Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Help
Anno: 
1972
Line-Up: 

- Massimo Roselli - pianoforte, organo, Mellotron, Moog, sitar, clavicembalo, voce

- Giorgio Giorgi - voce solista, flauto traverso, flauto dolce

- Patrik Traina - batteria

- Romualdo Coletta - basso

- Raimondo Maria Cocco - voce, chitarra 12 corde

- Donald Lax - violino acustico ed elettrico




Tracklist: 

1. Prologo (04:59)

2. Un Villaggio,Un'illsione (03:54)

3. Realta (04:13)

4. Immagini Sfuocate (02:59)

5. Il Cieco (04:11)

6. Dialogo (03:41)

7. Verso La Locanda (05:15)

8. Sogno, Risveglio E... (05:15)

Quella Vecchia Locanda

Quella Vecchia Locanda

Contemporaneamente all’uscita dello splendido Storia di un Minuto (Premiata Forneria Marconi) la formazione denominata Quella Vecchia Locanda pubblica il proprio album di debutto, l’omonimo Quella Vecchia Locanda, formato da otto tracce di Progressive sinfonico italiano. Lo stile è abbastanza personale in quanto numerose sono le influenze che il sestetto romano assorbe sia dalla musica Progressive internazionale (Jethro Tull su tutti) sia da quella popolare italiana, avvicinandosi perciò ai timbri della stessa Premiata Forneria Marconi.
La risposta dei Quella Vecchia Locanda però non è altrettanto competitiva, in quanto il disco non si presenta ricco musicalmente e troppe sono le parti che risultano alquanto ripetitive e difficili da sostenere. Nonostante ciò, la band viene ancora oggi considerata giustamente una delle prime in Italia a rispecchiare il tipico sound inglese e per questo Quella Vecchia Locanda viene accostato agli album fondamentali che hanno arricchito il genere.

Dall’iniziale Prologo con la sua atmosfera popolare e quasi contadina, generata da cori, da un violino e da un flauto traverso onnipresenti, si intuisce quale sentiero sonoro voglia intraprendere il sestetto laziale: come è tipico del Progressive, viene impiegata un’ampia gamma di strumentazioni, comprendenti soprattutto organi coprenti e tastiere melodiche.
Certamente l’opera, pur durando soli 34 minuti, è provvista di ottime idee nelle sezioni strumentali e in particolare o in quelle aggressive o nelle chiusure timbriche.
La voce è sì espressiva, ma spesso non riesce ad emergere con quella determinazione necessaria a renderla piacevole: essa rimane sempre in secondo piano rispetto alle composizioni e non trasmette le emozioni che altre più dirette hanno saputo far sgorgare dal tessuto armonico.
Il Mellotron e il Moog si distinguono con chiarezza per tutta la lunghezza delle canzoni, conferendo buoni aloni oscuri, su cui si insinuano le melodie pulite e chiare degli strumenti principali: tutte le canzoni conservano l’approccio della prima, sempre festoso o riflessivo.
Da segnalare ci sono l’eccezionale Il Cieco, dotata di un lungo intermezzo centrale di flauto traverso, suonato virtuosamente alla Ian Anderson, prima della ripresa finale non granché abbellita dagli interventi vocali. Dialogo è invece l’episodio più contorto, provvisto di reminescenze inglesi alla Emerson Lake & Palmer e di una batteria Jazz raffinata e complessa.

Gli intrecci sonori diventano convincenti e coinvolgenti, trovando numerose similitudini con le sperimentazioni della Premiata Forneria Marconi e del Banco del Mutuo Soccorso: Verso la Locanda assume tratti oscuri, apportati dal violino stridulo e dai pianoforti d’accompagnamento, che continuano a variare ritmiche e arrangiamenti.
In definitiva Quella Vecchia Locanda rappresenta un debutto più che egregio per una nuova band del sempre più esteso panorama italiano; classiche soluzioni piacevoli, interessanti e geniali (Sogno, Risveglio e…) fanno dell’album uno dei capostipiti del Progressive settantiano, una di quelle opere a cui si ispireranno tanti artisti stranieri, soprattutto dell’Inghilterra Folk-Prog.
Frequentemente è la voce a rovinare le belle atmosfere create dagli strumenti e forse i Quella Vecchia Locanda avrebbero dovuto puntare a sviluppare con più efficacia l’architettura corale, in modo da legarsi perfettamente alle parti suonate. Ma gli anni ’70 erano iniziati solo da poco e perciò l’apporto di questo disco all’evoluzione del genere nel decennio d’oro è massimo, ma non di certo ai livelli di Storia di un Minuto o di Banco del Mutuo Soccorso.

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