- Funghus Baldachin (Thomas Helm) - Voce, Tastiere, Chitarra
- F.F. Yuggoth (Markus Stock) - Batteria, Basso, Chitarra
1. The Albatross (11:00)
2. The Grimalkin (10:09)
3. Codex Deserta (20:23)
The Grimalkin
Esattamente un anno dopo il disco di debutto “The Water Sprite” (alla cui recensione vi rimando per un’introduzione alla proposta del gruppo), i Noekk tornano sulle scene con un disco nuovo di zecca, “The Grimalkin”, nuovamente pubblicato dall’etichetta tedesca Prophecy, che nacque per pubblicare “A Wintersunset”, il debut-album degli allora sconosciuti Empyrium, e che adesso continua a supportare gli ex-membri di quella band in questa nuova esperienza musicale.
Lo dico subito: F.F. Yuggoth (Markus Stock) e Funghus Baldachin (Thomas Helm), i due loschi figuri che si celano dietro questo progetto, hanno tirato fuori un altro coniglio dal loro cappello, ma non è così facile rendersene conto. Infatti, nonostante conoscessi già la band, ci ho messo parecchio tempo a “capire” il disco, a grattarne la difficile superficie e iniziare ad intravedere la bellezza che si nasconde nei meandri di “The Grimalkin”.
E l’approccio penso sia complesso per qualsiasi ascoltatore, poiché il disco consta solamente di tre tracce, ma la sua durata è di oltre quaranta minuti: certo non è un biglietto da visita gradito a chi nella musica cerca l’immediatezza e melodie facili.
Andiamo alla musica - l’(Hard) Prog Rock dei nostri incamera stavolta sempre più sfaccettature epiche, che ben vengono esplorate nelle lunghissime composizioni (i brani sono rispettivamente di undici, dieci e venti minuti) e che si incastrano più o meno bene con le influenze folk, ambient e doom-rock della band. Parti arpeggiate e stacchi maestosi, riffing rock e momenti di solo pianoforte, voci sussurrate e interpretazioni ricche d’enfasi: tutto questo (e anche di più) è “The Grimalkin”, un disco che mostra la definitiva maturazione del duo in questo genere musicale.
Novità rispetto al precedente? Quasi nulle, ma ci sono: ne sono un esempio alcune melodie orientaleggianti che fanno capolino più volte nel corso del disco, specialmente nella prima traccia “The Albatross” e nella terza “Codex Deserta” – so che sembra strano, ma l’inizio di quest’ultima traccia mi ha ricordato i death-metallers Nile (chiaramente nei loro momenti atmosferici, non in quelli brutali...), in particolare la strumentale di chitarra “Ruins”: dico questo per far capire la grande duttilità della proposta del gruppo, a suo agio in terreni anche molto diversi tra loro.
Passiamo alle note negative: com’era facile attendersi, le composizioni non sempre rimangono organiche e compatte, ma talvolta si “perdono” un poco, lasciando calare l’attenzione dell’ascoltatore; è un difetto non da poco, ma per fortuna limitato a qualche sezione meno indovinata.
Come ho già detto, inoltre, il disco necessita di molti ascolti per essere apprezzato appieno, quindi se intendete dargli un ascolto passeggero tanto per “sapere com’è”, lasciate perdere fin d’ora: dovrete immergervici completamente, e non scoraggiarvi se ai primi ascolti vi risulterà ostico: “The Grimalkin” vi ripagherà con gli interessi una volta “digerito”.
Esattamente come “The Water Sprite”, anche questo disco è introdotto da una parte di clavicembalo, preludio all’ottima “The Albatross”, pezzo interessantissimo che rappresenta alla perfezione tutte le caratteristiche del suono Noekk, con momenti inquietanti alternati a ad altri di spiazzante calma (un contrasto particolarmente efficace, specie a cavallo del quinto minuto).
Segue la title-track “The Grimalkin”, in cui l’introduzione di pianoforte è interrotta da uno stacco di chitarra ai limiti del Metal, per un brano in continua evoluzione, con il proprio punto di forza nel ‘refrain’, di una poesia e maestosità davvero stupefacenti, e nel piacevole assolo di synth al sesto minuto.
Il lunghissimo brano finale, “Codex Deserta”, è un monolite epico recitato dalla sempre affascinante (e teatrale) voce di Helm; un brano che, come facevo notare, presenta notevoli influenze arabeggianti e mediorientali nei suoni dei sintetizzatori, mentre classiche ed imponenti tastiere à la Empyrium costituiscono il sottofondo su cui la batteria cadenzata detta il ritmo alle chitarre: qui e là i fisiologici cali di tensione cui avevo accennato si presentano, ma in generale non inficiano l’ottima resa del brano.
Disco consigliato a chi è interessato a questo genere (unico) proposto dai Noekk, ma per un approccio morbido alla band siete caldamente invitati a partire dal più accessibile debut “The Water Sprite”, e fare vostro questo “The Grimalkin” solo successivamente.