- Davide Combusti - voce, chitarra, batteria, tastiera, tutte le musiche
1. No Innocence
2. In My Memory
3. The Wrestler
4. London Theatre
5. Stop It
6. Johnny
7. Best Wishes
8. When Your Father
9. Circle
10. He's a Prey
11. Post Atomic Dawn
Best Wishes
L'omonimo esordio del 2008 fece si - e con una semplicità abbastanza evidente - che The Niro, in arte Davide Combusti, divenisse in poco tempo una figura mediante cui rivalutare e far risalire in superficie il sottoglobo artistico della penisola a stivale.
Tra chi gridò al capolavoro e chi pensò seriamente di avere di fronte il nuovo totem del cantautorato italiano, The Niro - al di là di qualsiasi considerazione di matrice economica e di successo commerciale - finì sul serio per diventare il lavoro più brillante di quella nuova generazione di cantautori nostrani che è tuttora in enorme fermento. Un album affascinante, diverso dai prodotti degli pseudo-colleghi di Combusti ed estremamente solido nella sua posizione stilistico-concettuale: il contratto firmato con la Universal e la produzione di svariati videoclip testimoniano lo status - per così dire - privilegiato di The Niro, personaggio proveniente dallo stesso sottobosco dei vari Dente, Mannarino e Vasco Brondi ma che senz'ombra di dubbio gode di un appoggio discografico e di una stima artistica superiore agli artisti appena citati.
Insomma, dopo il discreto successo dell'esordio, il nuovo album Best Wishes colma il vuoto produttivo di due anni di Combusti (in ogni caso impegnatissimo in molte esibizioni live in giro per la penisola e non solo) e finalmente dà una risposta alle aspettative e agli interrogativi degli ascoltatori che ebbero la fortuna e il buon gusto di avvicinarsi a The Niro.
Senza tirarla troppo per le lunghe, il nuovo full-lenght di Combusti non cambia di una virgola rispetto a quanto fatto vedere nel precedente disco, se non fosse per un gusto negli arrangiamenti e una pulizia sonora ancora maggiore; per il resto - voce vibrante, testi in inglese, sinuosi fraseggi chitarristici - Best Wishes ricalca, anche con una certa ripetitività - le orme ancora fresche lasciate da The Niro, quasi ponendosi più come suo remake che come sua progressiva evoluzione stilistica.
E' per questo che chi apprezzò l'esordio del 2008 probabilmente non incontrerà ostacoli nel farsi piacere anche il secondo lavoro di Combusti, a meno che gli ascoltatori in questione non soffrano - più che mai giustamente - di sindrome anticlone. Perchè se la costante precisione negli arrangiamenti, il raffinato tocco esecutivo e le atmosfere un pò retrò-italiane un pò english sono elementi ben resi e stratificati, dall'altra limitano il progetto di Combusti ad un inevitabile stallo: insomma, un'impostazione creativa tanto solida da non riuscire ad evolversi e staccarsi dalle sue coordinate di base. Combusti, a dir la verità, un cambiamento non lo cerca e di conseguenza non lo forza, proprio perchè cosciente della fortuna e del successo che la sua formula di songwriting ha riscontrato col tempo.
Il linguaggio compositivo indubbiamente ricco di fascino, sfumature ed emotività di The Niro continua così a sfornare, seppur all'interno del medesimo gioco musicale, toccanti miniature cantautorali in cui Combusti spazia in libertà tra soffici distensioni acustiche (Stop It, il folk accelerato di When Your Father), influenze simil-prog e continui spostamenti verso lidi indie e alt-rock (il finale dell'omonima Best Wishes, di No Innocence e In My Memory); il tutto, come già accennato, amalgamato da un gusto negli arrangiamenti ancora più meticoloso e da un tocco raffinato che, nella sua ricercatezza formale, quasi sfocia nel barocco, pur conservando con grazia la sua semplicità espressiva di fondo.
Un abito elegante ed esteriormente impeccabile che però finisce spesso per diventare ridondante oltre che estremamente ripetitivo, in special modo per quanto riguarda le costruzioni dei fraseggi chitarristici acustici, molto simili tra loro e non sempre efficaci e toccanti. Al di là della splendida Johnny (che a livello qualitativo quasi sfiora la bellezza delle struggenti Liar e So Different del precedente album), Best Wishes non colpisce mai veramente nel profondo, limitandosi al solito e riconoscibilissimo (ma, in fin dei conti, piacevole) collage di arpeggi fluttuanti, crescendo ritmici e di una teatralità (fattispecie vocale) ancora più accentuata rispetto a quella dell'esordio.
Insomma, a livello di maturità compositiva Combusti non si smentisce affatto, peccando solo ed esclusivamente nel ricalcare con mano troppo sicura l'impostazione melodico-strumentale e le atmosfere del precedente full-lenght, senza apportare quelle modifiche e quei cambiamenti (in ogni caso leggerissimi) che avrebbero garantito alla sua nuova creazione una varietà indubbiamente maggiore oltre che, in fin dei conti, necessaria per non legarsi visceralmente ai soliti canoni lirici e compositivi.