- A.A. Nemtheanga - voce
- Ciáran MacUiliam - chitarra
- Michael O'Floinn - chitarra
- Pól MacAmlaigh - basso
- Simon O'Laoghaire - batteria
1. Empire Falls
2. Gallows Hymn
3. As Rome Burns
4. Failures Burden
5. Heathen Tribes
6. The Rising Tide
7. Traitors Gate
8. No Nation on this Earth
To The Nameless Dead
Irlanda, terra magica, ricca di miti, racconti, eroi e tradizioni, che le hanno permesso di mantenere un’immagine unica e inconfondibile nel corso di secoli di soprusi e sottomissione, e di conservare questa identità fino ai giorni nostri. La provenienza geografica conta molto quando si parla di una band come i Primordial, che, nonostante si sia sempre mantenuta lontanissima dal mainstream, ha trovato una strada originale e assolutamente personale nel mondo del metal estremo, a partire dall’esordio Imrama, che nel 1995 esprimeva pienamente l’unione tra l’esperienza maturata dalla band di Dublino durante il periodo di esplosione del black metal e le conseguenti influenze, Bathory in primis, e l’elemento tradizionale della musica celtica e dei temi pagani e mitologici irlandesi, che si accentuerà nei lavori successivi con un’impronta più indirizzata verso il folk metal.
Passando per ottimi dischi come A Journey’s End e Storm Before Calm, i Primordial sono riusciti nel duplice risultato di ottenere un sound particolare e introdurre novità sostanziose ad ogni capitolo discografico, così che non ha eccessivamente stupito la svolta decisiva compiuta con The Gathering Wilderness, che vedeva la band ridurre gli splendidi intermezzi folk e lo scream, per esplorare nuovi territori oscuri e depressivi cosparsi di composizioni lunghe e ripetitive, prevalenza del clean disperato del talentuoso singer Nemtheanga, influenze Doom e l’abbandono delle tematiche folkloristiche a favore di pessimiste riflessioni sul degrado della società contemporanea.
Sesto capitolo discografico della band, disponibile oltre alla versione originale in un edizione speciale limitata (che include, oltre ad un booklet di quaranta pagine con una copertina differente, un DVD bonus con l'esibizione della band al Rock Hard Festival 2007), To The Nameless Dead è un album che si colloca nel nuovo corso dei Primordial, continuando il cammino che era stato intrapreso nel suo predecessore; a differenza della malinconia toccante di The Gathering Wilderness, però, troviamo un approccio più rabbioso, un disperato, epico grido di ribellione che riporta a tratti alla furia cieca di Storm Before Calm; il grande pathos che trasuda da tutte le composizioni è opera in larga misura della voce straziante ed emozionante di Nemtheanga, rauca e disperata, che si tramuta talvolta nello scream molto riuscito che era stato quasi abbandonato in The Gathering Wilderness.
La sezione strumentale si mantiene sulla linea consueta ma sempre originale che contraddistingue tutti i lavori della band, con riff epici, distorti, confusi e ripetitivi, a cavallo tra black metal di vecchia scuola, doom in stile Candlemass, richiami ai Bathory di Hammerheart e talvolta anche agli Opeth (vedi la opener Empire Falls); ottimo come sempre il drumming, che pur rimanendo in secondo piano a livello di produzione rappresenta un elemento importantissimo nel tessere le atmosfere assillanti e cadenzate di To The Nameless Dead.
Tema fondamentale dell’album è il concetto di Nazione, i contrasti, gli scontri insensati e inutili che portano alla morte di migliaia di persone, i morti senza nome caduti per difendere il loro Paese dalla tirannia di altre nazioni, in un circolo vizioso senza fine o speranza che porta solo morte e distruzione. Proprio a questo argomento si ricollega la copertina, che rappresenta un monumento civile, ultima, perduta testimonianza di quella “vana gloria delle umane genti” persa nella memoria e nello scorrere del tempo; a questo proposito, molto interessanti risultano essere le note integrative proposte nel booklet, dove Nemtheanga, autore di tutte le lyrics, spiega e approfondisce i testi dei brani.
A partire dalla lunga, devastante cavalcata iniziale Empire Falls, si passa dunque seguendo questo filo conduttore ad As Rome Burns, sicuramente uno dei brani più riusciti del platter, con un break stupendo e la sua rabbia sconfinata, che trova nell’incendio di Roma ad opera di Nerone un paragone con il modo odierno, dilaniato sotto i nostri occhi a causa delle nostre stesse folli e sconsiderate azioni. Si ricollega a questi due brani l’accoppiata finale, costituita dalla violenta e ossessiva Traitors Gate, in cui i Primordial rispolverano il martellante drumming black metal, senza però convincere del tutto a causa di un’eccessiva prolissità, e dalla finale, molto riuscita No Nation On This Earth, trionfale e rabbiosa, tra forti influenze dei Bathory di Blood Fire Death, riff che riprendono, nella parte iniziale, accordi tipici della musica celtica elaborati in chiave elettrica e metal, e una conclusione epica e maestosa dove un Nemtheanga particolarmente ispirato esprime tutto il dramma della sua condizione.
Il tema analizzato dalla band di Dublino trova però l’espressione più drammatica e allo stesso tempo malinconica nella relativamente breve Gallows Hymn, che da un’intro tipicamente neo-folk si evolve in un monologo di carattere intimista e religioso, che trova realizzazione nella strofa finale “I was never a religious man/So why should I put my faith in you ?You burned your bridges a long time ago/I’m a Heathen, searching for his soul”, supportato da una struttura via via più potente ed epica, che ricorda a tratti gruppi come gli Amon Amarth.
I pochi brani restanti si discostano invece dal leitmotif di To The Nameless Dead, risultando altrettanto emozionanti e riusciti, e se Failures Burden non riserva particolari sorprese inoltrandosi nella dimensione ricca di dramma e pessimismo dello scorrere inesorabile del tempo, enfatizzata dal drumming incalzante e vario, Heathen Tribes rispolvera l’elemento acustico e tradizionale, finora nascosto sotto pesanti distorsioni di chitarra elettrica, per esprimere un grande ringraziamento nei confronti dei fan dei Primordial; così, ritmiche folk e sferzate metalliche si uniscono per riassumere e celebrare la storia di una band che da più di quindici anni porta avanti i miti e le tradizioni del mondo pagano irlandese.
Per concludere, l’impressione finale derivata dall’ascolto dell’album trova realizzazione nel commento della band, presente nelle già citate note integrative: “se The Gathering Wilderness appariva un album oscuro e privo di speranza, To The Nameless Dead può essere paragonato alla morte dell’eroe celtico Cuchulainn, che colpito a morte, pur sapendo di essere destinato a cadere, si alza con un ultimo sforzo e si lega ad una roccia con i suoi stessi intestini, per poter fronteggiare per un’ultima volta i suoi nemici”.
Un album dalla grande carica epica ed emotiva, profondo e sconvolgente, complesso e da assimilare con calma, nonostante pecchi di una certa prolissità To The Nameless Dead cattura lentamente l’ascoltatore nei suoi oscuri meandri, trascendendo dai generi definiti e confermando una volta per tutte la validità e l’originalità dei Primordial.