- Mike Vennart - chitarra, voce solista
- Steve Durose - chitarra, voce
- Gambler - chitarra
- Jon Ellis - basso
- Mark Heron - batteria
1. The Charm Offensive (07:19)
2. Heaven Alive (06:20)
3. A Homage To A Shame (05:52)
4. Meredith (05:26)
5. Music For A Nurse (08:16)
6. New Pin (05:11)
7. No Tomorrow (07:10)
8. Mine Host (04:10)
9. You Can’t Keep A Bad Man Down (07:36)
10. Ornament (The Last Wrongs) (09:21)
Everyone Into Position
Che gli Oceansize fossero un gruppo di livello superiore alla media lo si era capito già dal precedente full-lenght Effloresce e dagli svariati EP che la band inglese ha rilasciato in questi anni: il loro stile pregno di influenze disparate ma personalissimo, che unisce aperture strumentali vicine allo Space-Rock ad un muro sonoro davvero potente, li ha resi una delle realtà più significative in ambito Alternative. Questo Everyone Into Position invece, sebbene di livello sicuramente più che buono, non manca di sollevare qualche perplessità e farà sicuramente parlare di sé fra gli amanti del gruppo.
L’iniziale The Charm Offensive mostra da subito un sound decisamente più asciutto e diretto rispetto a quanto prodotto sinora dalla band, in un pezzo che nonostante risolti convincente nel suo incedere quasi Tooliano appare quasi totalmente spogliato dei lunghi e ipnotici intrecci strumentali tipici del combo inglese. Sonorità dunque più omogenee dove spicca sempre la potenza delle tre chitarre e anche la melodia guadagna punti in orecchiabilità come nelle successive Heaven Alive, dal refrain trascinante, A Homage To A Shame, decisamente più in linea col vecchio stile e soprattutto Meredith, bellissima ed eterea ballata dal sapore A Perfect Circle che dà un’ulteriore riprova della classe immensa del gruppo.
Interessantissima poi Music For A Nurse che, fra chitarre dilatate, ottime intuizioni melodiche e sapienti quanto lievi tocchi di elettronica risulta assai riuscita e coinvolgente.
E’in effetti la seconda parte del disco a convincere meno, non tanto per la mancanza di buoni episodi, ma perché viene definitivamente a galla quanto il sound Oceansize abbia perso a livello di personalità e variegatezza: laddove questo non rovina composizioni comunque di ottimo livello come New Pin, No Tomorrow e Mine Host, appare invece maggiormente evidente nei due pezzi conclusivi che alla lunga si rivelano troppo pretenziosi e un po’stucchevoli, soprattutto a causa di una vena melodica “catchy”, pure troppo, che a nostro avviso non si confà eccessivamente ai nostri.
Per intenderci, stiamo parlando comunque di materiale che molti altri gruppi possono solo sognare di saper comporre, ma la sensazione di fondo che sembra crescere con gli ascolti è che la seconda fatica del quintetto di Manchester sia evidentemente più fiacca in fase creativa e più povera di soluzioni personali e sorprendenti.
Si può dire pertanto che la band inglese abbia dato alla luce un lavoro sicuramente buono, ma che è da considerarsi meno interessante del predecessore Effloresce, e sebbene la qualità di pressoché tutti i pezzi sia elevata, è assai arduo non fare un confronto con i dischi passati. Confronto dal quale Everyone Into Position esce sconfitto sotto diversi aspetti e primo fra tutti quello della voglia di osare che aveva sempre contraddistinto il gruppo.
Non resta dunque che prendere quest’album per quello che è: cioè a dire dieci nuove valide canzoni di una delle band più interessanti del momento e non un ulteriore passo avanti verso lidi musicali ancora più profondi e originali come ci saremmo invece aspettati.