
- Phil Selway - batteria

Tracklist: 

1. Everything in its Right Place
2. Kid A
3. The National Anthem
4. How to Disappear Completely
5. Treefingers
6. Optimistic
7. In Limbo
8. Idioteque
9. Morning Bell
10. The Motion Picture Soundtrack

Radiohead

Kid A

Thom Yorke e soci non si sono mai fermati, ma anzi hanno sempre stupito con la loro capacità di stravolgere la loro musica e trarne fuori sempre delle pietre miliari della storia Rock inglese. Il loro coraggio è emerso in tutta la sua forma nel 2000 con Kid A, lavoro controverso per la band, che da un lato accolse gli elogi di parte della critica specializzata e del pubblico per il suo concetto elettronico d’avanguardia, l’enorme voglia di osare e la sperimentazione progressiva del loro rock ormai stravolto, decostruito e rimontato completamente; dall’altro annoiò chi, come i fan di vecchia data, maggiormente legati ai primi dischi, diffidò dell’opera di quest’album tanto diverso dal pop/rock degli esordi, rimanendo tediati e delusi da questa nuova fatica e facendo così venire alla luce uno scetticismo che veniva covato già con i momenti più relativamente sperimentali di Ok Computer.

Ma gruppi che hanno creato in un così esiguo numero di dischi delle opere tanto diverse sono più unici che rari, ed è comprensibile che la fascia degli ascoltatori di musica più easy listening possano non apprezzare un cambiamento tanto netto così come non riescano a digerire sonorità molto più sperimentali, ambientali, psichedeliche, malinconiche e aliene del brio spontaneo di un Pablo Honey o della genuinità melodica di un The Bends.
Ciò che però viene ingiustamente ignorato in questo modo è il merito dei Radiohead di non rimanere legati ad un canone, di ridare linfa vitale al settore mainstream in un decennio spesso accusato di difettare di innovazione, originalità e personalità, di classici di qualità, di band valide - solo perché ci si ferma alla buccia esterna del panorama inglese dove si raccolgono le proposte più banalizzate e derivative da clichè stilistici abusati, senza provare ad esplorare nuove realtà musicali.

In questo Kid A, i Radiohead rielaborano l’ambient di artisti come il seminale Brian Eno (strizzando l’occhio anche alle sue collaborazioni con gli U2), l’elettronica intelligente di compositori come Aphex Twin o Autechre, la progressività tedesca del kraut rock; rimodellano il tutto mescolandoci l'esperienza di trent’anni di Rock inglese e versando il tutto su di uno stampo di fattura inedita, ritmato, apparentemente gelido ma fortemente meditato.
Le strutture delle canzoni si distaccano sempre più dalla forma-canzone canonica, il minimalismo compositivo catalizza l'aura quasi funerea (ma filtrata in un'ottica "futurizzata" e alienata) del disco, la liricità raggiunge picchi di ermetismo che esaltano il lato più psichedelico del gruppo.
Sarebbe stato semplice replicare successi come Street Spirit o Karma Police, crogiolandosi sugli allori della popolarità: invece il gruppo inglese stravolge tutto sfidando anche sè stesso.
Kid A è una perla dell’Indie elettronico con strutture progressive e tappeti atmosferici depressivi e nostalgici su di un’anima tanto alternativa quanto eclettica e contemplativa nel songwriting mai come ora malinconico e meditato. I Radiohead si chiudono nello studio rimanendo a contatto soltanto con la propria coscienza e il proprio intelletto musicale e danno vita a dieci canzoni che riflettono il loro pensiero ormai giunto al climax del minimalismo; a completamento, il concept di fondo, che parrebbe riferirsi alla bio-ingegneria e al primo bambino clonato (con vari indizi a riguardo) ma che, non essendo esplicitamente certo ed essendoci troppi elementi nel paniere, ha spesso fatto discutere chi ha provato ad interpretare il tutto.

Dunque veniamo introdotti all’album dalle tastiere spaziali di Everything in its Right Place, l’inizio di un’oasi di tranquillità nel caos del mondo moderno, che viene espansa ulteriormente nella titletrack dove le atmosfere psichedeliche si accentuano maggiormente e la voce di Yorke, filtrata in modo tale da renderla nasale e “anestetica”, trasmuta il tutto in una malinconia distaccata, e la batteria campionata è fredda e distaccata nel contribuire col suo impianto ritmico. I tappeti atmosferici di tastiera sul finire sono le decorazioni aggiuntive sulla torta, concretizzando ancor di più la particolare atmosfera evocativa. Un brevissimo effetto finale a cavallo con The National Anthem introduce il basso trascinante spalleggiato dalle consuete tastiere siderali. Di graditissima presenza gli strumenti a fiato jazzistici che entrano in scena sulla metà del brano, che si amalgano con tutto il resto e al tempo stesso mantenendo una vita propria. La ballata How to Disappear Completely si costituisce su nostalgici chords acustici di sottofondo mentre la tastiera elettronica sequenzialmente compare con i suoi richiami malinconici ma onirici; rimane comunque un brano molto dolce. Un brano malinconico differente dalle atmosfere di Exit Music su Ok Computer, in cui si creavano sensazioni angoscianti ed opprimenti, ma non per questo non in grado di risaltare altrettanto, è infatti una delle canzoni più evocative di Kid A.
Sconfiniamo ora nelle immense profondità del cosmo con la strumentale Treefingers, e qui la tastiera centra più che perfettamente il compito di dipingere spazi sconfinati e solitari; alcuni ascoltatori l’hanno invece descritta come un perfetto sottofondo per un ipotetico acquario, e difatti si adatterebbe anche ad atmosfere del genere. A leggerne il titolo, Optimistic sembra quasi un ossimoro per i Radiohead: ma nulla di strano in realtà, una volta analizzato il concept di fondo. E qui i chords acustici sembrano davvero montare pezzo per pezzo qualcosa di vicino a ciò che i Radiohead intendono comunicare riallacciandosi al contempo (con le dovute proporzioni) ai Radiohead più classici. In Limbo è un ibrido dove la base ritmica si timbra di impronta jazzistica nel ricoprire il sottofondo musicale, come in un semi-lento del genere rielaborato e rienterpretato dai Radiohead. Gli effetti elettronici di sottofondo comunque sono preludio per il battito depressivo e oscuro di Idioteque, il brano più famoso dell’album e non senza merito per questo. Sebbene le sue atmosfere siano efficacissime anche in studio, il brano risalta ancor di più nel videoclip, dove Yorke impazzisce. Morning Bell parte dai consueti effetti elettronici di collegamento nella fine del brano precedente; il falsetto di Yorke si fa notare particolarmente per le sue melodie sofferenti, e il resto del gruppo costruisce attorno alla sua voce due basi musicali differenti, di cui una verrà riposta per un’altra occasione e l’altra confermata in quest’album, ma di questo parleremo più tardi. La chiusura di Kid A è assegnata a The Motion Picture Soundtrack, ennesimo gioiello, capace di rivitalizzare anche qualche locus amoenus delle melodie e farlo apparire perfettamente inserito e attuale. Un minuto dopo la fine del brano potrete ascoltare una melodia nascosta, della durata di sempre un minuto circa. Dopo di questa l’album è veramente finito e rimarrà il silenzio per quasi tre minuti.

Oltre a questi dieci brani i Radiohead ne composero altri undici (inclusa la seconda Morning Bell prima accennata), più "calde" ma anche più nichiliste, dall'approccio più rock-oriented e con un'anima psichedelica a tratti ancora più forte, e dove ricomparivano altre influenze jazz/swing in alcuni brani. Questi pezzi non vennero però inseriti in Kid A, ma, otto mesi più tardi, nel 2001, in un nuovo picco di malinconia, Amnesiac, la cui nota sul retro (“store away from sunlight; preferably in a dark drawer with your secrets”) era tutta un programma, ed era anche il loro disco più cupo e di difficile accesso
Riuscendo però a liberarsi da ogni pensiero per assaporarne ogni singola nota, si scopriva un altro dei tanti parti del genio dei Radiohead. In quel 2000 Yorke, O’Brien, Shelway e i fratelli Greenwood si consacravano come una delle realtà più apprezzabili e significative fra quelle emerse dagli anni '90, riuscendo anche ad essere fra i pochi gruppi ad avere un rapporto qualità/fama costantemente alto e a stupire con elaborazioni musicali tanto profonde ed innovative. L'unico difetto è che l'accessibilità di lavori come Kid A non è per tutti, anzi, può risultare ostica, precludendo così a molti l'apprezzamento genuino del full-lenght.
Per finire, è ottima cosa leggere qualcuno dei loro testi, piccole perle espressive che forse non è esagerato definire “poesie”.

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