Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Relapse Records/Self
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Scott Kelly - chitarra, voce
- Steve von Till - chitarra, voce
- Dave Edwardson - basso, sintetizzatore, voce
- Noah Landis - organo, pianoforte
- Jason Roeder - batteria
- Josh Graham - sussidi visivi

Tracklist: 


1. Burn (07:07)
2. No River To Take Me Home (08:43)
3. The Eye Of Every Storm (11:57)
4. Left To Wander (08:11)
5. Shelter (05:18)
6. A Season In The Sky (09:50)
7. Bridges (11:36)
8. I Can See You (06:10)

Neurosis

The Eye of Every Storm

Il 2004 segna una piccola svolta nella carriera dei Neurosis: The Eye Of Every Storm, ottavo album di studio, è l’efficace risposta a ciò che la band capeggiata da Steve Von Till aveva prodotto in passato, un’opera dotata di un’atmosfera calibrata e capace di trascinare nei suoi coinvolgenti meandri Post Metal. La formazione californiana tiene stretta la matrice Hardcore che emerge solo nei punti più marci e decadenti di The Eye Of Every Storm, ma l’approccio verso le composizioni muta radicalmente. Sludge e reminescenze Punk ed Industrial si fondono abilmente, delineando uno stile soffocante che segue da vicino le evoluzioni dei conterranei Isis.

Burn apre il disco con il suo alone disteso e quasi dimenticato, su cui si staglia malinconico ed acido il clean vocal; le chitarre si intrecciano in parti ricche di effetti o in altre dal sapore silenzioso, mentre in sottofondo prevalgono campionature di tuoni roboanti ed inattesi.
No River To Take Me Home è densa nel suo mood Sludge, lento ed ossessionante, ma provvisto di un fascino irresistibile: ciò che manca ai rinnovati Neurosis è l’incisività propria di altri full-lenght, che in The Eye Of Every Storm lascia spazio ad architetture più sommesse o più massicce.
La mastodontica title-track di quasi dodici minuti rivisita ciò che gli Isis avevano realizzato con Oceanic, accostando cori avvolgenti ad un andamento tipicamente Post-Rock, contraddistinto da uno spiccato sperimentalismo. Left To Wander è un episodio valido, che fa dell’elettronica e degli effetti il suo punto di forza e che mantiene inalterato il feeling rarefatto ed opprimente tipico dello Sludge. In un crescendo tranquillo e raffinato si struttura poi Shelter, la traccia più breve del full-lenght, intrisa di Post-Rock ed alquanto efficace nella chiusura finale.
The Eye Of Every Storm pecca però in staticità, poiché brani colossali come A Season in the Sky faticano ad uscire dal loro guscio e a prendere forma in modo convincente; un episodio a parte è costituito infatti dallo sperimentale Bridges, che nonostante sia articolato in undici minuti, riesce a garantire una padronanza compositiva fuori dal comune, passando attraverso piani diversi di volume fino alla tanto attesa esplosione conclusiva. I Can See You mostra in primo piano la chitarra acustica, che conferisce un carattere mesto alla composizione, supportata dalle voci oscure e quasi trascurate, leggermente sottotono per tutta la lunghezza del lavoro.

The Every Of Every Storm appartiene ad un filone musicale futuristico e avanguardistico, che si discosta dalla tradizione degli album precedenti senza rompere completamente i legami. Il vortice della tempesta trasporta l’ascoltatore all’interno della musica dei Neurosis, che si traduce in un’esperienza apocalittica. Numerose le connessioni con i progetti solisti di Steve Von Till che si distingue anche nell’ottavo album di studio per la sua versatilità nel comporre le sezioni di chitarra.
All’interno del genere i Neurosis conservano ancora il loro primato per l’originalità e la personalità che dimostrano in ciascun prodotto: forse per questo The Eye Of Every Storm si potevano migliorare certe strutture, rendendole più dinamiche, ma il risultato finale è allo stesso modo soddisfacente e sorprendente.

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