- Jarvis Cocker - voce, chitarra, sintetizzatore, mellotron
- Candida Doyle - tastiera, Rhodes e Minimoog
- Russell Senior - chitarra, violino
- Mark Webber - chitarra
- Steve Mackey - basso
- Nick Banks - batteria
1. Mis-Shapes
2. Pencil Skirt
3. Common People
4. I Spy
5. Disco 2000
6. Live Bed Show
7. Something Changed
8. Sorted for E's & Wizz
9. F.E.E.L.I.N.G.C.A.L.L.E.D.L.O.V.E
10. Underwear
11. Monday Morning
12. Bar Italia
Different Class
I Pulp sono una delle band simbolo del brit-pop, una delle correnti musicali più in voga in Inghilterra (e in Europa) durante lo scorso decennio. Ma per risalire alla nascita del progetto di Jarvis Cocker dobbiamo tornare qualche lustro indietro, spingendoci addirittura verso fine anni Settanta/inizio anni Ottanta, a Sheffield, cittadina britannica. In questi anni la band muove i primi passi nella scena musicale locale e matura un suond caratteristico, una sorta di synth pop influenzato dalla teatralità del David Bowie metà anni Settanta e arricchito da qualche iniezione disco. Insomma: i Pulp si guardano indietro e vantano nelle proprie infliuenze band come Roxy Music, Devo e Duran Duran.
La band è guidata Jarvis Cocker, istrionico dandy fuori tempo massimo con un gusto per l'ultra-retrò, il kitsch ed il teatro, un lampione magrissimo innamorato di Serge Gainsbourg e Scott Walker, un fantomatico Oscar Wilde dei nostri giorni.
Inizialmente Jarvis chiama il suo gruppo Arabicus Pulp, ma dopo poco tempo decide di omettere “Arabicus”: nascono i Pulp (oltre a Jarvis Cocker ci sono in formazione Philip Thompson, Jimmy Sellars, Russel Senior, Jamie Pinback e Wayne Furniss).
Jarvis e soci danno alle stampe una serie di dischi non fortunatissimi tra gli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta (It, Freaks, Separation), che denotano anche le influenze -tra le altre- di band come Beatles, Byrds, The Cure e The Smiths.
Nel 1993 la prima svolta decisiva: l'omonimo disco di debutto dei Suede schizza nelle chart di Albione, spianando la strada all’ormai prossimo Brit-pop. I Pulp, comunque forti di una gavetta più che decennale, riescono a strappare un contratto con la major Island, con la quale pubblicano prima la raccolta Pulp Intro: The Gift Recordings e poi il singolo “Lipgloss”, che entra nella Top 50 dei singoli più venduti in Inghilterra. Nell'aprile dell'anno seguente esce His'n'Her, primo lavoro notevole della band, preceduto dall’irresistibile singolo “Do You Remember The First Time?”. His’n’Hers viene applaudito dalla critica (c'è chi lo considera il miglior album della band di Cocker), ma viene inevitabilmente oscurato dal successivo, osannato Different Class, che uscirà un anno dopo.
L'album viene anticipato dallo storico singolo “Common People”, che implode in chart direttamente al numero 2. I Pulp, cavalcando l'onda del successo, sostituiscono gli Stone Roses come headliner nel festival di Glastombury e l’esibizione è un trionfo assoluto. Un mese prima dell'uscita di Different Class, a settembre, la band mette sul mercato il doppio singolo “Mis-Shapes/Sorted For Es And Wizz”; a settembre esce Different Class, che si insedia subito al numero uno.
La cavalcata dei Pulp è ormai inarrestabile: pubblicano come singoli anche “Disco 2000” (novembre 1995) e “Something Changed” (marzo 1996). L'album è, in ogni caso, pienamente all'altezza delle aspettative e spiega perchè i Pulp siano considerati al giorno d'oggi, a più di 10 anni dall'uscita di Different Class - una delle band manifesto della musica british degli anni Novanta, come lo sono stati i Beatles per i Sessanta e gli Smiths per gli Ottanta. Ogni singolo pezzo dell'album è curato nei più minimi particolari e vanta una melodia solida e fresca; le liriche di Jarvis fanno il resto.
Mis-Shapes ci introduce subito nel cuore dell'album; è una pulsazione pop di matrice velvetundergroundiana. Si capisce che i Pulp fanno sul serio dalle parole che vengono cantate da Jarvis, all'inizio quasi sussurrate, poi man mano che il ritmo cresce con tono sempre più deciso: "Brothers, sisters, can't you see?/The future's owned by you and me. [...] We won't use guns, we won't use bombs/we'll use the one thing we've got more of - that's our minds." E', in poche parole, uno dei manifesti della band di Cocker, uno dei tanti piccoli capolavori contenuti in questo album.
Con Pencil Skirt la melodia si fa più pacata, riportando alla memoria dell'ascoltatore un gusto per il pop retrò. Jarvis lavora divinamente sui sussurri che intramezzano le varie strofe, supportati da una corda di chitarra appena pizzicata e da una batteria leggera ma velocizzata rispetto alla strofa canonica. “I'll be around when he's not in town/I'll show you how you're doing it wrong/I really love it when you tell me to stop”: il conturbante incedere vocalistico di Cocker in questo pezzo è praticamente perfetto e la canzone risulta un azzeccato alternarsi di parti cantate e sussurri.
Common People è praticamente il maggior successo dei Pulp nonché - a detta di molti - la canzone manifesto della corrente brit-pop, superiore persino alle varie Live Forever e Wonderwall degli Oasis. E' il pezzo più solido dell'album, un pop-rock dal ritmo ben definito nel quale Jarvis racconta di una ragazza dell'upper class che vuole vivere come la cosiddetta “gente comune” (She told me that her Dad was loaded/I said "In that case I'll have a rum and coca-cola/She said "Fine."/and in thirty seconds time she said/"I want to live like common people”). La filosofia che regge quest'album trova in questa canzone il manifesto numero uno; all'interno del libretto è scritta a chiari caratteri la frase “Please understand. We don't want no trouble. We just want the right to be different. That's all”. Appare chiaro che la ragazza non potrà mai vivere come la gente comune, troppo viziata e attaccata al suo stile di vita: Jarvis canta "quando sarai da sola nel tuo letto, e vedrai gli scarafaggi arrampicarsi nel muro, ti basterà chiamare tuo papà per fermare tutto, e tornare a casa". Il ritornello è a dir poco esplosivo, ridondante, ossessivo: l'ideale per mettere le cose bene in chiaro.
I Spy è il pezzo più particolare dell'album. La band accantona per un attimo il pop rock e sembra passare a scrivere la soundtrack per un film hard-boiled di spionaggio dai toni drammatici. Jarvis si limita a pronunciare in modo teatrale le parole, passando da sussurri impercettibili a grida sottovoce, retto da un abile lavoro di tastiere e archi (“I spy a boy, I spy a girl/I spy the worst place in the world”). La canzone ricalca l'ossessione di Cocker nello spiare la gente evitando che questa se ne accorga; nell'apice della teatralità del singer mette in risalto la contraddizione di una nazione fondata sul benpensare che nasconde in realtà situazioni morbose e quasi grottesche (“You see you should take me seriously/Cause I've been sleeping with your wife for the past sixteen weeks/smoking your cigarettes, drinking your brandy, messing up the bed that you chose together.”).
Disco 2000 è, dopo Common People, l'altro grande hit presente in Different People. I Pulp prendono il riff di Gloria di Laura Branigan e lo ripete ossessivamente mentre Jarvis racconta dell'incontro dopo anni con una ragazza che, da giovane, sembrava essere la donna della sua vita. (“Well we were born within one hour of each other/Our mothers said we could be sister and brother. Your name is Deborah, Deborah./It never suited ya”). La canzone, splendidamente retta dalle chitarre synth pop e valorizzata al meglio da elementi tipicamente disco, assume inevitabilmente toni nostalgici (si noti l'ossessiva ripetizione di “Oh Deborah, do you recall?”). In questa canzone si scopre anche il lato più sentimentale di Cocker, che ammette con un pathos quasi bowiano che l'amore per la ragazza in questione non si è mai spento (“Oh what are you doing Sunday baby?/Would you like to come and meet me maybe?/You can even bring your baby”). Il pezzo è inevitabilmente uno dei più incredibili della produzione dei Pulp, lanciato anche da un videoclip strabiliante.
Live Bed Show è un'altro brano eccezionale, un quadretto della “common class” della quale i Pulp cantano le abitudini e le aspirazioni. Anche in questo episodio, come in quelli che aprono l'album, si nota un crescendo di verso in verso - con Jarvis che canta la nostalgia di un passato che se ne è andato per sempre e la preoccupazione per un futuro non all'altezza (“the silences of now, and the good times of the past.”) - che culmina nel ritornello rivelatore che ci svela che la protagonista della storia ha messo da parte i sogni dell'adolescenza e si è ridotta alla prostituzione per vivere (“Now every night she plays the sad game”).
Something Changed riassume tutta la bellezza del sound pulpiano nella semplicità di una canzone pop con un testo lineare (ma interpretato ancora una volta eccelsamente da Jarvis). La melodia ha un che di malinconico; il testo parla delle circostanze della vita e dei bivi che il destino ci fa incontrare; gli archi di sottofondo sublimano la canzone quando Cocker scandisce il concetto principale (“Life could have been very different but then/something changed. [...] Stop asking questions that don't matter anyway/Just give us a kiss to celebrate here today/Something changed.”). Il pezzo trasuda nostalgia ma è in realtà un invito a vivere il presente per come si presenta, senza rimorsi né rimpianti.
Sorted For E's And Wizz causò non pochi problemi alla band per i riferimenti (molto poco) nascosti alle droghe sintetiche (“And I don't quite understand just what this feeling is/But that's okay cos we're all sorted out for E's and wizz.”). La canzone - inutile dirlo - è un capolavoro, un altro manifesto della scena musicale inglese di metà anni Novanta, come si evince anche dalla lettura delle liriche (“Oh yeah the pirate radio told us what was going down/Got the tickets from some fucked up bloke in Camden Town”). Jarvis, invasato, canta disordinatamente il resoconto di una notte sopra le righe, passata a ballare in discoteca (“At 4 o'clock the normal world seems very, very, very far away./Alright./In the middle of the night, it feels alright, but then tommorow morning./Oh then you come down”).
Siamo giunti a F.E.E.L.I.N.G.C.A.L.L.E.D.L.O.V.E., altro pezzo che, come I Spy, si distacca dal resto dell'album per interpretazione e melodia pur non facendo perdere all'album quella solidità di contenuti e musicalità che lo contraddistingue. L'amore al giorno d'oggi viene messo da parte, soffocato da ritmi quotidiani insostenibili che vigono nelle metropoli, che non ci danno tempo di viverlo secondo natura: non riusciamo nemmeno più a capire cos'è in realtà questo sentimento ("And it's so cold - yeah it's so cold./It's so cold yeah, it's so cold./What is this feeling called love?”); l'aridità che è conseguita all'ultra-industrializzazione ci ha privato della capacità di amare e di essere amati in modo naturali, senza porci inutili problemi esistenziali (“Oh. What is this feeling called love./Why me, why you, why here./And why now./It doesn't make no sense no”). Musicalmente si può parlare quasi di avantgarde, di un drama-pop che supera i sei minuti di durata. Non importa come lo vogliamo definire, resta un pezzo unico nel suo genere.
Underwear è forse la canzone più aggressiva dell'album: ritroviamo la solita cantata pseudo-drammatica di Jarvis e la classica implosione pulpiana pre-chorus. Il tema riprende il pezzo che la anticipa: Cocker ironizza sulla difficoltà di vivere il sesso in maniera naturale, della difficoltà di dare se stessi a qualcun altro senza provare vergogna e imbarazzo (“How the hell did you get here/Semi-naked in somebody else's room”). Ma è un'ironia malinconica, con la quale Cocker mette in risalto i falsi valori della classe benestante sottolineando la loro inadeguatezza verso circostanze che secondo umana natura dovrebbero essere considerate piacevoli; ai ricchi preme più mostrarsi nella loro superiorità piuttosto che vivere l'amore come natura comanda, ed è per questo che si scoprono inadeguati al momento della verità ("If fashion is your trade,then when you're naked,/I guess you must be unemployed yeah./Cos once it's underway, there's no escaping,/the fact that you're a girl and he's a boy”).
Anche Monday Morning riprende i toni cadenzati di Underwear, anche se nemmeno in pezzi aggressivi come questi Jarvis perde il suo modo di cantare caratterizzato da sussurri e labili acuti da attore teatrale d'altri tempi. Cocker, invadendo anche territori (post-)punk (The Adverts) denuncia la vacuità dell'uomo che è sempre in giro a vagare poiché non è più in grado di rapportarsi serenamente con se stesso e di trovare un equilibrio interno (“I want a refund, I want a light,/ I want a reason, to make it through the night, alright.”). La denuncia che Cocker inoltra all'uomo contemporaneo è quella di vivere troppo sulle illusioni future, inevitabili cause di delusione (“Is this the light of a new day dawning?/A future bright that you can walk in?/No it's just another Monday morning.”).
Chiude l'album la splendida ballata Bar Italia, locale di Soho dove Jarvis ha osservato nel corso degli anni vite vuote e disperate buttare via le proprie notti (e le proprie vite) davanti a un doppio whiskey. La tragicità pulpiana trova in questo pezzo conclusivo l'apice massimo della sua dimensione; Cocker canta l'urgenza di una svolta che cambi la nostra vita, la disperazione per il tempo che corre veloce (“Oh, let's get out of this place,/before they tell us that we've just died./Move, move quick, you've gotta move./Come on it's through, come on it's time.”). Ma la realtà, si sa, è ben diversa dalle aspirazioni e Jarvis canta struggente (quasi novello Bukowski) di vite che fuggono mestamente annegate in un bicchiere d'alcool, tra la miseria di una vita piatta e la tragedia delle aspirazioni mai raggiunte (“You can't go home and go to bed,/because it hasn't worn off yet,/and now it's morning./There's only one place we can go.It's around the corner in Soho,/where other broken people go.”).
L'album si chiude con un invito quasi beckettiano (“Let's go.”), perchè altro non è che una triste consapevolezza del fatto (di matrice joyceiana) che, pur andando dovunque, non si potrà mai fuggire alla propria vita e alla propria insoddisfazione.