- Thom Yorke – vocals, rhythm guitar, piano, electronics
- Jonny Greenwood – lead guitar, string arrangements, electronics, sound effects
- Ed O'Brien – guitar, backing vocals, keyboards, percussion, effects
- Colin Greenwood – bass, synthesizers, electronics
- Phil Selway – drums, percussion,
1. 15 Step
2. Bodysnatchers
3. Nude
4. Weird Fishes/Arpeggi
5. All I Need
6. Faust Arp
7. Reckoner
8. House of Cards
9. Jigsaw Falling into Place
10. Videotape
CD2 (disponibile dal dicembre 2007):
1. MK 1
2. Down Is the New up
3. Go Slowly
4. MK 2
5. Last Flowers
6. Up on the Ladder
7. Bangers and Mash
8. 4 Minutes Warning
Curiosità: sono passati dieci anni da quando Ok Computer si impose nel mondo pop/rock inglese, In Rainbows (titolo composto da dieci lettere) è stato rilasciato il 10 ottobre (10/10) del 2007 con il sistema di download dal sito tramite dieci server diversi dopo averlo annunciato a sorpresa dieci giorni prima, ed il lavoro è composto da dieci canzoni. Una simpatica trovata degli inglesi sul sistema binario, a cui potremmo anche aggiungere alcuni giochini nascosti nei criptici messaggi rilasciati dai radiotesta periodicamente sul loro sito nel periodo precedente l'uscita, ma che omettiamo per motivi di spazio e semplicità.
P.S. ah, e il titolo provvisorio per Ok Computer durante la sua composizione era "Zeros and Ones"...
In Rainbows
E' giunta finalmente l'ora del nuovo parto in casa Radiohead, inizialmente previsto solo per l'inizio del 2008 dopo l'ennesimo rinvio ma a sorpresa rilasciato già su Internet nell'ottobre del 2007. Stiamo parlando di In Rainbows, davvero una "fatica" se si pensa ai problemi con la label che ne hanno causato più volte lo slittamento della data di pubblicazione.
La novità è il particolare sistema di distribuzione del disco, scaricabile dal loro sito ad un prezzo scelto dall'utente, ed è proprio quest'ultimo fatto della distribuzione ad aver fatto parlare tantissimo di sé: aggirando le annose beghe contrattuali con la EMI con cui non avevano trovato l'accordo e come tirando uno sgarbo a tutta l'industria del music-businness, i Radiohead hanno optato per il rilascio del disco sul sito, cosa già avvenuta in passato (ad esempio gli Smashing Pumpkins di Machina II) ma che assume una risonanza forte se si pensa che chiunque può decidere il prezzo da pagare, da un piccolo onesto contributo fino alle 0 £ (sottintesamente suggerite dagli inglesi per la loro stessa possibilità di scelta ad opera del consuamtore). Una versione disc-set con otto bonus track e vinili comunque sarebbe stata distribuita a dicembre al prezzo di circa 60 € nei negozi, per i collezionisti. Così, nell'era dell'informatizzazione e della digitalizzazione, dove i gruppi si autopromuovono su MySpace e i programmi di file sharing sono sempre più utilizzati, la speculazione sul mercato musicale inizia a sentire alcune tegole cadere sulla propria testa, lanciate proprio da uno dei gruppi di maggior successo nel mondo. In poco tempo, molti altri noti esponenti musicali come Jamiroquai, gli Oasis o Trent Reznor hanno annunciato di voler seguire quest'idea.
In verità, però, come sostiene Geoff Barrow dei Portishead, questa scelta rischia di svanire in una bolla di sapone: non tutti i gruppi possono permettersi di quasi regalare il proprio disco su Internet, MySpace può dare una mano solo fino ad un certo punto ed il passaparola su Internet non ha la stessa intensità del supporto dato da una label, alla fine per la stragrande maggioranza dei gruppi il sostegno economico e pubblicitario dato dalle case discografiche rimarrà necessario se non fondamentale. Un conto sono Radiohead o NIN, un altro gruppi più "di nicchia" e indipendenti. E professionalmente è discutibile anche l'ideale di "libera circolazione della musica" a cui molti ascoltatori puntano, come lo stesso Barrow ha dichiarato: "ah si? E' musica gratis? Beh, grande. Quindi, se voi poteste avere il nostro nuovo album senza pagarlo o per pochi spiccioli, vuole anche dire che io posso fare riparare il mio boiler gratis? Potrei dire al mio idraulico di farlo per l'amore della condivisione delle cose, o per combattere le malvagie multinazionali come la Zanussi. Sono sicuro che capirà e non mi farà pagare. Non ce l'ho coi Radiohead, sono davvero bravi e intelligenti. Ma sono sicuro che tra un po' tutto sarà più chiaro".
Come si suol dire, il tempo ci dirà chi avrà avuto ragione.
Ad ogni modo, In Rainbows verrà sicuramente ricordato anche per la sua gestazione: è stato infatti molte volte anticipato nei concerti, una canzone qui, una canzone là, ed inoltre è stato passo dopo passo quasi come "narrato" su Dead Air Space, il blog personale dei Radiohead. Qui i cinque di Oxford per due anni hanno inserito le loro riflessioni e i loro dubbi, mostrato probabili artwork, immagini, brevi filmati e sample audio, per non parlare dei vari messaggi da cifrare che negli ultimi mesi hanno stuzzicato la curiosità degli appassionati. Lentamente l'attesa è cresciuta, e le discussioni si sono fatte sempre più intrecciate, toccando soprattutto la questione della label (il mancato contratto con la EMI) e del produttore (inizialmente venne silurato lo storico Nigel Godrich in favore di Mark Stent, salvo poi ritrattare).
Quest'album è umile nella sua immediatezza, che traspare in ogni caso non subito ma dopo qualche ascolto. Non c'è voglia di perdersi in quella saturazione che un po' divise i fan quando uscì Hail to the Thief.
In Rainbows parte dalla negazione di ciò che forse era il neo dell'album del 2003: la tendenza a risultare pesantino e monotono dopo un certo punto. Al contrario, il nuovo disco si presenta molto più compatto, con meno canzoni ed un piglio più scorrevole e melodico. Senza fillers, per contro senza brani di rottura che rendano il disco vivace e imprevedibile. Un lavoro leggero e godibile, ma anche senza particolari episodi che rimangano impressi; soprattutto molto meno oscuro di quanto visto in passato, pur mantenendo quella espressiva caratterizzazione melodica che accompagna il personale stile dei Radiohead.
Nonostante l'inizio elettronico dell'ottima 15 Step possa trarre in inganno, nel complesso la composizione sonora tende a discostarsi dall'intessitura elettronica del lavoro precedente (pur non rinunciandovi, a dispetto dell'ipotesi che il disco solista di Yorke uscito nel 2006 fosse incentrato sull'elettronica proprio per l'intenzione di escluderla del tutto dal futuro dei Radiohead) orientandosi maggiormente verso quella acustica. Un po' come se negli ultimi anni di ricerca e composizione i Radiohead sono arrivati al punto di rinunciare a parte di certe caratteristiche che ormai sentivano come superflue e ridondanti, privilegiando anche un approccio più meditato e ricercato, che si manifesta tra l'altro nell'ottima produzione ma soprattutto nell'umore più tranquillo delle canzoni: non ci sono infatti pezzi fortemente d'impatto come 2+2=5, anche se l'accattivante Bodysnatchers sembra avvicinarsi (per via del saporito riff e del piglio orecchiabile e deciso, ma è comunque molto meno scatenata della parte finale dell'opening del disco precedente), né le inquietanti atmosfere di brani come The Gloaming o le "esplosioni" di synth di Sit Down Stand Up. Anzi, brani come la dolce e sognante All I Need (molto melodica e con sempre quelle aggiunte gustose e anche effettate a renderla particolarmente impreziosita, oltre che dai crescendo di emozionalità) sono abbastanza in antitesi rispetto a certi brani già sentiti cinque anni prima.
Ad eccezione forse proprio di 15 Step che mantiene atmosfere più alienanti del resto del disco, non c'è la cupa oppressione depressiva di Amnesiac, nè il profondo esistenzialismo di sfondo a Kid A, nonostante la dolce ma cupa Nude originariamente venne composta proprio nel 1999 (ed infatti si percepiscono reminescenze di quel periodo, ma la canzone è ora rivista e aggiornata). Piuttosto potremmo trovare alcuni punti di contatto con i momenti più placidi di Ok Computer ma tenendoci a distanza dai picchi d'intensità di Paranoid Android e dall'angoscia di Exit Music, per concentrarci sul lato pop-rock più pulito. Una revisione generale di certi elementi di un passato preciso che tocca quindi sia le composizioni che l'attitudine, reinterpretando tutto da un nuovo punto di vista più sereno.
Potremmo continuare su questo percorso con l'incalzante ma soffusa Weird Fish / Arpeggi o la dolce ballata pop Faust Arp: gli arrangiamenti sono raffinati e ben delineati, tant'è che non ci sono grosse cadute di tono nel corso dell'album, per contro non ci sono neanche canzoni particolarmente memorabili al punto da diventare classici del gruppo (il passo indietro in contrapposizione alla maggiore omogeneità e scorrevolezza).
Nel complesso sembra quindi più che altro un lavoro di transizione, senza lode e senza infamia.
Si prosegue intanto con Reckoner, fra archi e tastiere di sottofondo che accompagnano senza strafare il falsetto continuo di Yorke (che rievoca vagamente le linee vocali di I Might Be Wrong), portando molta emozionalità con assoluta fluidità, senza incappare in un minestrone melodico ridondante e senza capo né coda. Questa è una costante, In Rainbows è un disco che si riduce all'essenziale sonoro, evitando sovrabbondanze pur rimanendo abbastanza ragionato e molto ricercato. Nulla di troppo, le cose volute al punto più ottimale, in definitiva, e i Radiohead vi riescono senza patemi. Yorke sembra davvero vivo in quest'album, anche i testi ogni tanto parrebbero uscire dalle righe, viene da citare quel "I don't want to be your friend - I just wanna be your lover" della sognante House of Cards che lascerebbe un po' perplessi (ma dietro l'apparente banalità della frase potrebbe esserci qualche interpretazione nascosta magari ironica).
Jigsaw Falling into Place è una prova acustica pop leggera ma trascinante, molto probabilmente il brano più essenziale e diretto del disco, nonché un rimando a certi momenti del periodo The Bends e al britpop inglese di inizio anni '90.
Videotape conclude quest'album (o meglio, la prima parte in attesa del resto a dicembre), un brano sentito e nostalgico, incentrato sulla semplice e ripetuta melodia di pianoforte che perdura per tutto il brano. Il resto degli strumenti si aggiunge in misura lieve, quasi a non voler disturbare il motivo principale, ma lasciando il segno della propria presenza soprattutto per quanto riguarda l'effettistica, maggiormente fredda e meccanica in contrasto con lo spessore delle note del piano.
Chi si aspettava un ritorno che spazzasse via la scena, sorprendente e rivoluzionario, inaspettato così come oltre un lustro fa lo fu Kid A, insomma, un nuovo masterpiece dalla medesima imponenza dell'album del 2000, rimarrà sicuramente deluso. Chi invece ipotizzava un disco che fosse semplicemente senza tanti giri di parole nel descriverlo, senza chissà quali altisonanti ambizioni, soltanto un disco che suonasse tranquillo, lineare e compatto, allora avrà di che essere soddisfatto.