Markus Acher - Chitarra, Voce
Michael Acher - Basso
Andi Haberl - Batteria
Martin Gretschmann - Programming
1. Good Lies
2. Where In This World
3. Gloomy Planets
4. Your Alphabet
5. The Devil, You + Me
6. Gravity
7. Sleep
8. On Planet Off
9. Boneless
10. Hands On Us
11. Gone Gone Gone
The Devil You + Me
The Devil You + Me: sono tornati i Notwist. Finalmente.
Finalmente perchè stiamo parlando della band che, molto più delle altre all'interno del panorama indipendente moderno, ha saputo elaborare e trasformare il rock indipendente in maniera affascinante, postulando un mixing stilistico a metà strada tra l'indie d'oltreoceano e un'elettronica soave e poetica che tutt'oggi, a sei anni di distanza da quel gioiello di nome Neon Golden, colpisce con la sua sognante forza espressiva. Discepoli di nessuno ma influenzatori di molti, i quattro ragazzoni di patria teutonica, dopo essersi formati nel 1989, diedero il via alla propria carriera due anni dopo, con un omonimo disco pseudo-grunge passato abbastanza inosservato, per proseguire in seguito nel 1995 con 12, album che segnò il progressivo accostarsi dei Notwist verso sponde sempre più elettroniche, verso un'idea di musica che doveva esprimere con freschezza quella sorta di gemellaggio, di profonda fusione tra la strumentazione tipica del rock indipendente e il suono sintetizzato, tra i cori puliti e i beat pulsanti, tra le melodie soavi e gli irrigidimenti atmosferici.
Ricetta che in Shrink (1998) si addensa aprendosi ad influenze jazz e scagliando nel panorama elettronico del tempo una nuova concezione formale del materiale sonoro che influenzerà in seguito buona parte dell'electro-rock europeo, a partire da Four Tet per finire con Apparat (sentire On Planet Off per credere), probabilmente i musicisti maggiormente influenzati dalla fluidità quasi lirica e dai contorni atmosferici di marchio Notwist.
Così, a dieci anni di distanza da Shrink, la band tedesca sputa ancora fuori il rospo con un altro disco eccellente che farà innamorare tutti coloro che seguono la band dai suoi inizi: The Devil You + Me si presenta infatti come il loro album più romantico, sognante ed etereo, ovviamente debitore ai precedenti per quanto riguarda l'assetto tecnico-strumentale, ma d'altra parte stracolmo di una fugace verve poetica che lo rende la testimonianza più timida e sincera del loro più profondo spirito artistico. Già dall'apertura affidata alle ricercate melodie di Good Lies il disco lascia intendere che quella matrice indie spensierata e avvolgente apparirà in maniera ancora più viva, seppur non preponderante, all'interno dei fitti filamenti compositivi su cui esso si basa. Gloomy Planets, malinconica ballata in pieno stile Bright Eyes, prosegue infatti lungo queste coordinate evocando atmosfere trasparenti e sognanti che trovano il loro perfetto specchio nella raffinatezza con cui la band manipola un registro strumentale come al solito variegatissimo; naturalmente anche quando l'andamento del disco viene risucchiato dalle sue componenti più elettroniche, come accade ad esempio in Where In This World, Alphabet e nella struggente perla Gravity che devasta completamente la resistenza emotiva dell'ascoltatore, già piegata in due dalle efficaci trovate melodiche dell'opener Good Lies e della titletrack. Sebbene il mood indie continui a rieccheggiare in maniera sempre più pulsante grazie alla dolcezza melodica di Boneless e alla conclusiva Gone Gone Gone, The Devil You + Me richiama spesso, seppur modulando, le strutture e il mood del precedente Neon Golden che fungono da costante tappeto su cui i Notwist riproducono intense scorribande sonore riuscendo in ogni caso a mettere in secondo piano la netta derivazione stilistica di cui sono permeati quasi tutti brani dell'album.
Ma guai a parlare di album fotocopia o di un gruppo incapace di rinnovarsi, perchè The Devil You + Me è tutto tranne che un'uscita discografica inutile o deleteria; sebbene il disco non aggiunga nulla di troppo vistoso a ciò che i Notwist hanno già fatto in quasi vent'anni di carriera, il suo affascinante impianto melodico, il suo perpetuo sapore onirico e la sua ricchezza atmosferica riescono a svelare, in modo ancora più evidente rispetto ai precedenti lavori, l'essenza emotiva più recondita e profonda di un gruppo che ha sperimentato lontano da qualsiasi forma di costrizione intellettuale (caratteristica obbligatoria stando allo pseudo-colto metro di giudizio di molti addetti ai lavori) e procedendo individualmente lungo un percorso a spirale che ha tramutato la materia grezza degli inizi in una filosofia del suono tanto semplice quanto struggente, poetica e sincera.