- Erik "Ez" Blomkvist - voce
- Andreas Brobjer - batteria
- Patrik Janson - basso
- Gustaf Köllerström - chitarra ritmica
- Wachen - tastiera
1. Tell the Truth (03:47)
2. Silence Speaks (03:38)
3. Nobody's Hero (04:19)
4. Empty Inside (03:43)
5. Fear (It's Over Now) (05:27)
6. Don't be Afraid (03:35)
7. Falling Down (04:32)
8. After the Storm (03:23)
9. Walk With Me (03:51)
10. You (07:02)
Silence Speaks
Attivi ormai dal 1995 e giunti alla terza pubblicazione ufficiale, gli svedesi Platitude propongono il continuo stilistico di ciò che avevano abbandonato nel 2004 con Nine: Silence Speaks, datato febbraio/marzo 2006, è un album ambizioso e ben costruito nelle sue dieci tracce, un’opera che, pur essendo di matrice Power Metal, riesce a spaziare attraverso spunti neo-classici e motivi prettamente Progressive, che fanno avvicinare la band ad altre realtà più celebri e stilisticamente più variegate, come Angra, Time Requiem e Pagan’s Mind.
Il punto di forza del quintetto scandinavo è rappresentato dalla facilità di generare melodie parecchio apprezzabili, plasmate dal duplice lavoro di chitarra e tastiera; alquanto competitivo è anche l’approccio vocale, sempre potente ed espressivo, determinato e coinvolgente.
L’opener di Silence Speaks è Tell the Truth, canzone che evidenzia fin dal primo impatto quale tendenza segua la musica offerta dai Platitude: architetture sonore sostenute ed impetuose, colorate da splendide tastiere sinfoniche, azzeccate ed onnipresenti. Tell the Truth rappresenta uno dei capitoli migliori dell’opera, perché riesce a contrapporre aggressività e carattere a distensioni atmosferiche di notevole fattura.
Non altrettanto trascinante è Nobody’s Hero che, nonostante l’ottimo lavoro descritto dalle tastiere a tratti avvolgenti e a tratti virtuose, si perde lungo il cammino verso il finale, forse perché non introduce nessun elemento di innovazione rispetto alla totalità della produzione Power/Progressive dell’ultimo periodo. Al contrario, la title-track, Silence Speaks costituisce un rilevante esempio di Metal melodico ben strutturato e mai privo di vigore sia nell’impatto strumentale che in quello vocale/corale: viene sottolineata la personalità della band nei giochi di luce ed ombra disegnati dalla chitarra sottostante la voce di Erik Blomkvist.
La ritmata Empty Inside, essendo abbastanza inusuale nella sua direzione, potrà colpire da subito gli appassionati del Power più classico, mentre sarà guardata con leggero disappunto da chi predilige l’aspetto Progressive del gruppo, poiché estremamente divergente dalle piacevoli tracce che la circondano, proprio come la sperimentale Don’t Be Afraid, sesto episodio di Silence Speaks.
Tra le due appena citate si colloca Fear (It’s Over Now), non lontana dalle soluzioni oscure portate avanti in campo Progressive dai connazionali Evergrey. Difatti l’alone tetro ed inquietante è spesso inserito nel contesto dell’opera dei Platitude, seppur filtrato dall’irruenza mostrata a tratti dall’approccio delle chitarre elettriche o dalle dolci melodie esibite ed interpretate con espressività dalla voce: ne è un esempio concreto Falling Down, completamente inscrivibile nello stile dei Pain of Salvation di Daniel Gildenlow.
Tecnica e complessa la sezione finale dell’album, che ostenta virtuosismi alternati a parti più cadenzate; le soluzioni sono inaspettate, le aperture improvvise si susseguono con frequenza e stupiscono l’ascoltatore, che non saprà non resistere al coinvolgente fascino di alcuni episodi scritti dai Platitude.
Concludendo, sorprende come la Svezia riesca a generare così tante proposte musicali, in continua evoluzione e spesso votate al successo in ambito internazionale: per i giovani Platitude il terzo album giunge non come una conferma dei precedenti, ma come un netto superamento che testimonia le buoni doti in possesso di questa formazione.