- Phil Anselmo - voce
- Darrell “Dimebag” Abbot - chitarra
- Rex Brown - basso
- Vinnie Paul Abbot - batteria
1. Cowboys From Hell
2. Primal Concrete Sledge
3. Psycho Holiday
4. Heresy
5. Cemetery Gates
6. Domination
7. Shatteres
8. Clash With Reality
9. Medicine Man
10. Message In Blood
11. The Sleep
12. The Art Of Shredding
Cowboys from Hell
Fondati nei primissimi anni ’80 dai fratelli Darrell e Vinnie Paul Abbot, rispettivamente chitarrista e batterista, i Pantera iniziarono la loro lunga carriera già nel 1981 nei locali texani proponendo un Hard n’Heavy molto distante dalla proposta musicale per i quali sono oggi conosciuti, tanto che il loro esordio Metal Magic del 1983, così come gli altri album successivi fino a Power Metal del 1988, erano tutti improntati ad un sound parecchio incline all’Heavy classico.
In realtà una prima avvisaglia di ciò che sarà si ha già nel più veloce e pesante Power Metal, il primo infatti con Phil Anselmo dietro il microfono a sostituire Terry Lee, ma è appena due anni dopo, nel 1990, che avviene la svolta vera e propria, grazie a Cowboys From Hell, con il quale i fratelli Abbot inaugurano il loro nuovo sound fatto di una violenza, ira e cattiveria inaudite e senza precedenti, ottenuto miscelando l’Hardcore americano più duro ed incazzato al Thrash ottantiano dei vari Metallica, Slayer e Venom. Il nuovo corso porta bene ai Pantera che con quest’album si conquistano una larga fetta di quel pubblico che chiedeva nuove direzioni e nuove soluzioni in una scena, quella del metal estremo, che sembrava esser divenuta un po’ statica. La band texana, prima snobbata, veniva adesso vista sotto un diverso punto di vista, erano loro ora i portatori del nuovo, coloro che avrebbero poi influenzato le successive generazioni di metallers, chi può infatti negare l’importanza che ha avuto questa band per il numetal e per il metalcore, o forse tutto ciò che termina in –core. Può sembrare strano ma un Phil Anselmo ancora non totalmente lacerato dall’alcool regala una prestazione unica, pure nel prendere le note più alte, quasi fosse un cantante di una Power band, mentre un chitarrista geniale come Dimebag (RIP) collezionava riffs veloci e violenti sempre sostenuti da linee di basso ben marcate.
L’inizio, affidato a Cowboys From Hell, fa già intendere il tenore dell’album, grande tecnica chitarristica e velocità per riffs cattivi ed una sezione ritmica devastante fanno della title-track un manifesto della potenza espressa dal gruppo texano, sempre cattiva e frenetica la seguente Primal Concrete Sledge che vede al basso un Rex in grande spolvero, come un concentrato di violenza e ritmi frenetici è Psycho Holiday che riesce perfettamente a trasmettere la paranoia contenuta nei suoi testi, fino ad Heresy ennesimo pezzo veloce e potente che da molti viene considerato uno dei loro pezzi migliori. Piccola pausa col mid-tempo Cemetary Gates, una delle mie preferite, bellissima song melodica e conturbante, dove la chitarra diviene più pulita e l’interpretazione del singer graffiante ed incisiva, e si riprende subito a pestare con Domination, pezzo iper-veloce con un Vinnie Paul senza più freni, mentre la bellissima Shattered ci mostra le origini musicali dei Pantera, infatti è un bel pezzo di Heavy accelerato e “Panterizzato”. La parte finale dell’album continua in maniera violenta e veloce, eccezion fatta per la più lenta Medicine Man, solo con qualche cambio di ritmo in più, come avviene in Message In Blood e in The Sleep dove l’impetuosità viene bruscamente stoppata da improvvisi stacchi melodici che intervengono sulle composizioni come un fulmine a ciel sereno, mentre la furia distruttiva di Clash With Reality e di The Art Of Shredding ci accompagnano alla conclusione dell’album.
In conclusione quest’album può piacere o meno, ma di certo rappresenta il punto d’avvio di una nuova stagione del Metal, una svolta che poi ha portato, come già detto, alla nascita di gran parte dei più moderni modi di intendere il Metal, basti ascoltare alcuni dei loro riffs, e non solo quelli contenuti qui, si pensi anche a Walk o I’m Broken, per ritrovarli, più o meno rivisti e personalizzati, in molti dei lavori che ci vengono presentati ai nostri giorni.