- Vampiriac - voce e basso
- Agan - chitarra
- Pericles - batteria
1. Kargan (Devastation) (07:26)
2. The Shrine (06:58)
3. Remembrance (06:43)
4. A Deep Grave (07:20)
5. Die Away (07:16)
6. Obscurantism (09:22)
Back In The Grave
Se da diversi anni a questa parte il Black Metal sperimentale sta vivendo un periodo di grande fermento, sono proprio le sonorità più canoniche ed intransigenti ad essere entrate in una sorta di crisi. Sempre meno band, infatti, riescono ad emergere grazie a lavori interessante, ma che al tempo stesso mantengano alto il nome del Black Metal oltranzista. Ciò accade perlomeno a livello di gruppi piuttosto importanti, spesso penalizzati da proficui contratti discografici. Più in basso, invece, all’interno dell’underground europeo e non solo, qualcosa si muove. Si muove grazie ad etichette come la No Colours Records, che, con coraggio e continuità, lancia sul mercato complessi giovani e promettenti. Si tratta sicuramente di un’incognita, perché, come vedremo in seguito, producendo materiale del genere c’è sempre il rischio di incappare in alcune significative delusioni. E’ il caso degli Orenda, three piece bulgaro attivo dal 1999, e del loro Back In The Grave.
Optare per un esordio discografico sulla lunga distanza può rivelarsi talvolta vantaggioso, se non fosse che i singoli difetti di una data band vengono enfatizzati fino all’inverosimile, soprattutto quando viene pubblicato un album di sei tracce, dalla durata di ben tre quarti d’ora. Gli Orenda, forse spinti da determinate scelte stilistiche, si sono dimostrati incapaci di scegliere le modalità più opportune per arrivare dal debutto su album. Eppure ai blackster bulgari l’esperienza non manca, considerata la militanza dei tre nei Bleeding Black (gruppo con alcuni lavori alle spalle, compresi due album). Tuttavia, se si dà alle stampe un disco dove il brano più breve dura la bellezza di sei minuti e quaranta secondi occorre essere davvero abili, altrimenti i risultati sono disastrosi.
Per analizzare questo Back In The Grave non serve faticare poi molto, basti sapere che la frazione più interessante del lotto è rappresentata da un’oscura e lugubre introduzione di pochi minuti. Il resto, ahinoi, è pura spazzatura. Un riffing anonimo e monotono, un cantato totalmente spento ed una produzione approssimativa sono tutto ciò che emerge da Back In The Grave. Con il passare degli ascolti la situazione non cambia ed è estremamente probabile che il disco qui recensito finisca presto nel dimenticatoio, surclassato da uscite di ben altro spessore. Dietro al muro di suoni non si nasconde nessun tipo di concept né i testi risultano degni di nota, alla pari della grafica dell’opera.
Ultimamente l’Europa dell’est sta dando il meglio di sì in ambito Black Metal ed era quindi naturale aspettarsi un disco di tutto rispetto dagli Orenda. Back In The Grave è invece un album che di positivo non ha praticamente nulla, salvo forse il coraggio dei tre bulgari nel pubblicare un lavoro senza mezze misure. Staremo a vedere se in futuro la formazione di Vratza saprà fare di meglio…