- Ronnie Brown - tastiera
- Colin Fraser - batteria
- Niall Mathewson - chitarra
- Graeme Murray - basso, voce
- Alan Reed - voce
1. The Bringer Of Dreams (09:50)
2. Warriors (07:15)
3. Ghostdancers (07:30)
4. Too Close To The Sun (11:34)
5. Messiah (04:57)
6. Northern Star (04:01)
7. Mr. Wolfe (05:48)
8. Invincible (10:45)
9. The Last Angel (11:28)
The Dreams of Men
The Cross and the Crucible aveva segnato l’inizio di una nuova era per gli scozzesi Pallas, gruppo impegnato a proporre un inusuale Progressive Rock sin dagli ’80 e mai balzato in primo piano nella scena internazionale. The Sentinel nel 1984 aveva riscosso un mediocre successo e gradualmente la band era riuscita ad approdare nella forte scuderia Inside Out, ma mai ricevendo grandissimi consensi dalla critica. Eppure i cinque scozzesi capitanati dal cantante Alan Reed hanno sempre dimostrato ottime capacità nell'ambito del song-writing, non raggiungendo certamente i livelli degli inglesi Marillion all’interno del Neo Progressive, ma sapendosi distinguere per il sound personale costruito con il tempo.
The Dreams of Men è il nuovo concept targato Pallas, un album che, come da titolo, cerca di esplorare quali sono i sogni degli uomini, mettendo in scena un interessante spettacolo teatrale in cui la protagonista è la stessa umanità.
Bringer of Dreams è la monumentale traccia che segna l’avvio di The Dreams of Men, con la sua introduzione di archi, alquanto settantiana nella proposta e collegabile con parte della tradizione Genesis-Camel. Il timbro cambia però radicalmente nello sviluppo, andando a toccare punte sinfoniche più oscure e inquietanti e alternando momenti più distesi ad esplosioni sonore ben preparate. Se da una parte il brano di apertura cerca di coinvolgere l’ascoltatore attraverso il ritmo descritto dal basso e la scansione vocale di Reed, dall’altra è leggermente povero di idee, perdendosi per ampie zone. Addirittura l’inserimento dei rintocchi delle lancette dell’orologio con un organo e la voce in primo piano sembra riprendere volutamente Script from a Jester’s Tear dei Marillion, non aggiungendo elementi originali al full-lenght.
Warriors è una delle tracce migliori, compatta nella sua evoluzione e ragionata nel ritornello corale tessuto da Reed e compagni: la stessa voce costituisce il filo conduttore dell’opera, soprattutto nei punti in cui la batteria si spegne e rientra la sinfonia orchestrale; le chitarre elettriche si inseriscono con agilità nell’architettura sonora, sebbene le tastiere dominino incontrastabili ogni passaggio.
Troppo estese e pesanti le sezioni di archi anche nella terza Ghostdancers e questo è il fattore negativo del prodotto dei Pallas: nonostante la canzone si possa inscrivere nel contesto dello storico The Sentinel, l’approccio dei violini è ampio e a tratti insostenibile.
Too Close to the Sun sembra ridestare la formazione scozzese, trascinandola indietro nel tempo, sino agli esordi: la composizione diventa più scherzosa e spontanea, giocando tra tempi dispari e tipiche soluzioni ottantiane di notevole rilievo. Più corto e meno degno di nota è il quinto Messiah, un capitolo privo di innovazione e di inventiva, totalmente asciutto e confusionario.
Bello e riflessivo è invece Northern Star, elegante e raffinato pezzo acustico, in contrapposizione al tuonante ed impetuoso Mr. Wolfe, carino nella sua melodia a cavallo tra Rock e Metal.
Invincible, brano alquanto insipido e The Last Angel, episodio dove Alan Reed dà la miglior prova di sé sull’album, in un misto tra Neo Progressive alla The Sentinel e nuove sperimentazioni alla Kaipa, chiudono The Dreams of Men, full-lenght certamente ben studiato, ma che lascia l’amaro in bocca all’ascoltatore.
Forse ci si poteva aspettare di più dagli storici Pallas, a distanza di quattro anni dal buono The Cross and the Crucible. The Dreams of Men può piacere agli appassionati di Progressive Rock per la sua linearità, ma all’interno della scena è nettamente inferiore rispetto alle altre uscite, non solo a quelle precedenti dei Pallas ma in generale a molte convincenti del 2005.