- John Tardy - Voce
- Trevoer Peres - Chitarra
- Allen West - Chirtarra
- Donald Tardy - Batteria
- Frank Watkins - Basso
1. Redneck Stomp (03:32)
2. On The Floor (03:11)
3. Insane (03:25)
4. Blindsided (02:57)
5. Back Inside (02:43)
6. Mindset (03:54)
7. Stand Alone (03:44)
8. Slow Death (03:04)
9. Denied (03:37)
10. Lockjaw (04:13)
Frozen in Time
Finalmente! Per la gioia di tutti gli amanti del Death senza fronzoli, ecco il ritorno dei maestri floridiani del marciume: gli Obituary sono di nuovo tra noi, e questo non può che rallegrarci. Sembrava che si fossero persi per la loro strada, distrutti e ingoiati da quella stessa carriera e successo per cui avevano lottato strenuamente, partendo nella seconda metà degli anni ottanta col monicker di Xecutioner, e diventando in seguito una delle tre (insieme a Morbid Angel e Death) band fondamentali del genere. Non si sono mai sciolti ufficialmente, ma ormai in pochi pensavano anche solo lontanamente di rivedere sullo stesso palco per suonare insieme i fratelli Tardy e Trevor "Skull-Face" Peres. E invece questo 2005 magico per il Death Metal ci ha regalato non solo il ritorno ad esibizioni live del gruppo, ma anche un album che suona come una promessa: gli Obituary sono cresciuti e maturati, non sono più quei ragazzi che pensavano solo a drogarsi e festeggiare; ora c'è solo tempo per i fan e per suonare.
Già partendo dal titolo, Frozen In Time, si capisce quale sia l'intento di questo disco: un riassunto della propria storia ed un nuovo punto di partenza, congelando e bloccando nel tempo di poco più di mezzora tutta una carriera. Si possono trovare accenni a tutti i precedenti album, dalla velocità marcia e straziante di Slowly We Rot sino alle tribalità e gli attacchi politico-ambientali di World Demise. Ovviamente il tutto comandato e diretto dalla voce incomprensibile di John Tardy, più in forma che mai anche dopo tutti questi anni, dal chitarrismo lento, pesante e granitico di Peres e dalla batteria dalle sonorità "stile tombino" di Donald Tardy.
La spiegazione di inserire come prima traccia una strumentale, Redneck Stomp, è stata data dallo stesso Donald in alcune interviste: i fan hanno atteso così tanti anni per sentire di nuovo il fratello cantare che proporre subito una strumentale per aumentare ancora di più l'attesa sembrava la cosa più ideale e divertente. E non c'è dubbio che l'intento sia riuscito alla perfezione. Perchè, infatti, le continue pause, gli stacchi e la velocità quasi da marcia creano un'attesa sempre maggiore nell'ascoltatore. Fino a quando. finalmente, si passa a On The Floor, prima vera e propria traccia, dove la voce di Tardy ci colpisce immediatamente: da anni ha abbandonato il cantato caotico che lo aveva caratterizzato su Slowly We Rot, optando per una maggiore pulizia; ma questo non toglie nulla a una delle voci più particolari ed amate del death metal. Inoltre il gruppo non sembra cambiato di una virgola: costruzioni semplici, tempi che non raggiungono mai velocità estreme e tanta, tantissima attitudine.
Insane è la terza traccia: come la stessa band ha affermato, canzone dedicata ad Allen West e alla sua presunta "pazzia". Usata come promo del disco e scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale, qualche mese fa non aveva convinto molto, ma nel contesto generale si lascia ascoltare con grande piacere. E' ovvio che, come era stato dimostrato negli anni passati, gli Obituary si siano concentrati su uno stile caratterizzante il quale ha raggiunto il suo apice in The End Complete: e anche qui in Frozen In Time questa particolarità si fa sentire. Blindsided rientra in questo filone. Assieme a Back Inside, classica nel sound come poche altre. Fino a qui l'album scorre benissimo: a volte anche per i veri fan, era stato difficile l'ascolto di alcuni dischi, ma in questo caso, anche grazie alla breve durata delle canzoni che non superano i quattro minuti, questo problema non sembra persistere.
Il nostro viaggio continua: il tutto si fa più cupo e straziante con Mindset, provocando, grazie a quei riff che hanno fatto storia, qualche serio head-bagging. Strana e avulsa dal contesto dell'abum la successiva Stand Alone: punkeggiante e con alcuni accenni rock and roll, somiglia più a una cover, ma comunque piacevole e capace di alzare un pò il tiro e la velocità. Richiami fortissimi a World Demise nella successiva Slow Death con l'inserimento da parte di Donald di parti tribali miste al classico songwriting lento e pesante.
Ultime due tracce conclusive: Denied e Lockjaw, caratterizzate da lunghe pause ad inframezzare parti dalla velocità ridotta ed altre più sostenute. Infine da sottolineare l'artwork: essenziale, privo di testi e con una sola foto, come da tradizione ed arricchito dal "Frozen Thought" dell'ultima pagina del booklet ad opera di Heather Wienker, spiegazione poetica e metaforica del titolo.
Un regalo ai fan: ecco il modo migliore per definire un album come Frozen In Time. Nulla di innovativo e per alcuni profani persino inutile. Probabilmente anche sotto la media, ma un disco e un gruppo di cui si sentiva veramente la mancanza. Ciò che la band vuole dire è: "Noi siamo gli Obituary: questo è il nostro stile, questo è quello che abbiamo fatto nel corso di vent'anni di carriera e siamo ritornati per voi". Ci basta questo: sentire di nuova la voce di John Tardy è una delle emozioni che tutti gli amanti del Death non provavano da troppo tempo. Finalmente, bentornati Obituary.