- Thomas Mars - Voce
- Deck D'Arcy - Basso
- Laurent Brancowitz - Chitarra
- Christian Mazzalai - Chitarra
1. Lisztomania
2. 1901
3. Fences
4. Love Like a Sunset
5. Lasso
6. Rome
7. Countdown (Sick for the Big Sun)
8. Girlfriend
9. Armistice
Wolfgang Amadeus Phoenix
Dati per morti, scomparsi, finiti ed esausti, i Phoenix di Thomas Mars tornano ad incantare il pubblico indie europeo a tre anni di distanza da quello che probabilmente è stato il loro maggior successo (It's Never Been Like That). Un lasso di tempo che ha portato la maggior parte dei fan a rassegnarsi nei riguardi del ritorno dei dandy francesi, che al contrario hanno tirato fuori l'ultima fatica discografica cogliendo tutti (o quasi) di sorpresa. E ancor più ci si sorprende quando questo lavoro lo si va ad ascoltare: Wolfgang Amadeus Phoenix è infatti un disco piacevole, compatto ed emozionante, che di sicuro non faticherà nel fare breccia nei cuori di fan e indie-kids di tutto il mondo con il suo solito armamentario di melodie ossigenate, ritmi disco-retrò e atmosfere sognanti.
Nonostante la sostanza stilistica sia rimasta piuttosto inalterata anche in quest'ultimo prodotto, Wolfgang Amadeus Phoenix è un disco che si lascia ascoltare per via della sua abile commistione di indie ed elettronica; un sound che si crogiola in un'equilibrata sospensione tra brit-pop e french touch (a tratti è palese l'influenza dei mostri sacri Air e Daft Punk), sciorinando atmosfere ora più oniriche - Countdown (Sick For The Bug Sun) - ora più ballabili e giocose (Lasso e Armistice).
Sebbene non si tratti di un'opera dall'alto tasso di sperimentazione e ricerca, lo stile dei Phoenix è un concentrato di easylistinening molto schietto e vario, per certi versi colto - come dimostrano la sensualità electro-pop di Fences e i più pacati intrecci melodici di Rome - oltre che in grado di costruire canzoni di sorprendente qualità: dapprima l'opener Lisztomania con i suoi ritmi e la sua trascinante atmosfera ottantiana, poi 1901 e l'efficace commistione di chitarre smorzate e synth rombanti che rendono la canzone estremamente godibile. Per non parlare infine di Love Like A Sunset, il capolavoro che non ti aspetti, la perla che eleva il disco in un'avvolgente catarsi emotiva, trasportandolo al contempo lontano da una ripetitività di fondo che altrimenti sarebbe stata piuttosto evidente: un continuo intreccio di tastiere sognanti e chitarre taglienti, un'atmosfera malinconica ma dal finale arioso, fragile ma allo stesso tempo estremamente compatta; un gioiello, insomma, che rigetta su Wolfgang Amadeus Mozart una luce (con le annesse ombre emotive) tenue e penetrante, che risulterà d'importanza vitale per la valtuazione complessiva di un disco altrimenti troppo derivativo e fotocopia di se stesso.
Alla fine, e questo è l'importante, i Phoenix se la sono cavata un'altra volta, riportando in alto il proprio nome in un panorama indie che cominciava a sentire la mancanza dei raffinati giochi melodici e delle atmosfere retrò del gruppo francese. Nel complesso Wolfgang Amadeus Pheonix rimane un album piacevole, senza troppi fronzoli, sebbene ancora risulti vincolato a certa sperimentazione indie-elettronica degli anni '90. Ma di fronte alla, comunque leggera, derivatività del progetto, Thomas Mars e soci hanno risposto con la solita tenacia e il solito arioso spirito creativo, regalando al pubblico europeo una nuova, piacevole testimonianza di cosa voglia dire comporre in maniera decente il Pop negli anni 2000.