- Brian Molko - chitarra, voce, basso
- Stefan Osdal - basso, chitarra, piano
- Steve Hewitt - batteria
1. Meds
2. Infra-Red
3. Drag
4. Space Monkey
5. Follow The Cops Back Home
6. Post Blue
7. Becase I Want You
8. Blind
9. Pierrot The Clown
10. Broken Promise
11. One OF A Kind
12. In The Cold Light Of Morning
13. Song To Say Goodbye
Meds
Placebo: Ogni preparato privo di sostanze attive, somministrato specialmente per suggestionare un paziente facendogli credere che si tratta di una cura reale. Medicinale: Cura, rimedio. Il nome di quest’album, rispetto al gruppo, è altamente contraddittorio. Cosa ci si può aspettare dunque dai Placebo dopo l’enorme successo ottenuto nell’arco di questi dieci anni? Un cambiamento inaspettato? Una sterzata sul quell’elettronica tanto usata nei loro ultimi due album? Per scoprirlo bisogna leggere attentamente le avvertenze di questo Meds.
E’ la title-track che apre le danze: una chitarra acustica accompagna la voce un poco maturata di Molko che nel ritornello lascia spazio alla voce di Alison Mosshart. Il pezzo è un mid-tempo ben arrangiato che non delude nessuna aspettativa, stile Placebo al 100% e con inserimenti aggiuntivi ridotti al minimo. Con la seconda traccia Infra-Red qualcuno potrebbe già storcere il naso, ma quel tanto di elettronico che condisce il pezzo viene messo in secondo piano dalle belle melodie vocali, e come non restare sulle spine quando canta: “Someone Call The Ambulance”. Torniamo in terreni più tradizionali col ritmo marziale di Drag, il cui unico difetto è forse quello di non “esplodere mai” restando sempre legato a se stesso. Space Monkey è un pezzo che ti fa viaggiare, dalla strofa parlata, in sordina, a quel ritornello, nelle cadenze tanto care ai Radiohead, che ti porta in giro per lo spazio. Il ritmo resta pacato, lento, come Follow The Cops Back Home, soave, quasi deprimente, con una batteria ridotta all’osso e tutto il minimo per essere (le)tale. Con Post Blue i Placebo riprendono in mano l’elettronica ma in modo davvero personale. Un ritmo Punk rappresenta le fondamenta di Because I Want You, canzone che sta a metà tra un riempitivo e un pezzo da live, peccato per quel ritmo sempre uguale che smorza i toni della canzone. Quelli che avevano storto il naso per Infra-Red, con Blind lo storceranno ancora di più, però, se questa è la direzione intrapresa da Molko e soci, e se ci riescono perché recriminare? E poi se non piace l’elettronica nelle loro canzoni restano sempre la voce e le melodie di Brian.
Basso e batteria aprono le porte a Pierrot The Clown, poi si inserisce la chitarra ed infine il cantato, una grande melodia per una delle migliori canzoni del lotto. Senza dubbio la migliore è la decima traccia, Broken Promise, pezzo lento nel quale Molko duetta nientedimeno che con Michael Stipe (R.E.M.). Durante tutto l’album non c’è stata un’accelerata degna di nota, e così continua ad essere, infatti One Of A Kind anche quando prende potenza resta comunque arenata al suono, sorte che tocca anche a In The Cold Light Of Morning. Questo Meds si conclude col singolo che ha girato un po’ su tutte le radio e tv musicali, Song To Say Goodbye è un altro mid-tempo con belle trovate melodiche e con un ritornello che resta in testa.
Cosa dire di questa medicina? Che senz’altro è un po’ amara e non proprio facile da mandare giù. Il problema non è tanto nelle composizioni come tali, anzi ci sono canzoni davvero fantastiche, ma nel ritmo sempre lento, quasi ossessivo, insomma ci vorrebbe ogni tanto una sezione ritmica come quelle dei primi tempi (Hewitt non vale nemmeno la metà di Schultzberg, però un po’ di brio non guarsterebbe).
Un 75 perché Meds, Pierrot The Clown e Broken Promise sono comunque da immortalare e poi nemmeno le altre sono da buttare. In toto un bell’album.