- Matthew Pryor - voce, chitarra
- Dustin Kinsey - chitarra, voce
- Eric McCann - basso
- Bill Belzer - batteria, percussioni
1. Revenge
2. Wait
3. Fountain of Youth
4. This Day Is Done
5. Without a Sound (Eleanor)
6. Silverlake
7. Lost Long Shot
8. Hughes
9. Beacon in Beige
10. Story Like a Scar
11. Fortunate Fool
12. Lay on the Rails
13. Drunk or Dead
14. Blood on the Floor
At The Foot Of My Rival
Un anno e mezzo dopo Story Like a Scar, i The New Amsterdams di Matt Pryor tornano a far vibrare le corde delle chitarre. At The Foot Of My Rival è il titolo di questo nuovo lavoro firmato dal leader dei gloriosi The Get Up Kids. Un disco che non si staglierà in maniera netta e definitiva nel panorama dell'Indie internazionale. Ma che, va detto, riuscirà a tenerci compagnia per un bel po'. Almeno fino a quando le foglie ormai rinsecchite continueranno a staccarsi dagli alberi in un autunno fatto di pioggia alternata a timido sole, con i primi freddi e le nebbie mattutine a farci rimpiangere un briciolo dell'estate passata che sembra già lontanissima.
Non suonano più con Vagrant, i ragazzi di Lawrence. La loro è divenuta una sorta di autoproduzione, perché l'etichetta Elmar è gestita direttamente dalla band, con la collaborazione di Curb Appeal (seguita, tra l'altro, da un altro ex The Get Up Kids, Jim Suptic). Il cambio di label ha comportato un cambiamento che, su due piedi è difficile riscontrare. Lo si percepisce col passare dei minuti di At The Foot Of My Rival, che parte quasi sottovoce, con una Revenge dal suono sporco e la voce di Pryor appena abbozzata. Wait è il vero incipit del disco, che si snoda lungo 14 tracce che raramente toccano i tre minuti. I The New Amsterdams suonano senza troppi fronzoli; arrivano al punto con liriche dirette ed arpeggi di chitarra elettrica misti ad una sezione ritmica soffusa e mai in prima linea. Senza scordare l'innesto di altri accorgimenti quali il pianoforte, gli archi o i fiati che qua e là vanno ad impreziosire il quadro.
In At The Foot Of My Rival il punto di cambiamento rispetto al passato è dato proprio dalla maggiore cura negli arrangiamenti, che ora appaiono densi e corposi, rispetto alla predilezione per l'acustico schietto e senza ridondanze di episodi quali ad esempio il celeberrimo Never You Mind.
I nuovi The New Amsterdams, insomma, suonano nella semplicità più completa, facendo risaltare le atmosfere disincantate e vagamente emozionali che ne hanno contraddistinto il cammino fino a questo punto della carriera.
Esempio calzante è la bellissima Story Like a Scar, curiosità, porta lo stesso titolo dell'album precendente a At The Foot Of My Rival. Anello di congiunzione? Può darsi; quel che è certo è che la band di Lawrence ha trovato la formula giusta per creare un lavoro non trascendentale ma non per questo da buttare.
Anzi, altri punti a favore dei The New Amsterdams in questo nuovo capitolo discografico sono This Day Is Done, l'incalzante Silverlake, per chiudere con la superba Drunk or Dead, che fa tramontare il sole tiepido di At The Foot Of My Rival.
Un tramonto autunnale per un disco dai colori tenui, meno caldi e luminosi di quelli estivi. Un lavoro che è come una giornata d'ottobre con la nebbia che, al calar della sera, avvolge ciò che incontra sul proprio percorso.
Un disco alla The New Amsterdams. Un disco che non verrà ricordato alla stregua di qualche capolavoro precedente. Ma che, ad onor del vero, appare ancor più piacevole e sorprendente perché mette in luce un lato più sincero e puro nella band.