- Peter Tagtgren - Voce, Chitarra
- David Wallin - Batteria
- Micheal Bohlin - Chitarra
- Johan Husgavfel - Basso
Guest:
- Annette Olzon - Voce in "Follow Me" e "Feed Us"
1. I'm Going In
2. Monkey Business
3. Follow Me
4. Have A Drink On Me
5. Don't Care
6. Reach Out (And Regret)
7. Generation-X
8. No One Knows
9. Live Fast/Die Young
10. Not Your Kind
11. Feed Us
Cynic Paradise
Le mutazioni stilistiche e compositive degli artisti sono sempre state, e sempre saranno, oggetto di discussioni e di accesi dibattiti, tanto per la critica quanto per il pubblico. Tra chi i cambiamenti non li gradisce e chi invece li guarda sempre con notevole passione speculativa, tale argomento continua a sollevare polemiche estetiche (e non) in maniera ormai ciclica. Ma la musica è una spirale in continua evoluzione, tanto vale accettarne ed analizzarne ogni singola trasformazione.
Soprattutto in Svezia, assoluto capostipite della tradizione estrema europea, temi di questo tipo si ritrovano con una facilità ormai disarmante: basti pensare a quel Dan Swano che da qualche anno a questa parte ha abbandonato una nobilissima carriera metal per dirigersi verso sponde new wave, AOR e progressive (Nightingale), o ancora a Nicke Andersson, mente degli storici Entombed e ora frontman dei revivalisti hard-garage Hellacopters, per non parlare poi dei Katatonia e di colui che sarà oggetto di questa recensione: Peter Tagtgren, modello ed emblema di una Svezia sempre più moderna e sempre più alla ricerca della novità e dell'innovazione.
Fondatore e mente assoluta di una delle più rilevanti death band scandinave (Hypocrisy), Tagtgren rappresenta tutt'ora una delle più influenti figure musicali sia per quanto riguarda la sua attività di musicista e turnista (The Abyss, Bloodbath, Marduk, E-Type) sia quella di brillante produttore (Celtic Frost, Children Of Bodom, Dimmu Borgir, Immortal).
Peccato che da quando i Pain, inizialmente una semplice one-man band parallela, sono passati ad essere il suo gruppo principale lasciando in secondo piano gli amati Hypocrisy, l' attenzione che il pubblico mondiale affettuosamente gli porgeva ha incominciato a venir meno. E il motivo di tutto questo? E' esattamente riassumibile in ciò che è stato detto in apertura di recensione: Tagtgren ha lasciato da parte l'aspro death metal delle origini per abbracciare uno stile completamente nuovo, fatto di cornici industrial, melodie pop, refrain catchy e di un sound ballabile su cui nessuno prima avrebbe mai scommesso.
Cynic Paradise, ultima fatica del musicista scandinavo, segue di soli dodici mesi il buon precedente Psalms Of Extinction ricalcando nuovamente l'ormai saldato assetto stilistico del progetto: senza cambiare una virgola (che si tratti di suoni di chitarra, di distorisioni e di effetti elettronici) Tagtgren ha tracciato il suo ultimo disco che, come i predecessori, farà non poco discutere fan ed estimatori.
Cynic Paradise non vuole essere una rivoluzione, non vuole essere innovativo ma soltanto un disco suonato con spontaneità, un'opera sincera e fatta apposta per chi ama e necessita una musica semplice, d'impatto e coinvolgente, aldilà di qualsiasi discorso storico-stilistico (inutile stare ad elencare le influenze che convergono nei lavori dei Pain). Tutto ciò non giustifica comunque l'andamento spesso prevedibile in cui viene risucchiato il disco, specialmente nella parte centrale dove fà da padrone un ampio senso di banalità e di vuoto creativo (Follow Me, Don't Care, Generation-X, Reach Out (And Regret) che fà subito dimenticare l'opener I'm Going In, un favoloso impasto di chitarre imponenti, melodie accattivanti e arrangiamenti assolutamente impeccabili: probabilmente uno dei migliori pezzi mai scritti da Tagtgren sotto questo monicker.
Peccato soltanto che Cynic Paradise sia incapace di seguire un filo discorsivo sempre emozionante, cadendo troppo spesso in un sound forzatamente orecchiabile e dirottato verso lidi pop con una testardaggine evitabile.
Esclusi infatti gli ottimi episodi conclusivi Live Fast/Die Young (da urlo il riff centrale), Not Your Kind, Feed Us (in cui partecipa anche la singer dei Nightwish, Annette Olzon) e la bizzarra Have A Drink On Me (sorta di ballata country-blues rivista in chiave industrial), il disco si dimostra molto meno brillante, soprattutto per la sua troppo abusata melodiosità, rispetto al precedente Psalms Of Extinction in cui, al contrario, Tagtgren era riuscito ad articolare la globalità del discorso espressivo in maniera più ragionata e meno discontinua.
Escluse quindi le sopracitate hit e una produzione semplicemente perfetta, Cynic Paradise rimane un lavoro abbastanza piatto e troppo "plastico" per poter ottenere, per l'ennesima volta, il consenso e gli applausi di quella miriade di ascoltatori, fan e critici che il boss svedese ha ormai abituato a stupire. Nel bene e nel male.