- Ian Parry - voce, tastiere, sintetizzatore e programmazione
- Stephan Lill - chitarra nella quarta, quinta, sesta, settima, ottava, nona e undicesima traccia
- Alfred Van Der Zwam - chitarra nella seconda, quarta, quinta, sesta, settima e undicesima traccia
- Mario Zapata - chitarra nella quarta, settima, ottava e nona traccia
- Robert Finan - basso nella quarta, ottava, nona e undicesima traccia
- Marcel Van Der Zwam - basso nella sesta traccia
- Casey Grillo - batteria nella quarta, ottava, nona e undicesima traccia
- Ivar De Graaf - batteria nella prima, seconda e terza traccia
- Andreas Lill - batteria nella quinta, sesta e settima traccia
- Joshua Dutrieux - pianoforte, tastiere, sintetizzatore, chitarra nella prima, seconda e terza traccia
1. Innocent Minds (03:46)
2. Anything So Easily (04:05)
3. Fools Don't Cry (03:09)
4. Angels (04:03)
5. Another Day (03:58)
6. Fallin' (04:06)
7. Smiley People (04:04)
8. Slip Away (04:11)
9. Lovin' A Stranger (03:16)
10. No Man's Land (02:32)
11. Visions (03:32)
Visions
Due anni di intenso lavoro hanno portato Ian Parry ad incidere questo suo nuovo full length: Visions. Il quarto disco solista del cantante inglese giunge dopo la partecipazione dello stesso ad un ambizioso progetto chiamato The Consortium Project. Ian si dice entusiasta della sua ultima pubblicazione ed afferma di aver ricercato sonorità piuttosto differenti rispetto a quelle proposte nei suoi album del passato. Symphony Of Dreams, Artistic License e Thru' The Looking Glass, tutti risalenti al periodo che va dal 1993 al 1995, proponevano un sound a metà fra il Progressive Rock ed il Symphonic Metal e non c’è dubbio che Visions abbia caratteristiche alquanto diverse da quelle delle opere appena citate.
Si comincia con Innocent Minds, buona hit da battaglia ed ideale opener per un disco. Colpisce immediatamente l’intreccio fra potenza e melodia, la prima rappresentata da un riffing molto duro e dall’energica prestazione di Ian, la seconda dalle delicate note di tastiere e dalla dolce voce femminile di Judith Rijnveld. Questa è soltanto la prima di numerosi ospiti che accompagnano il vocalist britannico durante Visions. Non mancano neppure le partecipazioni più significative, come quelle di Casey Grillo (Kamelot) e Ivar De Graaf (Within Temptation) dietro le pelli. A tratti, Innocent Minds pare addirittura essere un brano Gothic Metal ed è proprio questo che il buon vecchio Ian voleva ottenere. Non troppo diversa è, almeno inizialmente, Anything So Easily, dove risalta in modo particolare l’ottimo drumming. Il refrain poi è proprio come un fiume in piena: centra l’ascoltatore e lo spazza via senza pietà. C’è un tocco di eleganza tipicamente AOR ad adornare ogni canzone ed il merito di ciò va dato senz’altro alla notevole esperienza di Ian in vari campi musicali. Fools Don’t Cry è un ottimo esempio di Hard Rock d’alta classe splendidamente contaminato da elementi Power, quasi Gothic. Purtroppo, viene concesso generalmente poco spazio agli assoli ed è questo il primo sintomo percepibile del grande difetto di cui è detentore l’album. Visions sembra infatti una raccolta di singoli, sicuramente di grande impatto, ma che non vanno certo oltre il solito schema basato essenzialmente sulla forza trascinante del ritornello. Per capirlo basta poco, per esempio dare un’occhiata alla tracklist per scoprire che la composizione più lunga del platter dura appena quattro minuti e qualche secondo.
E’ veramente impressionante come le primissime note di The Angels sembrino quelle di un brano dei celebrissimi Nightwish. Le pompose tastiere spariscono magicamente per lasciare spazio ad un incedere pacato ed armonioso, che, terminato, dà l’avvio, altrettanto soavemente, alla successiva Another Day. La ballad però non convince affatto, nonostante la perfetta interpretazione di Ian. Fallin’ a sua volta non è certamente un capitolo ben riuscito di Visions. La qualità dei vari brani sta diminuendo vorticosamente, forse a dimostrare la scarsa inclinazione di Parry nello scrivere canzoni meno vivaci e più mielate. Non si arresta il lento declino neanche con Smiley People, pezzo Prog oriented che ricorda decisamente i vecchi album di Ian. Le melodie sono ripetitive e pure l’intensità che vantavano le prime tracce dell’album sta ormai svanendo definitivamente. Slip Away possiede perlomeno un sound innovativo e futuristico, il quale ben si lega con le parti cantate della canzone. L’atmosfera leggermente malinconica evocata da Slip Away viene spazzata via dalla seguente Lovin’ A Stranger. Questa, riprendendo i temi di Innocent Minds, Anything So Easily e Fools Don’t Cry, sprigiona un calore notevole, grazie soprattutto ai suoi motivi di musica araba ed alle gradevoli note di piano che sporadicamente tingono il brano di nostalgico romanticismo. Con No Mans Land arriva la triste conferma che questa seconda parte di Visions è dedicata principalmente alle ballate sdolcinate, poco suggestive ed assai commerciali. Fortunatamente Visions chiude il disco come questo si era aperto, ovvero in maniera avvincente e, perché no, intrigante. Le musicalità sono quelle giuste: catchy quanto basta e sgargianti come non mai.
Non c’è dubbio: Visions è un album controverso. Divisibile in due parti, la prima delle quali nettamente migliore rispetto alla seconda, contiene al suo interno fin troppe ballad, che lo rendono alla lunga abbastanza pesante. Lo stesso Ian Parry ha definito questo un full length commerciale, anticipando intelligentemente le eventuali critiche da parte della stampa. Non conta quanto l’opera sia Heavy o Pop, l’importante è scrivere buona musica e Ian stavolta ci è riuscito solo in parte.