Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Enrico Pe
Etichetta: 
I.R.S.
Anno: 
1983
Line-Up: 

- Michael Stipe - voce
- Peter Buck - chitarra
- Mike Mills - basso
- Bill Berry - batteria

Tracklist: 

1. Radio Free Europe
2. Pilgrimage
3. Laughing
4. Talk About The Passion
5. Moral Kiosk
6. Perfect Circle
7. Catapult
8. Sitting Still
9. 9-9
10. Shaking Through
11. We Walk
12. West Of The Fields

R.E.M.

Murmur

Corrono i primi anni ottanta, scorre alcol e circola molta droga e il sesso “libero” non è ancora un problema, anzi le feste a base di sesso, droga e rock’n’roll sono sempre più frequenti e letali, anche in città apparentemente tranquille come Athens, Georgia. E’ qui che pochi anni prima due ragazzacci musicalmente poco dotati, ma con un bagaglio underground da fare invidia ad un critico esperto, si mettono insieme per formare scrivere qualche canzone originale. Questi sono Michael Stipe (voce) e Peter Buck (chitarra) che, con l’aiuto di un poli strumentista Mike Mills (basso) e Bill Berry (batteria) formano una band dal sound unico, che prende spunto sia dall’underground che dal pop più melodico. Il loro nome è R.E.M. e, dopo un singolo, Radio Free Europe, nel 1981, e un Ep, Chronic Town, nel 1982 ricevono i consensi da ogni parte d’America per il loro primo album, Murmur.

Il disco si apre col loro singolo d’esordio, quello che ha dato popolarità al gruppo girando per le radio universitarie: Radio Free Europe. Questa è una canzone che racchiude lo stile dei quattro di Athens, basso in primo piano, un'eco spettrale nel ritornello, una chitarra arpeggiata, batteria più che elementare e soprattutto niente assolo. Nonostante sia un pezzo più che elementare, per quanto concerne l’esecuzione, la composizione e l’arrangiamento sono a dir poco perfetti e rendono questa traccia d’apertura un gioiello del rock da non perdere. Pilgrimage è una canzone ancora più elementare della precedente dove il basso di Mills torna co-protagonista alternandosi nei ritornelli agli arpeggi Buck nelle strofe, ma l’elemento che rende la canzone speciale è senz’altro la bellissima melodia di Stipe, impossibile da dimenticare. Arrivati alla terza traccia si potrebbe pensare che i nostri di Athens siano un po’ troppo ingenui: intro basso/batteria, strofa arpeggiata, insomma la stessa ricetta della precedente, però non bisogna lasciarsi ingannare dalle prime note, infatti Laughing è un piccolo gioiellino per via delle sue melodie e del suo ritornello ripetitivo.
Talk About The Passion è la perla assoluta del disco, una ballata rock, quasi sentimentale, sfacciatamente pop, immortale nella dolcezza della voce di Stipe mentre canta di un amore troncato, mal interpretata da tutti fino a quando Stipe (stranamente) ha svelato l’arcano. Con Moral Kiosk il livello qualitativo scende leggermente anche se i contro cori e le trovate chitarristiche sono davvero belle. Un classicissimo arpeggio R.E.M. apre Perfect Circle, dalla strofa molto bella e curata che nel ritornello si perde in una lentezza ipnotizzante davvero da sogno, una canzone da cantare con le mani levate al cielo, impreziosita dall’ingenuità della batteria di Berry. Pur non essendo un pezzo veloce, Catapult, riesce a trasmettere una certa energia, quell’energia che il pezzo ha perso cercando di registrarla.
Sitting Still fa da paio a Moral Kiosk, con dei bellissimi lavori a livello strumentale, reste sempre in sordina, non esplode mai, sembra trattenersi negli “schemi” (anche se non ne hanno) del gruppo il che danneggia l’andamento del gruppo, comunque non si butta di certo nel dimenticatoio. La traccia nove dell’album è enigmaticamente chiamata 9-9, titolo che rispecchia, forse, la stranezza della canzone, con quegli stranissimi stacchi di chitarra nella strofa. Non sarebbe neanche poi tanto male come canzone, non fosse per quel “pastone” sonoro che è saltato fuori nel ritornello, stavolta i cori non sono stati proprio il massimo. Ormai siamo quasi alla fine e Shaking Through non sembra niente di nuovo, un deja-vu già avuto nel disco, niente di trascendentale.

We Walk andrebbe premiata solo per la solarità da cartone animato, da filastrocca che hanno sia la melodia che l’arpeggio, starebbe benissimo in un musical! West Of The Fields fa parte di quel gruppetto di canzoni posizionate alla fine dell’album che non rendono onore a grandi pezzi come Radio Free Europe e Talk About The Passion, anche se resta sempre un bellissimo esempio sonoro.
Un appunto finale va rivolto ai testi di Stipe, enigmatici e, a detta sua, a libera interpretazione, anche se una spiegazione da parte sua sarebbe più che gradita.
In toto un ottimo album d’esordio, non per niente eletto dalle riviste americane come album dell’anno, non fosse per alcuni pezzi mediocri meriterebbe il massimo, ma la loro carriera è solo agli inizi.

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