Voto: 
7.2 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Nick Holmes - voce
- Greg Mackintosh - chitarra
- Aaron Aedy - chitarra
- Steve Edmonson - basso
- Jeff Singer - batteria

Tracklist: 

1. Never For The Damned
2. Ash Debris
3. The Enemy
4. Prasise Lamented Shade
5. Requiem
6. Unreachable
7. Prelude To Descent
8. Fallen Children
9. Beneath Black Skies
10. Sedative God
11. Your Own Reality

Paradise Lost

In Requiem

Rieccoci qui a parlare nuovamente dei Paradise Lost. La band britannica capitanata da Nick Holmes, ritorna infatti in questo 2007 con l'ultimo lavoro In Requiem, fratello minore del disco omonimo della band, uscito due anni prima. Con gli ultimi dischi targati Paradise Lost avevamo visto come il sound del gruppo si era spostato su lidi decisamente più orecchiabili e "commerciali", accantonando le tipiche atmosfere doom degli inizi per abbracciare sonorità di più facile assimilazione, talvolta anche accostabili al synth rock in voga negli anni '80. Con In Requiem il combo britannico compie un ulteriore cambiamento, stavolta tornando indietro, in un processo a ritroso in cui Holmes e soci riabbracciano il gothic/doom di dischi precedenti come Icon e il capolavoro Draconian Times, non è infatti difficile accostare In Requiem con quest'ultimo per le analogie tecniche e sonore che accomunano in qualche modo i due lavori.

Il sound è sicuramente meno aspro, più moderno, d'impatto, coinvolgente, atmosferico, ma ha perso molto di quell'ombrosità quasi funerea che aleggiava nei primi dischi. Le tastiere sono più presenti e si intrecciano elegantemente alle chitarre di Greg Mackintosh e Aaron Aedy, fautori di un riffing inquietante e possente ma anche capace di emozionare l'ascoltatore, caratteristica che i Paradise Lost non hanno mai perso durante la quasi ventennale carriera. Ad aprire il disco ci pensano le atmosfere decadenti di Never For The Damned, lenta e opprimente, un marchio di fabbrica, insomma. Le prime traccie dell'album sono indubbiamente le migliori, con la sopracitata opener e il trittico Ash & Debris, The Enemy e Praise Lamented Shade, accattivanti e avvolgenti ma sempre capaci di toccare l'ascoltatore in profondità per la forte carica melodica nascosta in ogni pezzo, aspetto che si può facilmente ritrovare nella miglior traccia del disco, ovvero Prelude To Descent, episodio atmosferico e penetrante per quanto non ecceda in originalità.
Da qui in poi In Requiem comincia a calare di tono ed intensità: Fallen Children e Beneath Black Skies non riescono infatti a mantenere vive le atmosfere che la prima parte del disco ci aveva proposto, mettendoci davanti ad un song writing in cui le tastiere, fin troppo ingombranti, tessono riff banali e blandi. Il calo non sembra scomparire fino alla fine del disco, ovvero quella Your Own Reality tanto gotica quanto insipida, conclusione poco azzeccata per un disco che convince a metà.

In Requiem è infatti un continuo passaggio da atmosfere coinvolgenti ed emozionanti a stadi emotivi pressochè assenti. Che la vena ispirativa di Holmes e soci stia calando non è nemmeno vero in quanto quest'ultimo lavoro targato Paradise Lost in qualche modo ritira su la reputazione di un gruppo che aveva visto fuggire una gran fetta di fan per quell'inaspettato spostamento verso sonorità più "pop" che invece con In Requiem viene meno. Tra i tipici toni doom e le più sottolineate venature gotiche, i Paradise Lost hanno (in parte) rinnovato uno stile che in fin dei conti non ha mai smesso di progredire (o regredire, questo giudizio lo lascio ai singoli fan), tentando di raggiungere nuovi orizzonti ad ogni lavoro, caratteristica che li ha resi una band a più volti, capace di rinnovarsi e di cambiare genere con grande facilità. In Requiem è consigliato specialmente ai fan del primo periodo, meno a quelli che si sono avvicinati alla band con gli ultimi lavori, perchè le atmosfere dei primi tempi sono in parte resuscitate, per la felicità di alcuni, per la delusione degli altri. Insomma, come al solito i Paradise Lost spaccheranno a metà la critica, e non è un novità.

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