Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Sleeping Star
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Fabio De Min - voce, pianoforte, chitarra acustica
- Stefano Scariot - chitarra elettrica, chitarra acustica
- Matteo Visigalli - basso
- Igor de Paoli - batteria
- Marcello Batelli - chitarra

Tracklist: 

1. La mareggiata del '66
2. Il tuo carattere e il mio
3. Le guerre
4. Gli anni dell'università
5. Gli amori di gioventù
6. L'inconsolabile
7. L'estate
8. Il dramma della gelosia
9. L'amore al tempo del kerosene
10. Secoli
11. La stagione buona

Non Voglio Che Clara

Dei Cani

Il terzo album studio dei Non voglio che Clara, intitolato Dei cani, è un lavoro sentito e atmosfericamente carico di sentimento, un piacevole campionario di canzoni malinconiche, adagiate su di un pop maturo, dalla forte vena cantautoriale nella composizione e che privilegia la solarità sonora e l'apertura melodica all'intimismo - pur non rinunciando a momenti di forte malinconia e delicatezza, come se il gruppo si riunisse con sè stesso.
Ricordando anche come approccio in certi momenti i Baustelle e in altri Francesco de Gregori, i bellunesi pongono forte enfasi sul ruolo del pianoforte e sui dolori sentimentali nei testi di De Min, abbinandoli a stratificazioni chitarristiche che enfatizzano la carica emozionale dei brani e ad un approccio "terra-terra" che descrive momenti di vita vissuta cercando sempre di rimanere allacciati alla realtà.

Svetta soprattutto l'iniziale La mareggiata del '66, con un chorus suggestivo ed emozionale, dai tratti quasi onirici, adagiato in un mare di distensioni dolci e leggermente malinconiche.
Questi tratti sono portati avanti nella successiva Il tuo carattere e il mio, con toccanti riverberi eterei accompagnati da bassi pulsanti (e battito sintetico) che rievocano la cristallinità di certo dream pop.
Le guerre, scritta in collaborazione con i port royal, è più intensa, con lievi muri distorti di chitarre alternati a parentesi atmosferiche sognanti dove si mischiano la chitarra acustica e timidissimi giri di note.
Gli anni dell'università invece procede su binari più tenui e struggenti, con un unico pianoforte in primo piano fino a quando non si inseriscono inserti acustici, batteria quasi downtempo ed un crescendo emotivo finale, forse però un pochino melenso.
Dopo Gli anni di gioventù, semplice parentesi acustica prima, abbiamo un po' un calo del disco, con il modesto pop-rock melodico di L'inconsolabile, l'inquieto umore adolescenziale de L'estate, la malinconia minimale e lievemente noir de Il dramma della gelosia. Canzoni formalmente perfette, melodiche e linearmente godibili, anche se un pizzico prevedibili.
L'amore al tempo del kerosene forse eccede nel sentimentalismo, come Gli anni dell'università è un pezzo di pianoforte che si conclude con un climax ma questa volta abbiamo delle distorsioni in lo-fi accompagnate dagli archi, un po' banalotti, ma è anche capace di forte intensità, risultando anche velatamente inquietante.
Suona più convincente Secoli, spensierata e solare, mentre La stagione buona è un pezzo dilatato e soffuso, con tenui interventi della sezione ritmica e finale con stratificazioni di droni elettronici ed archi melodrammatici.

In definitiva un lavoro delicato, evocativo e al tempo stesso espressivo.

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