- Jon Courtney - voce, chitarra, basso, tastiera
- Chloe Alper - voce, tastiera
- Jamie Willcox - voce, chitarra
- Paul Glover - batteria
1. Les Malheurs (05:02)
2. Victorious Cupid (03:39
3. i) Keep Me Sane/Insane (00:55)
4. ii) Apogee iii) Requiem For The Lovers (05:22)
5. Deus Ex Machina (05:40)
6. Bloodless (04:55)
7. Disconnect (05:54)
8. The Gloaming (09:10)
9. AVO (04:47)
Amor Vincit Omnia
“L’amore conquista tutte le cose”. Strano titolo quello conferito dai Pure Reason Revolution al loro secondo album di studio, che si riferisce al celebre quadro dipinto da Michelagelo nel 1601. La band britannica aveva abituato il pubblico del Progressive internazionale, fedele ai prodotti Inside Out, ad un approccio “filosofico” ed “artistico” alla propria musica fin dal debutto The Dark Third, in cui il padre spirituale era stato raffigurato dal filosofo tedesco Immanuel Kant.
Dopo alcuni cambi di line-up dovuti a problemi di tempo per alcuni dei membri che avevano contribuito alla stesura dell’ottimo debutto discografico, la band si è trasformata profondamente dal punto di vista stilistico, giungendo ad una dimensione elettronica che non rende giustizia alle valide soluzioni proposte nella precedente opera. E’ risultata infatti inaspettata una tale variazione di rotta rispetto all’elegante Progressive di The Dark Third, in quanto Amor Vincit Omnia ricalca pienamente i meandri Synth Pop degli Ottanta, senza lasciare una traccia efficace che renda personale il sound presentato.
Canzoni come l’opener Les Malheurs o l'intermezzo Keep Me Sane/Insane scorrono insapori, senza rimanere impresse nella mente dell’ascoltatore; le tastiere e gli intrecci vocali dominano l’intero contesto dell’album, non lasciando spazio alle coinvolgenti strumentazioni tipiche dell’anima più progressiva del gruppo londinese.
Solo a sprazzi riesce a risorgere il timbro avvolgente di The Dark Third, dotato di strutture più complesse e contorte rispetto al nuovo tipo di song-writing: la seconda Victorious Cupid, sebbene anch’essa troppo ricca di dialoghi corali, riesce a trasferire una certa energia, permettendo ai Pure Reason Revolution di sfiorare tratti più debitori dell’Alternative.
Anche Apogee-Requiem For The Lovers sa distinguersi per i propri effetti sonori non del tutto scontati, nonostante sia chiaro il riferimento alla vecchia tradizione Synth Pop/Elettronica, ormai completamente superata nell’ambito internazionale.
Se dalla loro parte i Pure Reason Revolution hanno la capacità di unire tali elementi ad una matrice più contemporanea ed alternativa, dalla parte opposta si deve sottolineare come il nuovo stile di composizione nutra una certa tensione verso l’ambito commerciale, mostrando sezioni decisamente povere dal punto di vista dell’innovazione.
Basti accostarsi ad una traccia come Deus Ex Machina per comprendere quale svolta sia stata assunta da una formazione diventata vittima della logica del mercato discografico: l’elettronica proposta non ha nulla da spartire con il vero spirito dei Pure Reason Revolution e questo ha portato alla svalutazione stessa di un genere, come quello sintetico, che ha visto la composizione di grandi capolavori nel suo periodo aureo.
In definitiva per coloro che hanno avuto modo di apprezzare le splendide architetture di The Dark Third il nuovo Amor Vincit Omnia apparirà come l’infelice conseguenza di un esperimento mal riuscito, che non si adatta alla storia dei componenti della band. Servirà pertanto un’opera del riscatto per i Pure Reason Revolution, che permetta loro di riconquistarsi l’opinione positiva di chi ha potuto godere di The Dark Third e di chi ha potuto constatare la loro affinità con il mondo del Progressive durante il memorabile tour come spalla ai Blackfield di Steven Wilson.